PARANOID PARK (2007)
La magnificenza del Cinema Indipendente, ovvero "Paranoid Park" del regista americano Gus Van Sant (1956). Il film fu presentato in anteprima al Festival di Cannes il 21 Maggio 2007, ed è, a mio avviso, uno degli esiti migliori di tutta la carriera filmografica di Van Sant.
Ambientato nel mondo degli skaters (il protagonista è un adolescente appassionato di skateboard, il quale per una sfortunata coincidenza e senza volerlo uccide un guardiano il quale sorvegliava proprio la zona da lui frequentata) è un film che bene analizza, dunque, il senso di colpa, il tormento e le pieghe che prendono i rapporti interpersonali di questo adolescente.
Lo sfondo della vicenda, come succede quasi sempre nei film di Van Sant è la città di Portland, Oregon, nel Pacific Northwest.
Solo alla fine del film, tramite una lettera scritta, il protagonista rivelerà il mistero di quella morte (egli è molto spaventato dal mondo degli adulti, si potrebbe dire e dai poliziotti che indagano anche su di lui).
Solo, c'è da aggiungere una cosa importante: nell'ultima scena del film vediamo il protagonista bruciare la lettera che ha scritto. FILM SULL'INCOMUNICABILITA'', SUL TRAVAGLIO ADOLESCENZIALE, ANCHE SE VAN SANT RIFUGGE DA QUALSIVOGLIA SENTIMENTALISMO DI FACILE PRESA.
Film, dunque, sul senso di colpa, su una sottile quanto pervasiva alienazione che attanaglia il protagonista (simbolo di una certa gioventù americana), sullo SCARTO TRAGICO FRA SINGOLO E REALTA' CHE LO CIRCONDA.
Queste sono tematiche importanti, e molto in linea con tutto il cinema di Gus Van Sant.
Il dato realistico in "Paranoid Park" è volutamente ambiguo, dal momento che si rappresenta una certa realtà senza veli o infingimenti, ma al contempo con uno stile consapevolmente anomalo e difficile. Voglio dire, non c'è niente di piano e di semplice in questo film così come in quell'altro risultato di punta del cinema di Van Sant che è "Elephant", del 2003.
Film anche sui sentimenti (pensiamo al rapporto fra il protagonista e la sua ragazza) ma sopratutto sulla difficoltà dei sentimenti, sulla difficoltà nell'esprimerli, sulla difficoltà nel conservarli.
Come spesso succede le più sagge, attente, sensibili figure nel cinema di Van Sant sono proprio quelle femminili.
Il punto essenziale di "Paranoid Park" è che, come del resto fa sempre il Cinema, ri-filtra comunque una realtà, anche se tramite un filtro realistico, ecco, in questo caso assistiamo ad un filtro realistico sulla realtà (l'attenzione va posta sopratutto sulla prima parte della definizione, filtro, ancor prima che realistico).
Van Sant è un regista che filtra molto, se così posso dire, dal momento che è un regista dall'altissimo profilo formale e stilistico, certo, attento alla realtà (ma quale autore cinematografico in fondo non è attento a questa dimensione misteriosa e in parte inafferabile che chiamiamo realtà?) ma la quale viene comunque re-interpretata e rappresentata secondo un certo ordine e un certo parametro.
Poniamo attenzione, solo per un attimo al ritmo stesso di questo film: assistiamo ad una serie di salti temporali, ad un andamento ellittico (e proprio la figura dell'ellissi è quella che meglio rappresenta un film come "Paranoid Park") quindi a vuoti/pieni di senso, a scatti continui in avanti, a libera circolazione di senso.
Lo spettatore è chiamato a costruire un proprio film sul film a dotare il film di un senso libero, dinamico, acquisito e messo in discussione.
Questo andamento fluidamente misterioso è stato poche volte evidenziato di "Paranoid Park".
Ha perfettamente ragione chi nota che questo film, fra le altre cose è composto di frammenti, di scene singole, quasi autosufficienti le quali però vanno a comporre un significativo quadro esistenziale ed umano, un quadro coerente e coeso, alla fine.
Così come è presente una riflessione cinematografica sui dispositivi visivi e sui vari formati (pensiamo solo, come in alcune scene è presente una alternanza, ad esempio fra 8mm e 35mm), "Paranoid Park" è un film che rappresenta e mette in scena anche i dispositivi della visione, i filitri (proprio per usare un termine che ho usato sopra).
Per finire, questo è un film modernissimo (tutto quello che ho scritto sopra, in un modo o nell'altro lo prova) ma anche un film che guarda all'indietro, così come guardava all'indietro il già citato "Elephant" ed esattamente nello stesso modo: nel film è presente il pediamento (proprio come figura cinematografica che rimanda alla teoria del pediamento di Desica/Zavattini e di certo cinema neorealistico italiano) pensiamo soltanto a come la cinepresa tallona i personaggi in alcune scene, in come li segua, in come si usi il Piano Sequenza senza bruschi tagli di montaggio.
Ecco, credo di avere espresso, in qualche modo quelle che per me sono le caratteristiche che rendono "Paranoid Park" un film di notevole forza ed interesse.