PANE E CIOCCOLATA (1974)
- Francesco De Maria
- 3 mar
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3 Marzo 2025
Francesco De Maria

Ci sono registi cinematografici ingiustamente poco considerati, talvolta sottovalutati, oppure finiti nel dimenticatoio, i quali invece meritano maggiore attenzione o addirittura una riscoperta.
Io credo che molta dell'opera di Franco Brusati (1922-1993) meriti maggiore attenzione: ci troviamo sicuramente di fronte ad un autore appartato, ad un autore fine e sensibile, raffinato e ricercato.
Il suo è un cinema, come è stato scritto "dal respiro europeo", sempre molto particolare e personale, e non fa eccezione uno dei suoi film più importanti (ed in questo caso celebri) come "Pane e Cioccolata", uscito il 18 Gennaio 1974, anomala commedia dal taglio drammatico sull'emigrazione italiana in Svizzera.
Questo film tratta delle vicende dell'emigrato italiano Nino Garofoli (interpretato da un sempre bravissimo Nino Manfredi) le quali possono muovere talora ad un'amara risata, vicende talora grottesche e quasi sempre dalle venature fortemnte drammatiche.
Perchè dietro una sorta di organizzazione strutturale da Commedia si cela un film dalle forti cadenze drammatiche, dal taglio non solo sociale (e volendo politico) ma anche esistenziale.
Un'opera, "Pane e Cioccolata" nella quale il regista analizza la psicologia dei personaggi (soprattutto quella del protagonista) e restituendoci un'immagine icastica della vita in terra elvetica, dela sua'organizzazione sociale, di un certo modello antropologico impronato alla chiusura mentale, alla xenofobia, al razzismo.
Basti pnesare a molte vicisstudini del protagonista, oppure a tutta la sequenza dei lavoratori italiani fatti vivere in una sorta di baracche, oppure all'episodio della partita di calcio in televisione.
Ma il film è attraversato anche da momenti quasi surreali, come tutte le scene dei clandestini (sempre italiani) che vivono in un pollaio, e questo è un tratto tipico di molto cinema Brusatiano, il quale tende a trascendere e trasfiguraee il dato "realistico" in maniera talora sognante, altre volte in maniera quasi surreale.
In "Pane e Cioccolata", come ho scritto, alle volte si può anche ridere, ma la risata è amara, perchè vi è qualcosa di profondamente cupo nel film e a tutto ciò concorre lo stesso mito del protagonista nei riguardi del modello elvetico (improntato a maggiore efficienza organizzativa), mito che da un lato getta le basi, per così dire, della sequenza più dura e sgradevole forse dell'intero film (quello della partita di calcio guardata in un locale, con il protagonista con i capelli tinti di biondo per fingersi svizzero a tifare contro la nazionale italiana, fino a che, gettando la maschera urla di gioia quando la nazionale italiana segna, attirando contro di sè così l'ira e l'animosità degli svizzeri che lo cacciano in malo modo dal locale) dall'altro rende la vicenda umana ed esistenziale del protagonista tragicamente circolare (ed in questo senso basti solo pensare all'ultima scena del film, desolante e desolata).
Scena finale la quale potrebbe essere anche letta come un rifiuto della resa (se solo pensiamo al fastidio da Nino provato rispetto al comportamento auto-consolatorio di molti connazionali che come lui stanno per essere rimpatriati), certo è che tutto il finale è fertilmente ambiguo, splendidamente ambivalente.
Denominatore comune a molti personaggi del film è sicuramente il disagio esistenziale (e anche per questo che sopra ho parlato di film dal taglio esistenziale), disagio che non appartiene solo al protagonista, dunque, ma anche ad Elena la giovane donna greca con il quale il protagonista farà amicizia, sorta di esule politica (teniamo presente che la Grecia in quegli anni era retta dal regime dei colonnelli), o all'industriale (truffatore) impersonato da Johnny Dorelli, uomo solo, abbandonato dalla moglie ed incapace di dialogare con il figlio, e gli esempi potrebbero continuare.
La stessa presenza attoriale di Nino Manfredi rafforza l'aspetto da Commedia all'Italiana del film, una commedia ad ogni modo del tutto "sui generis" la quale, progressivamente, si tinge sempre più di connotati prima grotteschi, poi drammatici.
Brusati è regista appartato, "anomalo", irregolare, sempre: ma è anche vero che la stessa Commedia all'Italiana, proprio per sua natura, per la sua stessa intima ragion d'essere guarda al dramma e contiene in sè embrionalmente (e talvolta in modo molto più compiuto e dispiegato) amarezza, cinismo, disincanto.
"Pane e Cioccolata" quindi è un oggetto filmico irregolare, dalla natura singolare: Commedia all'Italiana, ma dalle cadenze uniche, "brusatiane", appunto. E non è poco.
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