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CARO DIARIO (1993)

1 Dicembre 2023


Francesco De Maria




Considero "Caro Diario", uscito il 12 Novembre 1993 come uno dei film più compiuti e risolti di Nanni Moretti, un film, che seppure non più "generazionale" (ma alla fine questa fu solo una caratteristica dei suoi primi due film, del 1976 e del 1978) è un film che ribadisce con forza e nettezza l'attitudine auto-biografica ed auto-rappresentativa (qualche critico forse un po' malevolo direbbe auto-celebrativa e narcisistica) morettiana.

"Caro Diario", appunto non ne costituisce un'eccezione, anzi, ne costituisce una conferma alta, definita, precisa.

E forse mai come in questo film Moretti tende ad un CINEMA IBRIDO CHE PORTA AVANTI UN DISCORSO SOCIALE, PUBBLICO ED AL CONTEMPO INTROSPETTIVO.

Ecco, la dimensione introspettiva assume un significato notevole in "Caro Diario" (e basti pensare allo stesso titolo, così emblematico ed indicativo), soprattutto nell'ultimo episodio; ma, come ho scritto si intreccia continuamente, dialoga costantemente con la dimensione pubblica, sociale, latamente "politica".

Ma questo carattere introspettivo risalta di più che in altri film morettiani, anzi, più che introspettivo dovrei dire "intimo" od "intimista".

Siamo alle prese con un FILM DIARISTICO, per così dire, scandito in tre episodi: "In Vespa", "Isole" e "Medici". Io credo che tale strutturarsi del film in tre capitoli, per così dire, distinti l'uno dall'altro eppure collegati concettualmente ed auto-conclusi lo renda davvero un'opera "teorica": ogni capitolo assume una notevole portata teorica ed esistenziale, per così dire. Un film uno e trino. Perchè ognuno dei tre capitoli, volendo, potrebbe essere sviluppato anche come lungometraggio autonomo. Quindi: nella stessa struttura del film è insito il senso nascosto (ed ovviamente liberamente interpretabile e re-interpretabile).

Ma d'altronde Moretti ci ha abituati a questo Cinema altamente personale, insolito: un Cinema per così dire frammentato, spezzato, rapsodico, in linea con tutta una tradizione del Nuovo Cinema degli anni Sessanta e del Cinema Moderno (o Modernista, che dir si voglia).

Una rapsodia al proprio interno fortemente legata, coerente: L'INTERFACCIARSI DI DIMENSIONE INTERIORE, TALORA MEMORIALE, CON LO SPAZIO PUBBLICO, SOCIALE, POLITICO.

La presenza costante di Moretti nella parte di se stesso, la presenza scenica costante ed onni-pervasiva non è tanto (o solo) un sintomo di narcisismo (come, ripeto, talora gli è stato rimproverato) quanto, piuttosto, un aspetto fondamentale della sua poetica: il rivelarsi evidente e materiale, fisico, del SE' STESSO IN RELAZIONE COL MONDO.

Infatti Moretti, in ogni suo film (e in "Caro Diario" più che mai) è sempre una figura attoriale fortemente articolata e crocevia: di pensieri, di monologhi, di parole, di gestualità.

E tutto questo viene sempre posto in relazione (e mi verrebbe da dire spesso in contraddizione) con il mondo esterno, con la mentalità collettiva, con la decadenza e l'imbarbarimento: del rigore etico e dello spirito civico.

E questo lo si vede bene soprattutto nel finale del primo episodio "In Vespa" quando visita il luogo, ad Ostia, dove fu ucciso Pier Paolo Pasolini, con un monumento alla memoria completamente abbandonato e trascurato.

Io credo che i primi due episodi, comunque, rivelino da parte di Moretti una tendenza già in una qualche misura preannunciata dal film del 1985, "La Messa è Finita", di cui ho già trattato, qui il link: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2017/04/21/la-messa-e-finita-1985 vale a dire un'attenzione rivolta alla LUCE, AL DATO LUMINISTICO, ALLA LUCE COME PARTE INTEGRANTE DELLA RESA DEL FILM, DELLA SUA ATMOSFERA, DELLE SUE SOTTIGLIEZZE, DELLE SUE VIBRAZIONI.

Nei primi due episodi davvero la Luce è co-protagonista: inonda la scena, fa vibrare il film: emotivamente e misteriosamente, ma non solo, nel primo episodio vi è un altro elemento(forse questo davvero inedito per il cinema morettiano) che colpisce: L'UTILIZZO DEGLI SPAZI ARCHITETTONICI ED URBANISTICI. Il primo episodio è anche un corto-metraggio di geometrie visive, atte, esse stesse ad instaurare un rapporto libero con lo spettatore improntato alla pura e libera visualità.

Questa attenzione riposta da Moretti al dato architettonico ed urbanistico lo allinea ad altri due registi italiani: Michelangelo Antonioni e Dario Argento.

Il terzo ed ultimo episodio "Medici" è il più intimo ed intimista, poichè ci narra delle sue disavventure /e dell'incomprensione) con il mondo dei medici, e con la sua battaglia contro il linfoma di Hodgkin. Una diagnosi arrivata tardi, a causa del pressapochismo dei medici, della loro "incapacità all'ascolto",

Attraverso questo episodio della propria vita (e "cinematografizzato" in maniera magistrale) Moretti vuole svelare ancora di più se stesso: un proprio dramma interiore, intessendo anche un discorso umano e sociale sulle istituzioni mediche.

Interfacciando dimensione inteiore e dimensione pubblica, appunto.

Tutti questi aspetti rendono "Caro Diario" uno dei film più risolti ed emblematici di Nanni Moretti.


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