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HENRY PORTRAIT OF A SERIAL KILLER

1 Novembre 2023


Francesco De Maria




Anche il Cinema Americano non è solo Hollywood, in quanto si è sempre ramificato in più rivoli produttivi, distributivi e realizzativi, connotandosi anche in modo "localista", un esempio di tutto questo è costituito dal regista John McNaughton (1950) e dai suoi film realizzati ed ambientati a Chicago, e questo "Henry Portrait of a Serial Killer", presentato in anteprima al Chicago International Film Festival il 24 Settembre 1986 ne è un esempio lampante.

Si tratta di un film a basso costo, libero: e proprio per questo, data la tematica, disturbante, di un realismo a tratti esasperato (e comunque sappiamo bene che la nozione di "realismo" applicata a tutte le Arti e dunque anche al Cinema è sempre problematica), liberamente ispirato alla vita di un vero serial killer, Henry Lee Lucas.

L'attore Michael Rooker dimostra tutta la sua bravura nel ruolo del serial killer, tutta la sua capacità di mimesi. la trama del film è semplice, addirittura scarna: Henry è un serial killer itinerante che ritorna a Chicago, in questa città reincontra Otis, un vecchio amico, il quale incomincerà a compiere una serie di omicidi insieme ad Henry, quest'ultimo conosce anche la sorella di Otis, la quale si invaghirà di lui. Epilogo cupo, funesto.

Come ho scritto sopra si tratta di un film estremamente "realista", anti-spettacolare: la violenza non è per nulla spettacolarizzata od estetizzata, ma è tutta là: brutale e disturbante, guardando il film sembra di assistere quasi ad una RAPPRESENTAZIONE FREDDAMENTE CLINICA DEL SERIAL KILLER: pensiamo solo al titolo, così secco; Henry, ritratto di un serial killer.

E' come se il regista volesse condurci nella mente, nell'interiorità del serial killer, il quale, nonostante alcune stranezze, sembra essere una persona comune. Ma il film è percorso da un fondo oscuro di disperazione, enfatizzato ancor più da uno stile fotografico quasi "neutro" e da un clima plumbeo.

Quindi inserire questo film all'interno della categoria Slasher mi pare un tantino forzato: lo Slasher Film (pensiamo a molti film degli anni Settanta ed Ottanta di Wes Craven, Tobe Hooper, John Carpenter) restituivano una resa estetica della violenza omicidiaria, ed erano film che spesso e volentieri trasfiguravano nell'incubo o addirittura nei territori onirici (e pensiamo, appunto, al caso di Wes Craven).

Anche per "Henry Portrait of a Serial Killer", se vogliamo, possiamo parlare di un incubo: ma di un incubo "grigio", quotidiano, "realistico", "dimesso".

Questo tono dimesso viene raggiunto anche attraverso l'uso della pellicola a 16mm conferendo all'intero film quel carattere disturbante nel suo grigiore quotidiano.

Ecco, forse un elemento che mi colpisce molto durante la visione di questo film è la rappresentazione della DIMENSIONE QUOTIDIANA CONTINUAMENTE INTRECCIATA ALLA DIMENSIONE DELL'ORRORE, DELL'OMICIDIO, DELLA MORTE VIOLENTA.

Non si tratta, ovviamente, del'unico film che mette in comunicazione diretta quelle due dimensioni, tutt'altro, ma diciamo che in questo film quell'assunto viene radicalizzato, come a voler fornire la rappresentazione di un ORRORE QUOTIDIANO, DELL'ORRORE DELLA QUOTIDIANITA'.

Studiando questo film ho notato di come da più parti (sopratutto in America) alcuni critici affiancarono "Henry Portrait of a Serial Killer", in qualche modo, all'opera di John Cassavetes. Ora, Cassavetes è uno di quei registi inarrivabili, ovviamente, ma l'accostamento è molto interessante. Proprio per le caratteristiche che ho già messo in luce: una certa attenzione alla dimensione quotidiana, ma non solo: sembra davvero che a volte McNaughton proprio come Cassavetes voglia far fluire gli eventi davanti alla cinepresa, come a voler simulare il ruolo di testimone.

In più è molto interessante la contestualizzazione che il regista opera: i tre personaggi del film provengono da famiglie altamente disfunzionali, in tal modo si mostra il contesto, si suggerisce un passato fatto di dolore e sofferenza, dolore e sofferenza che talora partoriscono "mostri", come Henry (ed Otis).

Una violenza causata dalla sofferenza, e dall'assenza. di senso e rispetto per la vita, di emozioni profonde, di valori. la violenza in questo film si configura come mancanza, come "nihil".

Ma tutto questo non rende "Henry Portrait of a Serial Killer" un film nichilista (come talvolta è stato scritto), ma proprio l'opposto: un film sulla disperazione, sul vuoto, sulla violenza omicida, sulle sue radici: un film che si fa disamina di quella dimensione disperata e violenta, e proprio per questo un film valido, bello, importante.






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