L'ASSO NELLA MANICA (1951)
11Settembre 2024
Francesco De Maria
Alla grandezza del Cinema Americano, nell'età classica, hanno contribuito molti fuoriusciti Europei (spesso di origine Ebraica) e questo è anche il caso di Billy Wilder (1906-2002), il quale esordisce nella Commedia nei primi anni Quaranta per poi realizzare una serie di Film Noir dal forte impianto drammatico, per poi ritornare alla Commedia: amara, cinica, disincantata, corrosiva, la quale porta in serbo con sè, proprio come il Noir, anche se in modalità diverse umori culturali Europei, senso di decadenza e di morte, "inquietudini" ebraiche, pur non essendo le sue commedie ambientate in un milieu ebraico.
Ho avuto già modo di trattare del Cinema di Billy Wilder su questo mio Blog, ad ogni modo oggi affronterò uno dei suoi film più cupi e disincantati, un'opera la quale si fa anche critica ed atto di accusa contro un intero sistema, vale a dire "L'Asso nella Manica", uscito il 14 Giugno 1951.
Storia di un giornalista cinico e senza scrupoli, Chuck Tatum (interpretato da un sempre bravo Kirk Douglas) il quale viene licenziato dalle testate più importanti americane, finchè trova impiego come giornalista ad Albuquerque, nel New Mexico, ad un certo punto si imbatte in una frana, nella quale un uomo rimane intrappolato, fiutando cinicamente la possibilità di uno scoop, in combutta con lo sceriffo del post fa ritardare i soccorsi, alimentando così la risonanza mediatica dell'evento (tant'è vero che ad un certo punto il tutto diverrà autentico SPETTACOLO con folle di persone che accorrono da tutta la nazione ad assistere).
Epilogo amarissimo, nero: il pover'uomo alla fine muore, i "sogni" di Tatum saranno infranti, e forse per la prima volta si troverà di fronte al proprio cinismo, al proprio vuoto di valori.
Io credo fermamente che questo sia probabilmente il film più critico e duro di quelli girati da Billy Wilder (sempre comunque corrosivi e sottilmente "eversivi"), un film che fornisce una disanima impietosa, quasi disperata, sicuramente disperante della società capitalistica occidentale.
Un atto d'accusa contro il sistema ameriicano, contro il mito del carrierismo, contro la spettacolarizzazione di eventi drammatici.
Perchè nel film la società va a configurarsi ed organizzarsi, pian piano, in una SOCIETA' DELLO SPETTACOLO, + come se Wilder avesse anticipato Guy Debord.
Ma ancor prima del tema della spettacolarizzazione vi è quello del carrierismo (affrontato così brillantemente dallo stesso Wilder in quel capolavoro che è "L'Appartamento", del 1960), del rampantismo, del successo a tutti i costi, tutto questo è emblematizzato da Tatum, ma in filigrana passa anche un discorso più sottile e possibilmente ancora più pervasivo, quindi ancora più inquietante. il giornalismo come FORMA DI POTERE.
Il giornalismo come strumento di manipolazione ed alterazione della realtà in vista di un raggiungimento di determinati fini: lo scoop, il sensazionalismo, e quindi, alla fine lo spettacolo, la spettacolarizzazione degli eventi, con tutto ciò che questo comporta: alienazione, relazioni umane puramente strumentali e ridotti a "cose".
Il film fu poco capito ed apprezzato ed ebbe uno scarso successo di pubblico: troppo urticante, troppo lucido nella sua disamina.
Riguardo, poi, alla classificazione del film, è dibattuta la questione se si tratti o meno di un Noir, io, personalmente faccio un po' fatica a considerare "L'Asso nella Manica" un Noir "tout court", mancano troppi elementi, certo è che, però, se consideriamo quella sottocategoria del Noir che va sotto il nome di Film Gris (una tipologia di Noir declinato socialmente) in qualche modo questo film di Wilder potrebbe rientare, indirettamente, nel "canone" Noir.
Ad ogni modo, come spesso accade alle grandi opere, il film è stato ampiamente rivalutato negli anni successivi, e se ne è capita la portata sia estetica, che culturale e sociale.
Grande importanza secondo me assume il contrasto fra interni claustrofobici e liberi spazi naturali: tale contrasto suggerisce l'idea di un ASSERVIMENTO, DI UN INCATENAMENTO, DI UNA PRIGIONIA (la povera vittima non rimane forse imprigionata a tempo indeterminato?), e la claustrofobia che si respita in molte scene del film concorre nel creare quell'atmosfera cupa che contraddistingue la pellicola.
E tutto sembra davvero girare attorno al denaro, vero e proprio feticcio "diabolico", alienante e reificante, e questo è un altro "topos" del cinema Wilderiano, e mi viene a mente, a tal proposito proprio la brillante e cinica commedia del 1966, "The Fortune Cookie".
Purtroppo questo film non fu apprezzato (ingiustamente) per motivi "giusti": proprio perchè troppo lucido nel suo attacco al potere mediatico, al mito del denaro, alla spettacolarizzazione di tragedie umane, e come è giusto che sia pian piano al film sono stati riconosciuti i suoi grandi meriti che non sono pochi.
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