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GERRY (2002)

12 Maggio 2021


Francesco De Maria

In questo articolo andrò a trattare nuovamente del cinema di Gus Van Sant (1952) dopo il mio precedente articolo, qui il link: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2019/02/20/paranoid-park-2007 più nello specifico di un film come "Gerry" presentato in anteprima al Sundance Film Festival il 12 Gennaio 2002.

"Gerry" è il primo capitolo della cosiddetta "Trilogia della Morte", insieme all'impressionante "Elephant" del 2003 e "Last Days", del 2005.

Così definità perchè tutti e tre i film hanno al proprio centro la morte, o meglio: la morte va a costituire un pò il punto forte soprattutto delle scene finali.

Cominciamo con il dire che questo film è davvero molto rappresentativo del cinema di Van Sant vale a dire del suo carattere sperimentale e per nulla facile o compromissorio.

Un film scarno, essenziale, poco parlato: due amici (interpretati da Matt Damon e Casey Affleck) si ritrovano sperduti in una vasta area desertica, la sete, la fame, la stanchezza metteranno a dura prova il loro equilibrio ed anche il loro rapporto.

Come si intuisce siamo alle prese con un film che METTE IN SCENA L'ESPERIENZA DELL'OLTREPASSAMENTO DEL LIMITE, UN'ESPERIENZA ESTREMA CHE RIMESCOLA LE CARTE, METTENDO IN DISCUSSIONE TUTTI I PARAMETRI CONSOLIDATI.

Un film dove viene rappresentata una sorta di fenomenologia del reale, e dove a fare da protagonista è il silenzio o i suoni della natura.

Tempo filmico e tempo reale in qualche modo coincidono, e questo concorre a donare al film un maggiore carattere perturbante, addirittura straniante.

Caratteristica importante del film è che entrambi i personaggi si chiamano Gerry come se uno fosse il rispecchiamento dell'altro, un'altro Sè speculare, una proiezione, come a simboleggiare un possibile e riposto carattere onirico dell'intera vicenda, esperienza al limite, esperienza "sdoppiata".

Quindi, come ho accennato sopra tempo filmico e tempo reale si sovrappongono, l'utilizzo del Piano-Sequenza e della Presa Diretta ri-costruiscono la realta, ricreando una realtà più vera del vero, una realtà che si fa precipitato e risultato finale di tensioni ed angosce.

Gli stessi paesaggi naturali, nella loro solenne bellezza sono la dimensione enigmatica di un viaggio inspiegabile ai limiti dello Spazio e del Tempo.

In più assume una notevole importanza la stessa dimensione materiale e fisica, come a voler sottolineare la fatica dei corpi, l'affanno, lo stesso spostamento senza una meta.

Film su un viaggio dunque, ma un viaggio senza una meta, film sull'amicizia, ma soprattutto film sull'amicizia come sfida, come tacito patto sempre rinnovabile, sempre da rinnovare (proprio considerando l'esperienza limite), e ovviamente film sulla morte, sulla morte come supremo ed estremo limite, sulla morte come supremo mistero.

In questo film ci sono anche richiami al regista ungherese Bela Tarr (uno dei maestri del Piano-Sequenza) il quale è espressamente citato anche nei titoli di coda).

Il carattere sperimentale non risiede solo in queste caratteristiche, nell'utilizzo così parco dei dialoghi, ma proprio nel suo carattere anti-narrativo, in "Gerry" Van Sant davvero non narra, ma piuttosto rappresenta visivamente, raffigura. In questo senso "Gerry" costituisce uno degli esiti più radicali ed ardui del suo cinema.

Questo aspetto concorre ancora di più a donare al film quel suo misterioso fascino di impenetrabilità, di INDICIBILITA', giungendo, progressivamente, come è stato giustamente evidenziato da più parti a lambire la pura astrazione.

Forse anche Van Sant, soprattutto con "Gerry" si era posto l'obiettivo che era stato anche dello Stanley Kubrick di "2001 Odissea nello Spazio", del 1968, vale a dire della costruzione del puro visibile (tant'è vero che lo stesso film di Kubrick presentava dei dialoghi ridotti al minimo).

Van Sant presenta spesso questa tendenza, una sorta di volontà di tornare alle fonti primigenie del Cinema sia al fascino del Cinema Muto (anche se ovviamente non si può parlare per "Gerry" di Cinema Muto) o a certe inclinazioni ai Modi di Rappresentazione del Cinema Primitivo (come in "Elephant" dove la cinepresa che segue i vagabondaggi degli alunni della scuola abolisce del tutto il montaggio).

Ed è proprio in tutti questi aspetti che risiede il fascino, la forza, la grandezza di tutto il cinema di Gus Van Sant e nella fattispecie di un film come "Gerry".



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