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L'UOMO LEOPRADO (1943)

1 Luglio 2024


Francesco De Maria



Questo è l'ultimo articolo della trilogia che ho dedicato agli Horror di Jacques Tourneur (1904_1977) prodotti da Val Lewton, e stavolta andrò ad affrontare "L'Uomo Leopardo" uscito l'8 Maggio 1943, forse il film più debole di quelli realizzati da Tourneur ma comunque degno di nota.

La trama del film è semplice, essenziale: una serie di misteriose uccisioni avvengono in concomitanza con una fuga di un leopardo da un nightclub di una città del New Mexico.

In verità il film, come è stato evidenziato da più parti, è un primo tentativo di rappresentazione "realistica" in qualche modo di un serial killer, e già questo è un dato molto importante.

Perchè ne "L'Uomo Leopardo" si incomincia a delineare bene il discorso sul rapporto fra Mito e Realtà, sulla commistione fra Immaginario e Reale.

Questi, a mio avviso, sono punti di forza del film, film che, come ho accennato sopra è forse il più debole non solo di quelli girati da Tourneur, ma il più debole dell'intera serie prodotta da Val Lewton, e non è un caso che lo stesso regista (seppure ingiustamente, secondo me) non apprezzava molto il film, considerandolo fiacco, poco incisivo, poco coeso ed organizzato.

Io credo che si tratti comunque di un film coraggioso che tenta nuove strade rappresentative dell'orrore, proponendo una riflessione parzialmente inedita sul rapporto fra Orrore e Realtà.

C' è da dire che nel corso degli anni, fra le altre cose, il film è stato ampiamente rivalutato dalla critica, che ne ha ravvisato tutta la CAPACITA' DI RESA ATMOSFERICA: in questo infatti, "L'Uomo Leopardo" non fa che proseguire il discorso visivo già dei film precedenti.

A pensarci bene, poi, la stessa scarsa coesione che Tourneur ravvede nel film è secondo me, in verità, un punto di forza: il film vive ANCHE di scene e sequenze APPARENTEMENTE isolate, ma tenute insieme dal filo conduttore del mistero, dell'atmosfera, le quali al contempo assumono una notevole forza iconica e rappresentativa anche considerate isolatamente.

Come se, seppure inconsapevolmente, il regista tentasse di portare avanti un discorso stilistico e narrativo nuovo: una prima frammentazione della linearità narrativa.

Teniamo presente, che due anni prima, nel 1941 era uscito il capolavoro seminale di Orson Welles "Citizen Kane" il quale metteva in discussione la struttura narrativa classica, con l'uso altamente creativo del Flashback; il capolavoro wellesiano esercitò una grandissima influenza su tutta la tendenza Noir e non solo.

Quindi la storia, la trama ne "L'Uomo Leopardo" sono ancora di più un pretesto (anche rispetto agli altri film della serie) perchè davvero tutto si concentra sulla resa atmosferica e sulla costruzione della suspense.

Ovvio che questi aspetti siano solo parziali, trattandosi di un film della metà degli anni Quaranta, quelle caratteristiche oniriche, svincolate dal Logos, dallo stesso Logos Narrativo verranno approfondite in molto Cinema dei decenni successivi.

Forse è proprio questo il punto di svolta rappreentato da "L'Uomo Leopardo" rispetto ai film che lo precedono, per il resto, anche se ovviamente sempre con sfumature e caratteristiche parzialmente diverse il fil prosegue il discorso visivo e luministico degli altri film: l'illuminazione è chiaroscurale, contrastata; anche quest'opera intrattiene legami forti e non scontati con il Film Noir.

Ad ogni modo il film oggi ha acquisito lo status di cult, del tutto meritato, anche se personalmente continuo a preferire altri film della serie.

IL NON DETTO, IL NON VISTO nel film sono fonte di paura, l'orrore viene suggerito, suscitando così paura: e proprio in questo risiede il carattere perturbante del film, inoltre Tourneur prosegue con l'utilizzo inquietante del Sonoro, anche se in maniera meno accentuata che nel precedente film "Ho Camminato con uno Zombi".

Gli stessi spazi (qualora si tratti di spazi aperti) sembrano restringersi nel film: fino a saturarli di un'atmosfera claustrofobica, almeno parzialmente inedita sia rispetto agli altri film della serie, sia rispetto agli orientamenti dell'Horror di quegli anni.

Ed ecco perchè affermo e ribadisco che siamo alle prese con un film coraggioso, innovativo (magari in parte inconsapevolmente, in maniera del tutto non programmatica, ma questo può anche essere un bene) il quale cerca non solo nuove vie al Film Horror e Fantastico in generale (contribuendo insieme agli altri anche agli stilemi Noir) ma anche allo stesso discorso orrorifico e fantastico specifico della serie prodotta da Val Lewton.

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