IL CIELO PUO' ATTENDERE (1943)
2 Gennaio 2023
Francesco De Maria
Si potrebbe considerare "Il Cielo Può Attendere", uscito il 4 Agosto 1943 la summa cinematografica di Ernst Lubitsch (1892-1947), altro esule ebreo europeo alla corte di Hollywood.
Autore di commedie brillanti, sofisticate, ma anche malinconiche ed attraversate da fremiti di morte (ed a causa di tutte queste caratteristiche, Billy Wilder, per molti versi affine considerò sempre Lubitsch un punto di riferimento cinematografico imprenscindibile), Lubitsch fu realizzatore di film amati dal pubblico ed apprezzati dalla critica.
"Il Cielo Può Attendere", che vede protagonisti Don Ameche e Gene Tierney è la storia di un Don Giovanni, di un libertino gaudente ed impenitente che alle soglie dell'inferno si trova a dover ripercorrere ed a sottoporre la propria esistenza al giudizio di "Sua Eccellenza" (vale a dire il Diavolo, interpretato da Laird Cregar), il film si struttura e si organizza così in Flashback, atti a ripercorrere, narrare e rappresentare l'esistenza del protagonista a fianco della fidanzata.
L'ironia, la brillantezza, il sottile e sofisticato cinismo del film risiedono in questo: il protagonista di fronte al Diavolo deve provare la sua fede nell'esistenza dell'Inferno raccontando la storia della propria vita.
Ovviamente nella rappresentazione del Diavolo non è presente niente di terrificante, di spaventoso, il tutto è virato verso i toni di una Commedia libertina, sulfurea, libera e disinvolta.
Il film è attraversato da fremiti mortuari, di malinconia e di perdita, e proprio in questi aspetti risiede il carattere sottilmente critico ed eversivo del film.
Siamo di fronte alla rappresentazione di un'immoralità libera, scanzonata, AMOROSA; ma anche motivata da un senso di finitudine, di morte, di rimpianto, di nostalgia.
La grandezza del film risiede anche nel suo sapersi confrontare con temi alti (Vita, Morte, Amore, etc.) in modo lieve, scanzonato, ed anche in questo risiedeva la grandezza di un regista come Lubitsch oltre che nel cosiddetto "Lubitsch Touch" (quel tocco inconfondibile, elegante lieve e scanzonato).
"Il Cielo può Attendere" è un film sulla transitorietà della vita e della bellezza, ma non solo: anche un INNO AL CARPE DIEM, AL GODERE DELL'ATTIMO, e bene è stato evidenziato di come il film sia un'"apologia dell'effimero".
Lo stesso aspetto cromatico del film (ricordiamo che è il suo primo film girato in Technicolor) concorre nel creare e dare risalto a quell'atmosfera gaudente, transitoria, fuggevole.
Sopra ho accennato allo strutturarsi del film in Flashback: tale organizzazione narrativa fa inscrivere l'opera all'interno di una cornice già in una certa misura "moderna", così come l'ambizione (riuscita) di narrare e rappresentare l'intera vita di un uomo, di più: NARRARE E RAPPRESENTARE L'ESISTENZA NELLA SUA PUREZZA ED ASTRAZIONE.
Nei suoi toni da commedia, il film è alle prese con l'esistenza, con il suo carattere, con il suo mistero.
Teniamo presente che il protagonista rappresenta un modo di essere alternativo a quelli che sono i dettami repressivi della società (ed anche in questo risiede il carattere critico e sottilmente eversivo a cui ho accennato sopra).
Nel suo tocco, nella sua insistenza su alcuni "topoi" "Il Cielo Può Attendere" rappresenta, come ho scritto in apertura dell'articolo, la summa poetica di Lubitsch, ma non solo, il regista morirà di lì a quattro anni, e questo film davvero rappresenta l'ultima sua realizzazione significativa e quindi a buon diritto viene considerato anche il suo testamento spirituale.
Siamo di fronte ad un'opera che RAPPRESENTA VISIVAMENTE AMORE, MORTE, MA NON SOLO. ANCHE IL FASCINO FEMMINILE, e come è stato sottolineato da più parti, nel film è centrale la presenza della Donna, come Altro, sottolineo io, come "oggetto" del desiderio maschile, ma non solo: è stato scritto, in modo molto pertinente, che la Donna, in questo film, assume l'archetipo di Madre e di Morte.
Amore e Morte indissolubilmente legati. Come ho accennato sopra il profilo cromatico del film è altissimo, ma non solo: è anche atto a meravigliare, ad ammaliare, ad incantare.
E le stesse scenografie sono accuratissime, dotate di una notevole eleganza; "Il Cielo Può Attendere" è un film intriso di un'eleganza sconfinata, un'eleganza che è la sua stessa ragion d'essere, il motore dell'opera.
Per tutte queste caratteristiche rimane un film irrinunciabile, una pietra miliare della Storia del Cinema, oltre che indimenticabile testamento cinematografico, estetico e spirituale di uno dei grandi Maestri della Settima Arte.
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