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IL PIANETA DELLE SCIMMIE (1968)

22 Maggio 2023


Francesco De Maria



Franklin Schaffner (1920-1989) è un regista non troppo citato e menzionato, eppure ha al suo attivo alcuni film memorabili ed importanti, che hanno segnato la storia ed il percorso della New Hollywood.

Uno di questi film è proprio "Il Pianeta delle Scimmie", uscito l'8 Febbraio 1968, un film di Fantascienza, si potrebbe dire, ma soprattutto apologo critico sulla società americana, con un occhio particolare rivolto proprio alla situazione sociale, politica, e mi verrebbe da dire anche antropologica della fine degli anni Sessanta.

Film ambientato in un lontano futuro, dove tre astronauti (uno di loro è impersonato da Charlton Heston, nel ruolo di protagonista) atterrano su un pianeta dove le scimmie hanno ridotto in schiavitù gli esseri umani. Il protagonista lotterà con tutte le sue forze per porre fine a quella sorta di regime discriminatorio ed oppressivo, in cui gli esseri umani sono trattati da esseri inferiori, incapaci di linguaggio e di pensiero, e per dimostrare la propria intelligenza come uomo.

L'ultima sequenza, così potente, evocativa, svela per così dire l'ARCANO DEL FILM, IL SUO MISTERO RIPOSTO: su una spiaggia deserta il protagonista si imbatterà nei ruderi della Statua della Libertà: quel pianeta è il pianeta Terra, in quei luoghi un tempo nacquero e si svilupparono gli USA, l'uomo si è auto-distrutto, evidentemente, regredendo e facendo evolvere le scimmie.

Probabilmente l'auto-distruzione, con conseguente decimazione del genere umano, è avvenuta attraverso una guerra nucleare. Ed ecco che il film si fa apologo critico e polemico contro la guerra come mezzo di soluzione di controversie, (ed i rimandi, quindi, alla guerra del VietNam, allora in pieno dispiegamento, non sono affatto casuali), ma anche apologo filosofico contro un ORGANIZZAZIONE SOCIALE MODELLATA E RETTA SULLA VIOLENZA E L'OPPRESSIONE.

Non siamo alle prese con un film che allude solo alla cronaca di quegli anni, ma ad un film che discende negli ABISSI PSICHICI, ANTROPOLOGICI, PSICO-SOCIALI DELL'UOMO E DELL'ORGANIZZAZIONE POLITICA E SOCIALE.

Assistiamo ad un ROVESCIAMENTO DI POSIZIONE, PER COSI' DIRE, QUASI "MECCANICO" CHE MANTIENE FERMI TUTTI GLI EQUILIBRI INSANI DI POTERE ED OPPRESSIONE CHE APPARTENEVANO GIA' ALLA SOCIETA' UMANA.

L'uscita de "Il Pianeta delle Scimmie" precede di appena un paio di mesi l'uscita di un altro caposaldo del Cinema di Fantascienza, vale a dire "2001 Odissea nello Spazio", due film che hanno contribuito a rinnovare strutture e modelli di questo "genere", rivisitato dall'interno.

Il film stesso problematizza la nozione stessa di progresso, il quale molto spesso non porta con sè un miglioramento dei rapporti umani e sociali, ma invero un nuovo, più pervasivo e più insidioso oscurantismo.

C'è un utilizzo molto interessante delle location naturali: il paesaggio è quello desertico, semi-desertico, montuoso del Sud-Ovest degli Stati Uniti, un paesaggio eterno, per così dire: incontamintato, sempre rimasto uguale a se stesso, il quale funge da raccordo quasi straniante fra passato remoto e futuro.

A ben vedere questo raccordo fra i piani temporali (passato-futuro) è proprio quello che sostanzia il film, il suo senso, il suo narrato: un passato che ritorna in veste di futuro, un futuro che è anche passato; il tutto contraddistinto da rapporti sociali violenti ed oppressivi.

Guardando "Il Pianeta delle Scimmie" siamo testimoni anche di una sorta di regressione: questo futuro, appunto, è arcaico, retrivo; le scimmie sono organzzate socialmente in una sorta di Teocrazia.

Il Potere è sempre retto dalla superstizione, dall'irrazionale, dal dogmatismo, cambiano le forme ed i modi, ma la sostanza rimane invariata; forse nel suo senso critico e polemico (ed in questo senso il film si allinea a tutta una tendenza della New Hollywood) in linea con quell'epoca inquieta (la fine degli anni Sessanta, appunto) il film cela, parzialmente, il suo fondo, per così dire "nichilistico", quasi disperaro e disperante (a ben vedere, proprio nell'ultima scena del film non assistiamo ad un disperato sfogo emotivo da parte del protagonista?), dove tutto sembra, nel suo organizzarsi e strutturarsi, rimanere invariato, costante.

Ma proprio in questo carattere altamente problematico, problematizzante (dunque critico), ed inquietante che risiedono la bellezza, il fascino, l'importanza, stettamente cinematografica e culturale di questo film.




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