A CIASCUNO IL SUO (1967)
1 Maggio 2023
Francesco De Maria
"A Ciascuno il Suo", uscito il 24 Febbraio 1967 inaugura la fase più propriamente "politica" e di impegno civile del cinema di Elio Petri (1929-1982).
Dopo una prima fase "esistenzialista" e contrassegnata dall'influenza del Cinema di Michelangelo Antonioni (1961-62) approda all'esperimento di Commedia all'Italiana, nel 1963, e dopo la parentesi "fantascientifica" nel 1965, nel 1967 realizza appunto questo "A Ciascuno il Suo" tratto dall'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia.
Il rapporto fra tutto un Cinema Italiano degli anni Sessanta e Settanta (e penso non solo al Cinema di Petri, ma anche a quello di Francesco Rosi e Damiano Damiani) e i romanzi di Sciascia furono piuttosto stretti, anche se declinati in modo diverso: in Damiani (e penso ad un film come "Il Giorno della Civetta", del 1968) l'opera dello scrittore viene riletta attraverso un filtro "spettacolare" e sanguigno, intervallato da colpi di scena, e da una resa ambientale realistica. Quello che interessa Rosi è piegare l'opera di Sciascia ai suoi fini più precipui e specifici, fin quasi dagli esordi: analizzare e rappresentare il Potere, in tutte le sue dimensioni e sfaccettature, realizzando un film bellissimo, quasi rarefatto ed astratto, spigoloso e sottilmente inquietante come "Cadaveri Eccellenti" (1976).
Nel Cinema di Elio Petri, invece, vi è una interpretazione delle opere di Sciascia attraverso il filtro del Grottesco, forse in questo film del 1967 meno accentuato, ancora non del tutto messo a punto, rispetto all'altro film tratto da Sciascia come "Todo Modo", del 1976, del quale ho avuto modo di trattare, qui il link: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2018/12/24/todo-modo-1976 dove appunto parlo di "grottesco del potere".
Un Cinema poltico e di impegno civile "sui generis" quello di Petri, a cui non interessa una resa realistica, quanto piuttosto una rappresentazione sottilmente ma pervasivamente distorta della realtà, del Potere, dei rapporti umani e sociali, del mito nevrotico della legge e dell'ordine.
In "A Ciascuno il Suo" (che vede protagonisti due ottimi Gian Maria Volontè ed Irene Papas) la mafia è una realtà sfuggente, ambigua, pervasiva: una cappa. A seguito di un duplice omicidio il professor Laurana (Gian Maria Volontè, appunto) decide di investigare, di rimettere insieme i pezzi, di risolvere il mistero. Di andare oltre, oltre le apparenze, oltre il dato di fatto, oltre l'apparentemente ovvio. In quella realtà la mafia si fa senso comune. Il protagonista cerca (perdendo, e la sua chiacchierata impotenza assume valori simbolici) di ribellarsi a tutto questo, di CONFERIRE UN NUOVO ORDINE ALLE COSE. Verrà aiutato dalla vedova di una delle due vittime (Irene Papas) la quale è legata da una torbida ed ambigua relazione al cugino avvocato, in odor di mafia (ed interpretato da Gabriele Ferzetti):
L'intellettuale impegnato, di sinistra, gramscianamente organico al partito cerca di riconferire un nuovo significato alle cose, scontrandosi con quel groviglio opaco e reale di interessi affaristici e di bassezza morale. Ed è impotente: incapace, pur avvalendosi di strumenti interpretativi raffinati, di sbrogliare la matassa. In questo risiede il valore problematico ed inquietante del film. L'inefficacia del'intellettuale ai fini di un'autentica trasformazione antropologica e sociale.
Il professore, in modo molto significativo è visto, dai compaesani (spesso compiacenti nei riguardi della mafia, e comunque succubi) molte volte come "astratto".
Il protagonista, infatti, è sostanzialmente solo: il film ben rappresenta la SOLITUDINE DEL PERSONAGGIO A FRONTE DI UN MURO DI OMERTA', DI INTERESSI AFFARISTICI SPORCHI, DI PETTEGOLEZZI.
Il film è percorso da inquiete urgenze formali e stilistiche, atte, perlopiù a DEFORMARE, CARICARE, la realtà raffigurata. Vi è un uso insistito dello Zoom ( espediente che vivrà momenti di gloria qualche anno dopo, soprattutto nel Cinema di Genere Italiano dei primi anni Settanta) come a voler rendere plastica una presa forte sul reale, sui volti, sugli ambienti.
Il film è attraversato da un'ESPRESSIVITA' CARICATA, DEFORMATA, appunto: le cosiddette forzature ottiche e sonore che sono state evidenziate rappresentano sicuramente un punto di forza del film, la sua stessa ragion d'essere: quasi come una rappresentazione oggettiva di quel lavoro di resa deformante e grottesca che il regista andrà approfondendo nel corso degli anni.
"A Ciascuno il Suo" è un film anche STRUTTURATO DINAMICAMENTE: il Montaggio, spesso, risulta convulso, e l'uso della Cinepresa a mano crea quella sensazione di "immersione" in quel contesto solare, abbagliante, eppure cupo e deforme.
Reputo "A Ciascuno il Suo" un film essenziale all'interno del corpus filmografico petriano, ma non solo: anche una pietra miliare del Cinema Italiano, non solo di fine anni Sessanta.
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