I WESTERN DI MONTE HELLMAN
1 Dicembre 2021
Francesco De Maria
Monte Hellman (1929-2021) è stato uno dei registi indipendenti più coraggiosi ed innovativi mai apparsi nel panorama cinematografico americano, allievo di Roger Corman anche lui (come del resto tutta la nuova leva registica che di lì a qualche anno darà vita alla New Hollywood; Francis Ford Coppola, Peter Bogdanovich, Martin Scorsese, etc.).
Monte Hellman forse risulta essere il regista più anomalo ed appartato del "gruppo", un regista, arduo, ostico, difficile.
I film di cui andrò a trattare sono due western, vale a dire "La Sparatoria" presentato in anteprima al festival di Pesaro il 2 Giugno 1966 e "Ride in the Whirlwind" presentato in anteprima al festival di San Francisco il 22 Ottobre 1966.
Entrambi i film vedono come co-protagonista (e produttore) Jack Nicholson, destinato a diventare una delle icone recitative della New Hollywood.
I due film furono girati più o meno in contemporanea, e negli stessi luoghi (il deserto dello Utah). "La Sparatoria" è un film apparentemente semplice, in realtà molto complesso, ambiguo, stratificato e fortemente enigmatico: il minatore Willet Gashade (interpretato da Warren Oates) viene a sapere che il fratello ed un amico sono scomparsi, decide di mettersi sulle loro tracce, verrà accompagnato da una misteriosa ragazza chiamata semplicemente "La Donna" (Milie Perkins), senza sapere che sulle sue tracce c'è anche uno spietato killer (Jack Nicholson). Tutto finirà in una enigmatica e quasi inspiegabile sparatoria.
Il film fu definito alla sua uscita un western beckettiano, quindi un western metafisico, un western dell'assurdo, dove viene raffigurata una lunga "quest" che finisce con una misteriosa sparatoria. La stessa figura femminile chiamata con un generico, astratto, metafisico "La Donna" assurge a figura strana, misteriosa, ostile, quasi come una sacerdotessa della morte.
Willet Gashade è un uomo in lotta contro il Fato, ma anche un uomo che si trova a fronteggiare il mistero insondabile dell'esistenza, e della morte.
Tutto questo Hellman lo fa realizzando un western, il quale probabilmente supera ancora di più quelle che erano le coordinate culturali ed estetiche del cosiddetto Sur Western (ovverosia "western adulto") muovendosi in territori cinematografici e filosofici del tutto inesplorati.
Quindi un film che riattinge (magari inconsapevolmente) alla tradizione del Teatro dell'Assurdo di beckettiana memoria. Il film, a ben vedere converge con molti dei parametri di tale orientamento drammaturgico, a cominciare proprio dalla dissoluzione della forma (nel nostro caso cinematografica), tradizionale.
Gli stessi dialoghi del film sono apparentemente banali, talora incongrui, per così dire. Non dicono, quanto piuttosto si lasciano dire.
Forse non si era mai vista una destrutturazione degli stilemi del Film Western così radicale. Hellman RALLENTA IL WESTERN, LO DESTRUTTURA, LO CONTEMPLA, "ESISTENZIALIZZANDO" LE SUE BASI E FORME PIU' TIPICHE. LO SPOSTAMENTO, LA QUEST, IL CONFRONTO CON LA NATURA SELVAGGIA, LA SPARATORIA. Tra le altre cose, come è stato già evidenziato, assistiamo alla visione del film ad una sorta di astratta e metafisica sospensione del tempo.
"Ride in the Whirlwind" forse è meno estremo nei suoi assunti di base e nella sua organizzazione, dove vediamo tre cow-boy trovare rifugio nella capanna di un uomo e della di lui figlia il quale è a capo di un gruppo di banditi. La casa verrà presa d'assedio da un gruppo di vigilantes, i tre dovranno mettersi in salvo.
Come si può intuire, "Ride in the Whirlwind" è un film in una certa misura più tradizionale, che nel suo dipanarsi narrativo riattinge alla tradizione del western classico (la stessa casa presa di assedio è un topos western).
In questo film, rispetto al precedente è presente più azione, si tratta di un film almeno apparentemente meno contemplativo, meno meditativo, però a ben vedere assistiamo ad uno svuotamento dell'azione, dei tempi. In "Ride in the Whirlwind" a farla da padrone sono i cosiddetti tempi morti. Mentre nel primo film è il genere stesso ad essere destrutturato, in quest'ultimo viene svuotata di senso proprio l'azione, riuscendo in tal modo a creare progressivamente, nel corso del film un'atmosfera rarefatta e sospesa.
Un ultimo importante appunto da fare: questi due film non sono semplicemente opere esistenziali, o meglio ancora esistenzialiste, ma ancor di più opere META-CINEMATOGRAFICHE, atte a destrutturare le strutture di genere o anche una caratteristica più specifica (l'azione, appunto), una riflessione western sul western. Questo è un dato molto importante che concorre a rendere questi due film opere complesse, sfuggenti ed enigmatiche.
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