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HANA BI (1997)

1 Agosto 2022


Francesco De Maria



Ritorno al cinema di Takeshi Kitano (1947) dopo un mio vecchio articolo sul suo film di esordio, qui il link: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2017/05/01/violent-cop-1989. In questo caso si tratta, invece, di "Hana Bi", presentato in anteprima al Festival di Venezia il 3 Settembre 1997.

"Hana Bi" risulta essere forse il film più emblematico ed il risultato di punta dell'intero corpus filmografico del regista ed attore nipponico.

Kitano ravviva la già fiorente tradizione dello "Yakuza Eiga" vale a dire dei film sulla Yakuza, la mafia giapponese, come in questo caso anche se qui egli, nella parte da protagonista, interpreta il ruolo di un ex poliziotto, dai modi violenti, il quale per pagare le cure mediche alla moglie, gravemente malata, finisce nel tunnel di ricatti e di minacce della Yakuza, accumulando debiti con i malviventi.

Sotto consiglio di un medico trascorrerà gli ultimi momenti di vita della moglie al suo fianco, scappando da Tokyo, in cerca di un rifugio tranquillo (anche perchè egli è ricercato sia dalla Yakuza, per i debiti, che dagli ex colleghi, a seguito di una rapina, travestito da poliziotto, ai danni di una banca, proprio per risarcire i debiti). In un atto di disperato amore, egli si ucciderà, uccidendo anche la moglie, malata terminale, su una spiaggia solitaria, nell'ultima bellissima scena.

Non si tratta dell'impazzimento di un uomo, ma di un paradossale, disperato atto d'amore per la moglie e di disperazione (non c'è via di scampo per lui, e la moglie non può sopravvivere alla malattia).

Parallelamente seguiamo anche la vicenda dell'ex collega di Nishi (questo il nome del protagonista) rimasto paralizzato dopo una sparatoria con alcuni malviventi che trova rifugio e presa di consapevolezza nella pittura: una pittura di tipo surreale e puntinista.

L'arte come auto-terapia, come autentica scoperta di Sè, arte che nasce dalla sofferenza. La sofferenza in Nishi lo porterà invece ad auto-distruggersi ed a "salvare" paradossalmente la moglie, uccidendo anche lei, sottraendola alle grinfie di una malattia incurabile.

"Hana Bi" è un FILM CHE VIVE DI CONTRASTI, CHE SI SVILUPPA SUL CONTRASTO: SOPRATTUTTO SU QUELLO FRA VIOLENZA (ANCHE SE TRATTASI DI UNA VIOLENZA STILIZZATA, COME SPESSO ACCADE IN KITANO, QUASI ESTETICAMENTE "BELLA", PER COSI' DIRE) ED INTISMO ROMANTICO, "CREPUSCOLARE" (NISHI E LA MOGLIE) O SCENE INTROSPETTIVE (L'AMICO CHE SCOPRE LA PITTURA).

Anche il montaggio è atto a rimarcare tale contrasto, giustapponendo talvolta sequenza dal tenore così diverso e contrastante. Takeshi Kitano ci ha abituato a questo, ed è un tratto tipico di molti suoi film ,anche se in "Hana Bi" sembra davvero ergerlo a principio poetico ed autoriale, a farne l'anima riposta del film.

Ed il film vive anche di immagini stupende, delicate, nel loro intimismo: come quelle che inquadrano spiagge deserte, desolate, un guizzare dei pesci, una natura dai colori stupendi.

I contrasti che si uniscono, appunto, così come si uniscono Vita e Morte.

Queste sono le caratteristiche che vanno a sostanziare il cinema di Takeshi Kitano, un cinema, che non dimentichiamolo è un cinema anche lento, contemplativo, un cinema che vive di ricerca continua dell'Immagine, di composizione dell'inquadratura, un cinema raffinato e rigoroso.

Ed "Hana Bi" è un film rigoroso, sicuramente poco "concessivo", per così dire. Un film anomalo, molto particolare, sotto tutti i punti di vista.

In seguito Takeshi Kitano proseguirà in buona parte su questo tracciato, ma, ripeto a mio avviso "Hana Bi" rimane il suo film più emblematico, quello dove il regista ed attore riesce a mettere a punto con maggiore compiutezza tutte le sue coordinate poetiche, visive, formali e stilistiche.

Davvero niente muore e tutto si rinnova in "Hana Bi", ed infatti, una volta ogni tanto il titolo in italiano è penetrante e significativo: "Hana Bi-Fiori di Fuoco". Giustapposizione paradossale di bellezza delicata e violenza, dagli spari, dalla morte, dal sangue, dalla violenza, nascono i fiori, rinasce la Vita.

Un film anche sulla continua ricerca di sè: lo stesso Nishi, nella sua auto-distruzione, (teniamo presente che tale evento viene espunto dal campo visivo) ha paradossalmente trovato se stesso, nelle cure amorevoli fornite alla moglie, egli così violento e spietato.

Ed in tutto questo risiede la poesia di "Hana Bi".

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