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LO STRANGOLATORE DI BOSTON (1968)

23 Novembre 2020



"Lo Strangolatore di Boston" uscito il 16 Ottobre 1968 è senz'altro uno dei film più significativi dell'ottimo, ed in parte sottovalutato Richard Fleischer (1916-2006). E' un film ispirato ad eventi reali (quelli dello strangolatore di Boston, appunto, Albert De Salvo, qui magnificamente impersonato da Tony Curtis, il quale fra il 1962 ed il 1964, a Boston, appunto, uccise 13 donne. In questo senso, quindi, Fleischer compie un'operazione simile a quella di più di due anni dopo, con "10 Rillington Place", film di cui ho trattato in questo mio Blog, qui il link: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2017/11/01/10-RILLINGTON-PLACE-1971 C'è da dire che gli eventi reali sono stati alterati e modificati dal regista, ovviamente la cronaca dei fatti non è ciò che gli interessa, quanto piuttosto una DISAMINA, UNA RAPPRESENTAZIONE FENOMENOLOGICA DELL'INDAGINE POLIZIESCA, DEL SOSPETTO, ED INFINE DELLO STUDIO, DELL'APPROFONDIMENTO DEL SERIAL KILLER, IL QUALE VERRA' ALLA FINE CATTURATO E RINCHIUSO IN MANICOMIO INABISSANDOSI NEL DELIRIO SCHIZOFRENICO ED IN UNO STATO CATATONICO..

Questo, secondo me il punto nevralgico del film. A Fleischer non interessa la rappresentazione degli omicidi, non ricerca un sensazionalismo neppure, anzi la narrazione e raffigurazione degli eventi sono piane, "cronachistiche", quotidiane. Come in "10 Rillington Place" questo è un elemento che rende disturbante il film, un vero e proprio punto di forza..Lo stesso utilizzo dello Split Screen (vale a dire lo schermo suddiviso in due metà, mostrando in ciascun delle metà eventi diversi che accadono contemporaneamente) dona al film tutta la sua forza, tutto il suo fascino, MOLTIPLICANDO IL PIANO VISIVO, ALTERANDO LA PERCEZIONE SPETTATORIALE. Lo Split Screen era uno stilema visivo abbastanza utilizzato da certo cinema americano, fra la fine degli anni Sessanta ed i primi anni Settanta.

Siamo alle prese con un film DEL TUTTO ANTI-SPETTACOLARE, ripeto, a Fleischer non interessa la rappresentazione della violenza (la violenza grafica) ma non interessa nemmeno un canonico svolgimento dei fatti: ricerca, cattura, processo, etc. Come dice il titolo, l'anima del film risiede proprio in lui, nell'assassino seriale, nella sua tragica ed estrema sofferenza psichica, nella sua devianza, ma anche nella sua apparente normalità, se solo teniamo presente il fatto che si tratta di un marito e padre di famiglia, con un lavoro regolare. E l'ultima stupenda scena, quella in manicomio, dopo l'incontro con la moglie e la figlia mostra con forza iconica tutta la FRAMMENTAZIONE PSICHICA DEL PERSONAGGIO Si tratta di una scena "sconnessa", quasi enigmatica la quale bene mostra la sconnessione emotiva e psicologica del personaggio. Ma come ho accennato sopra Albert De Salvo è un uomo apparentemente normale il quale conduce una vita normale, e questo è un altro elemento tipico di certo cinema di Richard Fleischer di fine anni Sessanta ed inizio anni Settanta: la disamina di una (apparente) normalità, la quale cela insondabili abissi di sofferenza ed orrore. Il film sembra voler essere onnicomprensivo di una certa realtà e di un certo ambiente, sembra davvero voler mettere in scena tutto, per così dire.ricollocando sempre i personaggi nell'ambiente, allargando anche i piani e le angolazioni.E trovo quindi molto giusta l'idea che è stata più volte avanzata che Fleischer lavora sulle possibilità della messa in scena, riflette su tali possibilità, tentando comunque di forzarle, di spingerle in avanti. Ed ecco perchè "Lo Strangolatore di Boston" costituisce, a mio avviso, uno dei più fulgidi esemplari di film New Hollywood (di una prima New Hollywood, in qualche modo ancora nascente). "Che rapporto sussiste fra la messa in scena e la realtà?" sembra chiedersi Fleischer realizzando questo film.Per tutti questi motivi reputo "Lo Strangolatore di Boston" un film già anti-classico, dunque, il regista rompe gli schemi narrativi classici basati sulla trasparenza, sulla fluidità, su un'apparente naturalezza ed oggettività della messa in scena.

Un'ultima riflessione che potrei fare è la seguente: il regista sembra anche voler porre in relazione dinamica le scene, porre in relazione dinamica la figura del serial killer con il proprio ambiente ed infine CONTEMPORANEIZZARE VISIVAMENTE MOLTE SCENE, ALLARGANDO LA PERCEZIONE VISIVA, CERTO, MA ANCHE PONENDOLE IN UNA REALISTICA ED ENIGMATICA RELAZIONE DINAMICA. E forse è sopratutto questo che rende grande questo film, questa resa del reale del tutto inedita e problematica.

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