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KING OF NEW YORK (1990)

  • Francesco De Maria
  • 14 nov
  • Tempo di lettura: 3 min

14 Novembre 2025


Francesco De Maria


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Apro questo mio articolo con un'affermazione apparentemente semplicistica eppure per me profondamente vera: Abel Ferrara (1951) non è solo un grande autore cinematografico, ma anche uno dei realizzatori di universi più dilaniati e tormentati, e io credo che proprio su tali fondamenta si pò affermare con relativa sicurezza che ci troviamo di fronte ad uno dei registi più "morali" ed "etici" non solo del Cinema Americano.

Non facciamoci ingannare dalle apparenze: nell'universo Ferrariano si annidano violenza, crimine, vizi, ma rispondenti sempre ad una sorta di logica morale: perchè il suo Cinema a molto a che fare con la Colpa e la Redenzione, se vogliamo anche con la Grazia.

Ecco, io credo che uno dei film più emblematici della poetica di Abel Ferrara sia proprio questo "King of New York", presentato in anteprima al Festival di Cannes il 19 Maggio 1990, scritto sempre in collaborazione con l'ottimo Nicholas St. John, il quale firma le sceneggiature di molti film appartenenti a tutta la prima fase, o la fase mediana del Cinema di Abel Ferrara,

Il film narra la traiettoria criminale ed esistenziale del boss della droga Frank White (un sempre ottimo Christopher Walken) il quale uscito di prigione, torna nel vecchio quartiere, riprendendo in mano il traffico di droga.

Con i proventi della droga vorrebbe aprire un ospedale per i poveri. Finirà ucciso.

Nuovo film metropolitano, nuovo film New Yorkese, perchè anche in questo caso la Grande Mela non fa solo da sfondo, ma essa stessa è co-protagonista, catalizza le dinamiche, ed assurge a dimensione profonda e simbolica.

Simbolo di degrado, sporcizia e violenza, ma anche luogo che si fa psichico ed esietnziale di ricerca, di conflitto etico e morale, di paradossi.

Perchè il cinema di Ferrara è segnato dal paradosso, e lo stesso "King of New York" è opera cinematografica paradossale.

Tale carattere paradossale ci fa affiancare l'opera fimografica Ferrariana all'opera letteraria Dostoevskijana.

Perchè Frank White è un personaggio dilaniato, paradosso vivente egli stesso, appunto: spietato trafficante di droga che attraverso i proventi "sporchi" vuole aprire un'opera assistenziale e di cura.

Egli non è uomo che accumula, avido di denaro e di potere, in questo universo cupo e dialniato egli usa la violenza, i metodi sporchi, etc. come mezzo: mezzo per la Salvezza, prima di tutto degli altri.

Ma non solo: egli è figura tragica nella misura in cui non riesce a trovare Grazie e Salvezza, e la sua morte sa tanto di auto-sacrificio.

Certo è che attraverso quella morte passa tutto un discorso ed un significato Mitopoietico: Frank White trasfonde nel Mito, nell'Epos.

Altra caratteristica fondamentale, assolutamente da porre in rilevo è la seguente: Frank White, talvolta è malvisto nel proprio stesso ambiente perchè "amico dei neri" (infatti egli ama circondarsi di Afro-Americani). Questo denota il sostrato fortemente etico e morale del personaggio, il suo sentirsi vicino agli esclusi, agli ultimi.

Ed è come se la dimensione Cristologica affiorasse in continuazione nel Cinema di Abel Ferrara, anche in questo film.

Perchè Abel Ferrara è un regista eccessivo e "King of New York" è un'opera eccessiva: l'Alto e il Basso si raccordano, si congiungono, convergono, lo Spirituale si fa (brutalmente) materiale e viceversa.

Questo caratteristica è tipica, io credo, di tutta una tradizione di quello che io denomino Cinema New Yorkese, tantìè vero che la vediamo comparire (ovviamente in modi diversi) anche in certo Cinema di Martin Scorsese, in qualcosa di Sidney Lumet, per citare solo due esempi e tacere di altri.

Lo stesso pallore mortale del protagonista, più volte citato, non indica in modo stringente caratteristiche da "vampiro" (anche se il personaggio presenta questo aspetto e possiamo pensare anche al rimando a "Nosferatu") quanto piuttosto, io credo, ad un Morto Vivente, o meglio ad un Pre-Morto.

Perchè Frank è un uomo dal destino segnato, ma non solo: è un uomo proiettato già, del tutto, in maniera totale e totalizzante in una dimesnione altra, Sacrificale.

Alla fine, in verità, assistiamo alla parabola esistenziale di un magnifico e fascinoso "perdente".

Ecco, io credo che "King of New York" costituisca una pietra miliare del cinema di Abel Ferrara, fulgida opera anticipatrice di quello che forse rimane il suo capolavoro assoluto: "Il Cattivo Tenente".




 
 
 

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