IL RE DEI GIARDINI DI MARVIN (1972)
22 Settembre 2023
Francesco De Maria
Torno, con questo nuovo articolo al cinema di Bob Rafelson (1933-2022) di cui ho già trattato in precedenza, qui il link: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/cinque-pezzi-facili-1970 un regista simbolo della New Hollywood, il quale realizzò film comunque appartati, anche rispetto a quella temperie così ribollente e vitale.
Certo, ogni regista della New Hollywood costituisce un caso a sè, ma Rafelson è, a mio avviso, uno dei casi più singolari, ed il suo cinema è davvero altamente personale ed irregolare.
Si potrebbe, abbastanza facilmente, ravvedere nei suoi film (almeno in questi dei primi anni Settanta) una radice in certo Cinema Europeo dal taglio più "esistenziale" (ed il primo nome che mi viene a mente è quello di Michelangelo Antonioni), proprio per la tematica (diventata topos, luogo comune, e talora anche una sorta di feticcio critico) dell'incomunicabilità.
C'è molta incomunicabilità nel cinema di Rafelson dei primi anni Settanta, ma sono presenti anche i temi dello scacco esistenziale, della deriva, della solitudine. Ecco, questo è un tratto tipico di molta New Hollywood (altro tratto tipico potrebbe essere considerato l'erranza dei personaggi), solo che Rafelson rifiltra in modo del tutto peculiare tali orientamenti, ridefinendoli attraverso un'ottica più legata all'incomunicabilità ed alle esperienze formali e stilistiche europee.
Lo sfondo del film è Atlantic City (simbolo di una certa decadenza americana), dove le vicende di due fratelli (interpretati da Jack Nicholson e Bruce Dern), si intrecciano: il secondo convincerà il primo (speaker radiofonico) a partecipare ad un losco affare edilizio. Gli esiti saranno negativi.
Conta molto lo scenario: Atlantic City, che si fa anche SPAZIO PSICHICO E MEMORIALE; PSICHICO DI UNA DECADENZA, DI UNA DERIVA, DI UNA CRISI, DI TUTTI I PERSONAGGI, E MEMORIALE, PERCHE' SEMBRA SIMBOLEGGIARE LA NOSTALGIA DI UN PASSATO "GLORIOSO" A FRONTE DI UN PRESENTE SQUALLIDO, REIETTO E DESOLATO.
Quindi io credo che la stessa ambientazione, ed anche la stessa dimensione scenografica in questo film a maggior ragione fungano quasi da personaggi, e comunque sono atte a sprigionare un senso esistenziale di disagio e di declino.
E poi, come spesso accade, soprattutto nel cinema della New Hollywood (ma riguardo al Cinema Americano, esempi ne abbiamo già prima) siamo di fronte alla rappresentazione della morte del Sogno Americano.
In questo caso il Sogno più che diventare Incubo Americano (come avveniva in un film precedente, sempre New Hollywood, da me immensamente amato come "Midnight Cowboy", del 1969), e linko l'articolo anche a questo: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2017/06/02/midnight-cowboy-1969 è diventato, metaforicamente un cumulo di macerie, si è disgregato.
"Il Re dei Giardini di Marvin" è attraversato anche da fremiti surreali ed onirici, come a voler rivelare, o comunque suggerire la dimensione interiore più nascosta del protagonista.
Ecco: questo film, secondo me, rafforza l'attitudine introspettiva di molto cinema Neo-Hollywoodiano, delineandone con maggior nettezza i contorni.
Ed è un film, ovviamente, sui sogni infranti, ma io direi ancor prima che sui sogni infranti (come è stato giustamente evidenziato da più parti) un film sulla sconfitta, sul fallimento, e come ho scritto sopra sullo scacco esistenziale. I personaggi del film vanno alla deriva.
La stessa struttura narrativa è piuttosto complessa, e talvolta, ai limiti della dissoluzione; lambendo i territori del Puro Visibile (come intendo io le scene oniriche e surreali), e questo è, per quanto mi riguarda, un aspetto fondamentale del film.
Gli stessi cosiddetti "tempi morti" del film in verità costituiscono fenditure in cui penetra la rappresentazione introspettiva, interioristica, e sono atti a spezzare la linearità narrativa, o meglio, più che la linearità narrativa, il ritmo narrativo del film, rendendolo volutamente frammentato, mosso, complesso.
Anche in questo caso, come nel film del 1970, l'incomunicabilità è un tema incombente, la si potrebbe definire come la sostanza stessa della realtà e delle relazioni inter-personali.
Altro termine che è stato usato per il film (e più in generale per i film di Rafelson) è alienazione: una definizione usata molto spesso per descrivere il cinema di Antonioni, non a caso.
I personaggi del film sono alienati, proprio nel senso di risultare scollegati dalla realtà, i loro "sogni" (fragili ed evanescenti) non corrispondono alle situazioni reali, vivono come "sdoppiati".
Tutto questo rende, a mio avviso, "Il Re dei Giardini di Marvin" non solo un film importante all'interno della New Hollywood, ma un film importante, bello ed imprenscindibile in assoluto.
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