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LA FIGLIA DI RYAN (1970)

23 Agosto 2023


Francesco De Maria



Apro questo mio articolo affermando con forza che David Lean (1908-1991) è stato un grandissimo regista, assai significativo, molto più complesso ed inquieto di come la vulgata Nouvelle Vague (quasi sempre assai meritoria) della giovane ed agguerrita critica cinematografica francese degli anni Cinquanta ce l'abbia consegnato.

Il suo stile registico potrà anche essere considerato "accademico", ma è un accademismo di alta classe, magniloquente ed epico, a ben vedere. Classico, personale ed innovatore al contempo. Non si tratta dunque di un accademismo freddo, sterile, nemico della novità, della ricerca, quanto piuttosto di un Classicismo epico, magniloquente, "colossale", in tutti i sensi.

E questo discorso si attaglia ad una certa produzione filmografica di Lean, non a tutta, diciamo quella che parte dal 1957, l'anno de "Il Ponte sul Fiume Kwai" e che si chiude con l'ultimo film, del 1984, "Passaggio in India".

Questo "La Figlia di Ryan", uscito il 9 Novembre 1970 è il suo penultimo film, che fu un flop così grande da far ritirare il regista per ben tredici anni, prima di intraprendere la sua ultima fatica, appunto, con il film del 1984.

"La Figlia di Ryan" è un fluviale Melodramma, ma non solo, anche un racconto epico ambientato nell'Irlanda del 1917-1918, durante la lotta di liberazione nazionale conro il giogo coloniale inglese (e durante la Prima Guerra Mondiale), su tale sfondo storico assistiamo alle vicende di Rosy Ryan (interpretata da Sarah Miles) la giovane figlia del tenutario del pub del villaggio, la quale sposa un uomo più anziano di lei, il maestro, interpretato da Robert Mitchum, ma vivrà una clandestina storia d'amore con il traumatizzato (disturbo post traumatico da stress) maggiore inglese, Randolph Doryan.

Siamo alle prese con un Melodramma: un contrastato amore clandestino, la maldicenza e l'emarginazione dei compaesani, la scoperta del marito, etc. ma non solo: il film è strutturato come un Racconto di Formazione e di educazione sentimentale, a sua volta all'interno di una cornice da film storico (dalle forti connotazioni epiche).

Come si può capire, quindi, un film articolato proprio nella sua struttura, e soprattutto un film libero da qualunque catalogazione di genere, un film libero, per molti versi imprendibile. E che alla sua uscita fu poco compreso ed apprezzato.

E poi David Lean mette a punto, forse in modo ancora più netto e risolto i suoi "topoi" formali e stilistici, a cominciare dal PAESAGGISMO, CHE IN QUESTO FILM SI MANIFESTA COME RESA AMBIENTALE, EMOTIVA E SENTIMENTALE DEI PAESAGGI RURALI E MARINI IRLANDESI, dai Totali e dai Campi Lunghissimi atti a porre la figura umana (quella di Rosy, la protagonista femminile, molto spesso) all'interno degli spazi naturali, liberi e selvaggi.

O pensiamo all'appuntamento amoroso clandestino fra Rosy ed il maggiore, ai dettagli (meravigliosi) della Natura, delle piante, dei fiori, immessi in un Montaggio Parallelo di rara bellezza e forza. Un Amore Naturale e Libero.

Tutto è ingigantito in questo film (e del resto questo avviene un po' in tutti i "kolossal" di David Lean), come a voler porre sotto una lente di ingrandimento (non analitica o "clinica", ma emotiva e poetica) la realtà esteriore ed interiore: gli scontri nazionali e politici, le vicissitudini sentimentali, la crescita interiore, LA PRESA DI CONSAPEVOLEZZA, IN TUTTI I SUOI SENSI.

Molto bello ed interessante, a mio avviso, la resa stessa di Rosy Ryan: un complesso e sfaccettato personaggio femminile, una giovane donna inquieta, alla ricerca spasmodica di emozioni, sentimenti, ma anche di un proprio equilibrio interiore, ricerca che la pone in rotta di collisione con quelle che sono le convenzioni di molti suoi compaesani.

La stessa figura del maggiore è interessante nella sua sofferenza causata dai traumi di guerra, così come interessante è la figura del marito, il maestro, nella sua bontà e delicatezza.

E mai come in questo film, secondo me, David Lean riesce a LIRICIZZARE IL PAESAGGIO, da questo punto di vista "La figlia di Ryan" rappresenta davvero l'acme; un lirismo contenuto entro una struttura dall'andamento epico.

Come ho cercato di spiegare, siamo di fronte ad un film molto articolato, complesso, elaborato e proprio in virtù di tali caratteristiche ci troviamo al cospetto di un'opera cinematografica bella, importante, ed ingiustamente sottovalutata.



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