MIO ZIO (1958)
11 Ottobre 2024
Francesco De Maria
Nel panorama del Cinema Comico Europeo troneggia sicuramente la figura di Jacques Tati il quale contribuì alla crescita di questo tipo di Cinema attraverso una comicità niente affatto verbale, ma del tutto corporea, da mimo, per così dire e dalle ricadute quasi surreali.
Tant'è vero che Jacques Tati fu davvero un mimo, e tale esperienza si riversò completamente nel suo Cinema, un Cinema del tutto appartato, difforme, irregolare. Questo lo si vede bene proprio in questo suo terzo lungometraggio, "Mio Zio", presentato in anteprima al Festival di Cannes il 9 Maggio 1958.
Anche in quest'opera Tati prosegue nel disegno del suo personaggio (il quale è protagonista di tutti i suoi film) Monsieur Hulot (interprettao, ovviamnte, da lui stesso) un uomo allampanato, goffo, stralunato, che più che parlare bofonchia poche frasi incomprensibili.
Tati era un perfezionista, un'artista meticoloso (infatti la lavorazione di ogni suo film era molto lunga) e questo lo si vede bene anche in "Mio Zio" che fra le altre cose è il suo primo film a colori
Film sul rapporto fra Hulot ed il nipote (da cui il titolo del film, appunto) unica relazione AUTENTICAMENTE UMANA: perchè Hulot, nella sua goffagine, nella sua "stranezza" si situa AL DI LA' DI CONVENZIONI E REGOLE, risultando una sorta di "disadattato" rispetto ad un'organizzazione sociale (e lavorativa, come si vede nel film) disumana, e sostanzialmente irrazionale, pur reggendosi su una sorta di apparente razionalità.
Ma Hulot non si adatta nemmno a quelli che sono gli equilibri (inautentici) familiari: basti vedere il rapporto con la sorella ed il cognato (genitori del bambino) i quali vivono in una casa iper-moderna, iper-funzionale: ma disumanizzata, perchè del tutto asettica.
Hulot è estraneo a tutto questo: perchè rappresenta (e non solo in "Mio Zio", anche se in questo film con notevole incisività) una FIGURA POETICA, DUNQUE EVERSIVA, LO SCARTO RISPETTO ALLA REGOLA SOCIALE DISUMANA E DISUMANIZZANTE.
Una società del tutto improntata all'efficienza e che ha perso del tutto la capacità di sentire, di vedere: di vivere autenticamente.
In "Mio Zio" è presente una sorta di pessimismo di fondo: la vecchia casa (così "tipica" e pittoresca) nella quale vive Hulot sta per essere demolita: come se con essa andasse a scomparire un intero mondo, un intero modo di essere, o meglio, come se Hulot fosse avviato sul viale del tramonto, tipo umano destinato alla dissoluzione.
Anche, se, poi, a ben vedere Hulot sopravviverà anche nei successivi film.
Figura poetica, Hulot, come ho scritto sopra: perchè pura, "infantile" (nel miglior senso del termine quando utilizzato per un adulto),
Mio zio: perchè bisognerebbe guardare il film con occhi puri ed infantili, riuscendone ad apprezzare la qualità poetica e sognante.
In "Mio Zio" Tati organizza in maniera ancora più precisa la sua arte comica, ribadendo la sua idea di comicità puramente visiva (i dialoghi sono ridotti al minimo) agganciandosi, in tal maniera, idealmente alla grande tradizione comica muta.
Al contempo, però, gli effetti sonori sono assai valorizzati, resi evidenti: siamo alle prese con un FILM SEMI-MUTO MA DALL'ALTISSIMO PROFILO SONORO.
"Mio Zio" è anche un film contro l'OMOLOGAZIONE ALIENANTE, e la stessa PRESENZA SCENICA DI HULOT è lì ad incarnare il rifiuto: del tutto ingenuo ed inconsapevole, "infantile", appunto, ma proprio per questo netto e radicale.
Perchè Hulot si muove diversamente, gesticola diversamente, ed evitando così, in maniera del tutto immediata la standardizzazione, l'irreggimentazione.
Tati in questo film raffigura in maniera delicata anche l'universo infantile, che si conserva puro, nella sua ingenuità rispetto al mondo degli adulti, materialista, conformista e spoeticizzato.
Il tutto si inserisce in una rappresentazione della quotidianità, tati inserisce il proprio discorso comico all'interno di una dimensione quotidiana "banale": agendo come contraddizione insanabile, come contrasto.
Ma in maniera del tutto "oggettiva", non mediata, non pensata: Hulot, infatti non è un contestatore od un ribelle consapevole, è lo scarto rispetto alla regola, un uomo NATURALMENTE E SEMPLICEMENTE LIBERO.
Poi, ovviamente: attraverso il film, nel quale è costruito un discorso comico e teorico preciso su Hulot e sulla sua relazione con il mondo passa un discorso di critica all'esistente.
Io considero "Mio Zio" uno dei conseguimenti più maturi di Jacques Tati, prima della nuova svolta di fine anni Sessanta, avvenuta con "Playtime".
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