I MAGNIFICI SETTE (1960)
22 Marzo 2023
Francesco De Maria
A mio avviso il regista John Sturges (1910-1992) ha subito una sorte critica parzialmente ingiusta, relegato spesso e volentieri fra i puri e semplici artigiani del Cinema Americano Classico, quando invece trattasi di un regista che ha intrapreso una propria strada mostrando anche una propria visione del Cinema e del mondo.
Quello che possiamo affermare è che non ci troviamo di fronte, magari, ad uno di quegli autori con la "a" maiuscola, ma siamo comunque alle prese con un autore che si posiziona in una zona più "mediana", ma che ha realizzato film belli, importanti e dotati di un loro rigore e di una loro profondità.
Non fa eccezione, anzi costituisce un fulgido esempio di tutto questo proprio "I Magnifici Sette", uscito il 12 Ottobre 1960.
Io guardo a John Sturges prima di tutto come un REGISTA DELLO SPAZIO FILMICO, UN ABILE E PROFONDO RI-CREATORE DELLO SPAZIO, MOSTRANDO UNA NOTEVOLE CAPACITA' DI PORRE LE FIGURE UMANE ALL'INTERNO DELLO SPAZIO, DI FARLE INTERAGIRE, O SCONTRARE, FRA LORO.
Un regista del movimento e del conflitto, si potrebbe affermare.
"I Magnifici Sette" è un Western, dalla struttura solida, un Western Classico, uno degli ultimi esempi del classicismo nel genere, se solo pensiamo che proprio in quel principio degli anni Sessanta prende sempre più piede il Western Revisionista (tendenza già manifestatasi durante il corso degli anni Quaranta, comunque) fino a confluire nel grande fiume della New Hollywood, dal 1967 in avanti.
Si tratta di un remake de "I Sette Samurai" di Akira Kurosawa, del 1954, un remake tra l'altro molto amato dal maestro nipponico, il quale elogiò questo film, segno di stima che fu motivo di orgoglio per John Sturges.
La trama è semplice e lineare: sette provetti pistoleri vengono assoldati dai contadini di un villaggio messicano per sconfiggere un gruppo di banditi il quale compie periodicamente incursioni e razzie sottraendo agli abitanti tutto il raccolto ed i frutti del loro duro lavoro.
Alla fine del film i banditi verranno sconfitti, i sette pistoleri se ne andranno, ma solo dopo aver ripristinato armonia, giustizia ed ordine.
Il capo dei banditi è impersonato da un sempre ottimo Eli Wallach, fra i pistoleri compaiono gli attori Yul Brynner, Charles Bronson, James Coburn, Steve McQueen, fra gli altri.
La "dimensione spaziale", per così dire, si manifesta pienamente in tutte le sequenze finali degli scontri fra pistoleri ed uomini del villaggio da un lato e banditi dall'altro, con un montaggio eloquente, rigoroso, efficace, "ritmico". Manifestazione evidente della sapienza registica di Sturges, e della sua autorialità.
E "I Magnifici Sette" sta lì, all'inizio degli anni Sessanta a portare avanti lo stendardo del Classicismo, punto fermo e morente rispetto al nuovo corso montante sempre più revisionista, sempre più non-narrativo, sempre più non lineare.
"I Magnifici Sette" è film caratterizzato da linearità narrativa, da una trama semplice, e soprattutto da una CONTRAPPOSIZIONE NETTA ED ICONICA, FIGURATIVA, ANCHE, FRA BUONI E CATTIVI, O MEGLIO: FRA GIUSTI ED INGIUSTI.
A ben vedere i pistoleri prima ancora che "i buoni" rappresentano "i giusti", uomini forti, che soccorrono chi è in difficoltà. Il discorso classico, o classicista trapela bene dalla caratterizzazione netta e dicotomica fra le due realtà: dei pistoleri e dei banditi.
John Sturges con questo film mette a punto, nel 1960 (e ripeto, la data in questo caso assume un'importanza particolare) tutte le coordinate del Western Classico, giungendo a costituirne una sorta di "summa".
Film pienamente classico che però suggerisce, sottotraccia, qualche dubbio, qualche frattura, anche se a mio avviso il tutto viene ricomposto nel finale. Ecco perchè il film rimane solidamente classico, nonostante tutto, nonostante da parte di qualche studioso sono state evidenziate quelle "increspature" che pur ci sono, è vero, ma poggiano su una struttura classica, indelebile, ineliminabile.
Ed infatti qualche studioso si è spinto a definire il film come un anello di congiunzione fra Western Classico e Western Revisionista, che a mio avviso costituisce comunque un'esagerazione, ma certamente non un Western Revisionista "tout court".
Lo stesso eroismo di fondo di cui la vicenda è intrisa, dona al film, al suo strutturarsi, tutta la sua classicità, questo secondo me un dato molto importante e da tenere sempre presente per valutare l'orientamento dell'opera.
Un'opera cinematografica, ad ogni modo, bella, importante, una vera e propria pietra miliare del Film Western.
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