WILD ORANGES (1924)
12Febbraio2024
Francesco De Maria
King Vidor (1894-1982) è stato uno dei veterani della vecchia Hollywood, un grande autore il quale, da un lato ha contribuito a mettere a punto il linguaggio classico cinematografico (si tratta di uno di quei registi che in maniera immediata recepì la grande lezione griffithiana, considerando che esordì quando Griffith era al suo apogeo) dall'altro ha cercato nuove strade, propnendo un Cinema (ma questo soprattutto negli anni Trenta) "realista" e dal forte afflato sociale.
Nella sua sterminata filmografia compaiono anche quelle, che, a mio avviso sono perle nascoste, come questo "Wild Oranges", uscito il 20 Gennaio 1924, film misconosciuto, poco considerato, teniamo presente che King Vidor, realizzò nel corso degli anni Venti due capolavori come "La Grande Parata", del 1925 e "La Folla", del 1928, questo film del 1924 sembra rimpicciolirsi di fronte a quei due capolavori, eppure mantiene intatto il proprio valore, la propria bellezza figurativa, il proprio fascino misterioso.
Perchè è un'opera filmica anomala, strana, evanescente "Wild Oranges": un melodramma dai toni accesi, fortemente contrastato, ma anche un "Southern Gothic", che vede protagonisti un giovane marinaio di passaggio, il quale sbarcato sulle coste solitarie della Florida si innamora di una ragazza che vive in una vecchia magione cadente ed isolata con il nonno, la giovane è insidiata da un violento, un prigioniero evaso, il marinaio dovrà affrontarlo per salvare la ragazza.
Anche questo film è frutto di un incrocio di forme e di generi, perchè il Melodramma si fonde con il Southern Gothic, e molti dei topoi sono là: una casa decrepita ed isolata, con tutta la sensazione di decadenza che emana, la violenza, e sono presenti anche molti topoi melodrammatici come l'amore fortmente contrastato dai toni romantici e sentimentali.
L'ambientazione assume una rilevanza notevole nel film, è davvero una protagonista: perchè crea una forte resa atmosferica, suggerisce sensazioni sfuggenti, strane, inquietanti, e "Wild Oranges" è un film che COSTANTEMENTE, DURANTE L'ARCO DI TUTTA LA SUA DURATA SI ALLARGA, SI FA ONNI-COMPRENSIVO, POICHE' RAFFIGURA NON SOLO I CONTRASTI UMANI ED EMOTIVI, MA ANCHE LA STESSA NATURA SELVAGGIA CHE CIRCONDA LA CASA, GLI ELEMENTI NATURALI, E SEMBRA QUASI RIUSCIRE A FARCI PERCEPIRE "L'AROMA PUNGENTE DELLE ARANCE SELVATICHE".
Ed ecco perchè lo considero un film molto bello e notevole nella sua irregolarità: perchè un film di sensazioni, che si basa su quelle, che le rielabora, che le suggerisce continuamente.
Su tutto il film aleggia anche una sensazione di ATTESA, come di un qualcosa che dovrà accadere, sensazione che eccede la stessa trama (la quale vede lo scontro finale fra i due uomini, ad esempio), di qualcosa che incombe e che sostanzia la stessa vicenda narrata e rappresentata.
E poi con questo film King Vidor sembra voler penetrare in una realtà non solo selvaggia ed isolata, ma anche primordiale, AGITA DA IMPULSI, una realtà "altra" ed appartata.
La stessa figura del villain, in questo film, è davvero iconica e disturbante nella sua pura evidenza fisica, ma non solo: con una semplice didascalia ("un maniaco omicida") la si connota in una maniera inquietante e paurosa nella sua devianza mentale.
Ecco, io credo che "Wild Oranges" sia stato, talvolta, equivocato, perchè non si tratta di un puro e semplice film "di avventura" (un po' l'equivalente di Hitchcock "maestro della suspense"), magari dal facile effettismo, etc.
No, siamo di fronte ad un'opera cinematografica molto più articolata, complessa, stratificata, "inquieta" nella sua complessità , perchè film nel quale Vidor mette a punto tutto un discorso sul Cinema, sulla qualità del Visibile, sulla qualità del Percepibile (proprio perchè, come ho scritto sopra, è un film di sensazioni).
Lo stesso Southern Gothic ad esempio non funge solo da cornice, ma è un topos ribadito e riproposto, all'interno del quale si cerca di suggerirne tutto il senso, cinematografizzandolo, facendocelo percepire e sentire.
In questo film il regista combina i "generi", rielaborandoli, portando avanti un discorso culturale, cinematografico ed estetico inedito e personale.
Certo, non ci troviamo di fronte ad un capolavoro di Vidor, i suoi capolavori sono altri, come i film menzionati sopra del 1925 e del 1928, per rimanere agli anni Venti, ma siamo comunque alle prese con un film, a mio avviso, se guardato con attenzione e con sguardo libero, davvero notevole nella sua "irregolarità".
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