TELL THEM WILLIE BOY IS HERE (1969)
12 Luglio 2023
Francesco De Maria
Il regista Abraham Polonsky (1910-1999), autore di questo "Tell Them Willie Boy is Here", uscito il 31 Ottobre 1969, è sicuramente stato un maledetto ed un emarginato rispetto al sistema Hollywoodiano.
Già autore radiofonico e poi sceneggiatore impegnato politicamente, realizzerà nel corso degli anni soltanto tre film da regista: l'esordio avverrà nel 1948 con "Le Forze del Male", Film Noir dalle forti connotazioni politiche di sinistra (i cosiddetti Film Gris), dopo la persecuzione subita durante il maccartismo tornerà alla regia nel 1969, proprio con questo Film Western, e realizzando poi il suo ultimo film, due anni dopo, nel 1971.
Il film fu realizzato anche grazie al sostegno ricevuto dal regista da parte di Robert Redford (nel ruolo dello sceriffo che deve dare la caccia al pellerossa fuggiasco, interpretato da Robert Blake).
Il film è basato su una storia vera, avvenuta nel 1909, ed infatti proprio nel 1909 è ambientato anche il film, nell'entroterra della California Meridionale, nel cosiddetto Inland Empire.
Con quest'opera Polonsky fornisce il suo contributo al Western Revisionista che deflagrò proprio alla fine degli anni Sessanta ed inizio anni Settanta, e soprattutto a quel sotto-filone che potremmo denominare Western Filo-Indiano.
Western Filo-Indiano il quale, teniamo presente, esplode sì alla fine degli anni Sessanta, ma ha radici lunghe, potremmo ravvedere un capostipite già in "Broken Arrow" di Delmer Daves, del 1950.
In quegli anni anni inquieti e turbolenti il Western Filo-Indiano assume connotazioni politiche, di critica sociale e di destrutturazione del mito della Frontiera.
Il giovane pellerossa è prima di tutto una vittima: delle istituzioni, del sistema sociale, del razzismo dell'uomo bianco. Egli uccide per legittima difesa il padre della sua ragazza, fuggendo poi con lei sulle montagne, e daranno la caccia al giovane pellerossa anche gruppi di bianchi inferociti, i quali vogliono sopprimere il "selvaggio".
Lo sceriffo Cooper (Robert Redford, appunto) cercherà di porsi come fattore di equilibrio.
Il film, ovviamente, si allinea a quelli che sono le coordinate della New Hollywood, soprattutto della sua prima fase, quella di fine anni Sessanta: la fuga, il rifiuto implicito di un certo sistema di vita.
In più, appunto, Polonsky opera una sorta di smitizzazione della Frontiera, mostrandone gli aspetti più rozzi, incivili ed intolleranti.
Tant'è vero che il giovane Willie Boy è una vittima, anzi un PERSEGUITATO, proprio come perseguitato fu il regista durante gli anni del Maccartismo.
Il film SI COMPONE ANCHE DI UNA SORTA DI RISPECCHIAMENTO, DI RIFLESSO AUTOBIOGRAFICO. Willie Boy, poi, è il vero UOMO NATURALE, libero e selvaggio come i paesaggi che lo attorniano: ecco, io credo che l'uso del paesaggio, in questo film, si connoti in senso poltico-sociale, oltre che umano ed antropologico.
Una vita libera, naturale, selvaggia (anzi, a ben vedere un ritorno ad essa) in contrapposizione ad ottuse regole sociali, le quali celano un sistema fatto di razzismo, sopruso e violenza.
In questo senso, dunque, il film si configura come opera anti-retorica, proprio perchè rifiuta una certa retorica su cui si era costruita la mitologia della Frontiera.
Lo stesso Willi Boy, è davvero una figura isolata, isolata dalla sua stessa gente, dal suo stesso popolo.
La differenza con altri Western Filo-Indiani e che in "Tell Them Willie Boy is Here" attraverso la figura del perseguitato, dell'oppresso passa anche un discorso in difesa della libertà, di più: il pellerossa non viene visto solo come oppresso (come accadeva, appunto, in altri film Filo-Indiani, e mi viene a mente soprattutto "Soldato Blu", del 1970) ma anche come figura che incarna la libertà, o meglio: L'ANELITO ALLA LIBERTA'.
A ben vedere Willie Boy è mosso da una sorta di PULSIONE ALLA LIBERTA'. Io credo che questa sia una caratteristica molto importante del film, rendendolo un crocevia fra varie tendenze sia del Western Revisionista e Filo-Indiano che più in generale della New Hollywood.
Incarnandone tutti i furori e le inquietudini. Quindi siamo alle prese con un film invero assai articolato, composito e stratificato il quale porta avanti un discorso complesso sia sulla Frontiera, che sulla figura del pellerossa, ma anche sullo stesso Film Western e su una sua possibile rilettura.
E tutti questi aspetti rendono il film un'opera bella, importante ed incisiva.
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