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LA SPIAGGIA (1954)

10 Febbraio 2023


Francesco De Maria



Considero "La Spiaggia", uscito il 25 Febbraio 1954, uno dei migliori film di Alberto Lattuada (1914-2005), autore di spicco del cinema Calligrafista, prima (il suo esordio infatti avviene nel 1943), in seguito del Cinema che potrei definire para- Neorealista, per giungere poi nel corso degli anni Cinquanta ed oltre a film che sono disamine di un certo costume, raffigurazione di ambienti di provincia, o film sull'adolescenza femminile, come periodo di transizione, di passaggio, di crescita e di scoperta.

"La Spiaggia" è un film amaro, pessimista, e dalla forte valenza critica ed anti-borghese: ci narra la storia di una giovane donna che, con la figlioletta va a trascorrere un periodo di vacanza estivo sulla costiera ligure di Ponente. All'inizio è bene accolta dalla gente del posto, ma quando scoprono la sua attività di prostituta viene ben presto criticata, giudicata, emarginata, fino a che un miliardario del posto (invidiato da tutti) le offre la sua "disinteressata" solidarietà chiedendole di sposarlo. La donna accetta, assimilandosi così ad un'idea perbenista di rispettabilità, arrivando ad indossare una sorta di "maschera" sociale.

La protagonista, dunque (interpretata dall'attrice francese Martine Carol) si ritrova isolata, scontrandosi con un ambiente chiuso, arido, emotivamente e culturalmente "desertificato", solo che il sindaco del paese (lui è Raf Vallone) le mostrerà una certa comprensione e solidarietà.

"La Spiaggia" fu anche uno dei primi film italiani girati a colori (Ferraniacolor). In alcune interviste lo stesso Lattuada ha ribadito il carattere critico del film: la prostituta, disprezzata dalla gente "perbene" è in realtà la persona più pulita, e la gente "perbene" spesso nasconde vizi ed una grande ipocrisia.

Definendo il film come facente parte di una "battaglia contro l'ipocrisia", e c'è da dire che la stessa protagonista per buona parte del film combatte contro l'ipocrisia: ANCHE, TALVOLTA, CON LA SUA SOLA PRESENZA FISICA PORTATRICE DI UN'ALTERITA' ANTROPOLOGICA, UMANA, DI AMBIENTE.

Tale personaggio viene prima emarginato, espulso da quella che si auto-considera una comunità di gente "perbene", alla fine FAGOCITATA, CONFORMATA, ASSIMILATA, ATTRAVERSO IL POTERE VIOLENTO DEL DENARO (LA FIGURA REPRESSIVA DEL MILARDARIO).

Un personaggio, quello del miliardario, arido e cinico, che afferma, ad un certo punto del film che i bambini "devono abituarsi alle ingiustizie". E con questo tipo di uomo, alla fine del film, la protagonista va a sposarsi.

Io credo che il pessimismo del film, la sua cupezza non consiste tanto nella disamina impietosa di un certo ambiente umano e sociale, così misero ed arido, quanto piuttosto nel finale: la protagonista decide, infine, di INDOSSARE UNA MASCHERA SOCIALE, RIENTRANDO NEL RUOLO DI MOGLIE, MA NON SOLO, DI MOGLIE DI UN UOMO ALTAMENTE RISPETTATO PERCHE' ESTREAMAMENTE RICCO.

Il denaro come agente violentemente omologante. Considero "La Spiaggia" come un film facente parte di un ideale gruppo di film che si potrebbero definire "balneari", come ho tentato già di spiegare in questo mio articolo, con un rimando proprio a quest'opera di Lattuada: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2018/09/21/lombrellone-1965.

La spiaggia come lente di ingrandimento, come concentrato di un'umanità sociale, come spazio rivelatore di abitudini, costumi, vizi.

Si tratta di tutta una linea cinematografica italiana, solo ideale, perchè non vi è niente di programmatico o di consapevole, che si apre con "Domenica d'Agosto", del 1950, per arrivare a "La Spiaggia", appunto, proseguire con "L'Ombrellone", nel 1965 e finire con "Casotto, nel 1977.

Film molto diversi l'uno dall'altro, ovviamente, ma poggianti sul denominatore comune della disamina antropologica e sociale attraverso il filtro della spiaggia.

E in questo film di Lattuada non assistiamo solo ad un rovesciamento di falsi valori, come è stato giustamente evidenziato a più riprese, ma anche ad una riflessione sul mascheramento sociale, sulla menzogna, sull'apparire.

Poco, o niente, è come sembra ne "La Spiaggia", e questo assunto non fa altro che radicalizzare la critica del regista ad un'intera società ad un intero funzionamento sociale, il quale si regge appunto sulla menzogna, e sul potere violento ed autocratico del denaro.

E la stessa linearità narrativa si spezza, si problematizza nel film, andandosi a disperdere in rivoli icastici ed iconici, rappresentativi di un ambiente umano e sociale ingiusto ed ipocrita.

Ed io credo che queste caratteristiche rendono "La Spiaggia" non solo uno dei film più belli di Lattuada, ma anche un 'opera notevolissima all'interno del panorama del Cinema Italiano, non solo di metà anni Cinquanta.






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