IL LUNGO ADDIO (1973)
21 Febbraio 2022
Ritorno al cinema di Robert Altman (1925-2006) dopo il mio articolo, su questo Blog, su altri suoi due film dei primi anni Settanta, qui i link: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2016/08/22/brewster-mccloud-1970 e https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2017/03/22/images-1972 . Stavolta tratterò di un altro suo film, forse davvero uno dei film più emblematici dell'intera filmografia altmaniana, e non solo: anche di quello stesso orientamento creativo denominato New Hollywood, vale a dire di "Il Lungo Addio", uscito il 7 Marzo 1973.
Il film è ispirato al romanzo omonimo di Raymond Chandler, del 1953, quindi un film sull'investigatore privato Philip Marlowe (in questo caso interpretato da Elliott Gould).
Soltanto che "Il Lungo Addio" è un film anomalo all'interno del corpus filmografico ispirato ai romanzi di Chandler ed alla figura di Philip Marlowe, poichè traspone l'intera vicenda dagli anni Quaranta ai primi anni Settanta.
Il film risulta davvero essere uno scavo psicologico e morale della figura di Marlowe: un perdente solitario, uomo disincantato ma puro, retto, onesto, pulito il quale tragicamente si scontra con una società che ha perso del tutto le coordinate etiche, morali, ideali. Lo stesso Marlowe si trova incastrato in un gioco, forse, più grande di lui.
PHILIP MARLOWE DIVENTA COSI', IN UN MODO DIRETTO ED IMMEDIATO FIGURA CINEMATOGRAFICA DELLA NEW HOLLYWOOD. Questa la caratteristica specifica de "Il Lungo Addio", rispetto a film, pure notevoli come quello di Dick Richards (1936), del 1975, ad esempio, "Farewell my Lovely" dove conta molto la ricostruzione d'epoca ed il film risulta essere una riflessione Neo-Hollywoodiana sul Cinema Classico, sui suoi meccanismi, etc.
Nel film di Altman, come ho accennato sopra il processo è differente, riprende la figura letteraria (e cinematografica) di Philip Marlowe, la traspone in un'altra epoca, connotandolo da un punto di vista psicologico, esistenziale, filosofico, allineandolo così a tutta una tradizione Neo-Hollywoodiana del "loser" (così attuale nel cinema americano di fine anni Sessanta- inizio anni Settanta) ed attraverso tale FIGURA PRISMATICA, proprio perchè la figura del detective, in questo film, si fa prisma di tutto un discorso critico (e satirico, per come è innervato di una sorta di humor amaro) della società americana, cinica e nichilista.
Quindi, di conseguenza anche un film sulla solitudine, e soprattutto sulla solitudine esistenziale di Marlowe. Personalmente mi hanno sempre colpito, durante la visione del film, proprio quelle inquadrature che tendono ad isolare la figura del detective nello spazio, come a renderla figura sola, ma anche solitaria, eccedente rispetto ad un deviato comportamento umano e sociale.
Come è stato evidenziato da più parti la stessa realtà californiana viene raffigurata in una luce dimessa, scialba, squallida, quasi come a voler far perdere tutto quel fascino che soprattutto nella civiltà americana ha sempre riscosso.
La stessa ironia di Marlowe ( e nell'impersonare personaggi di questo tipo Elliott Gould è sempre stato bravissimo, e molto efficace) è lì a testimoniare la sua eccedenza, come dicevo prima, il suo essere uno scarto rispetto alla regola.
Si può sicuramente parlare per "Il Lungo Addio" di Neo-Noir, anzi, secondo molti è il film della New Hollywood che inaugura il Neo-Noir (la fase intermedia, quella che parte da fine anni Cinquanta- inizio anni Sessanta si chiama Post-Noir).
Il carattere "difficile" del film è indubbio, dal momento che si tratta di un film dal ritmo lento, "decentrato", e dalla programmatica mancanza di azione.
Contano il personaggio, la resa dell'atmosfera, le inquadrature, le scenografie con le sue piscine, le sue superfici riflettenti, come a voler suggerire una sorta di sdoppiamento, di ambivalenza, di falsa coscienza.
Ed è vero che in questo film è davvero un anti-eroe, ma in un senso diverso dal solito: Philip Marlowe si trova autenticamente GETTATO IN UNA REALTA' OSTILE, OPACA, IMPENETRABILE, e lui non riesce a gestire la situazione, si trova molto spesso ad essere una vittima delle circostanze. In tal modo Altman problematizza la stessa figura mitologica del detective.
Vi è quindi, nel film, tutta una destrutturazione del personaggio (in linea con molto altro cinema altmaniano), personaggio che però, proprio nella sua incapacità di controllo fa risaltare le caratteristiche idealiste e positive, ed al contempo una critica nemmeno velata a tutti i mali sociali.
E proprio queste caratteristiche rendono "Il Lungo Addio", un film di alta tenuta formale, stilistica e contenutistica, un film bello e importante.
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