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LA FOLLA (1928)

22 Marzo 2024


Francesco De Maria




In questo articolo torno di nuovo al Cinema di King Vidor (1894-1982) al quale ho dedicato due delle mie precedenti riflessioni, rimanendo nell'ambito del suo periodo muto, e concentrandomi su una delle sue vette espressive, vale a dire "La Folla" uscito il 18 Febbraio 1928.

Questo film suggella magnificamente il periodo muto vidoriano ("Hallelujah" uscito un anno e mezzo dopo rappresenta già una fase di transizione fra muto e sonoro) ed esso stesso fa da ponte al periodo più strettamente sociale del suo Cinema che troverà il suo apice proprio negli anni Trenta.

Già in questo film del 1928 la dimensione sociale emerge in maniera piuttosto netta (e come ho cercato di spiegare nel mio precedente articolo su "La Grande Parata" a mio avviso già in questo film tali tendenze si rivelano anche se in maniera più confusa e contraddittoria), e non esiterei a definire "La Folla" un film sociale.

Film su un giovane di belle speranze che arriva a New York dalla provincia, i suoi sogni sembrano realizzarsi quando si sposa e nasceranno due bambini. Tutto si infrange quando la figlioletta muore, e John (questo il nome del protagonista) perderà il lavoro e tenterà il suicidio. L'ultima, ambigua e bellissima sequenza finale ci farà credere (e dubitare al contempo) che il protagonista abbia ritrovato un equilibrio, addirittura la felicità, quando lo vediamo in un cinema che ride all'unisono insieme agli altri spettatori. "Unisono" è la parola chiave.

Altra sequenza chiave è quella dell'ufficio (come possiamo vedere nella foto sopra) con quel movimento di cinepresa acrobatico e fluido che ci fa entrare all'interno di un grattacielo mostrandoci un grande ufficio alienante ed uniforme con scrivanie tutte uguali nelle quali sono seduti lavoratori tutti uguali: fra questi c'è appunto il protagonista del film.

Ecco, io credo che queste due sequenze siano fondamentali nell'organizzazione del discorso filmico vidoriano, e fra un pò ci tornerò.

John sostanzialmente è l'UOMO MASSA, L'UOMO MASSIFICATO CHE SOTTO L'IMPULSO DI CONDIZIONAMENTI PATERNI TENTA DISPERATEMENTE DI DIVENTARE QUALCUNO, DI FUORIUSCIRE DALLA MASSA PUR (E QUESTO E' UN NODO CRUCIALE DEL FILM) MANTENENDONE TUTTI I PREGIUDIZI E LA MITOLOGIA ALIENATA ED ALIENANTE (QUELLA DI PRIMEGGIARE, APPUNTO).

Quindi ci troviamo al cospetto di un personaggio profondamente MASSIFICATO, che dalla massa tenta di uscire e che nella massa ritorna: il film è organizzato come una sorta di circolo vizioso atto a mostrare la superficialità e l'alienazione del tragitto esistenziale di John.

Non si può sottovalutare la portata "realistica" del film, la descrizione precisa ed icastica della metropoli (la quale assurge ad una sorta di sinfonismo, memore il regista della lezione di Ruttmann e di tutta una tendenza del Cinema Tedesco di fine anni Venti) le riprese fuori dagli studios e dai teatri di posa.

Ed il titolo del film è pregnantissimo, trattenendo in sè il senso più riposto dell'opera (poi da dipanare, attraverso una visione attenta ed uno studio) dal momento che la folla, appunto, è la dimensione che tutto sovrasta e che tutto fagocita.

Gli uomini sono interscambiabili, resi uniformi, standardizzati, e sono alienati, John stesso, appunto, il quale con i suoi sogni di riuscita sociale sostanzialmente non agisce, ma viene agito, non è in grado di "dire" ma piuttosto si lascia "dire".

Questa dimensione massificante è ben rappresentata sia nella sequenza del grattacielo, con quel movimento della cinepresa planare (sequenza e movimento di macchina ripreso mirabilmente poi da Billy Wilder nel suo meraviglioso "L'Appartamento, del 1960) sia nell'ambigua sequenza finale, quella del cinema, appunto: dove il protagonista reagisce nello stesso identico modo di tutti gli altri, come un automa fra automi.

Ecco, io credo che ne "La Folla" passi tutto un discorso non solo cinematograficamente rigoroso ed articolato (l'empito "realista, il sinfonismo metropolitano, etc.) ma anche un discorso sociale di primo smontaggio dell'American Dream.

Perchè "La Folla" è già un film demistificante, molto in anticipo sui tempi, e questo la dice lunga sul genio di King Vidor.

Come è stato rilevato, questo film è anche un "dramma dell'ambizione": non tanto sui sogni infranti, quanto piuttosto sulla demistificazione dell'ideologia del successo, sullo svelamento dei meccanismi familiari di "educazione" che celano in verità manipolazione ed oppressione.

"La Folla" è un capolavoro: sia per la sua portata formale, stilistica, che sociale e di contenuto, ed un film-cerniera all'interno del corpus filmografico vidoriano.





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