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GERMANIA ANNO ZERO (1948)

2 Agosto 2024


Francesco De Maria



Il cinema di Roberto Rossellini (1906-1977) è inquieto, problematico, sfuggente, fluido. è stato molto spesso (ed in buona parte con cognizione di causa) incasellato nella nozione di Neorealismo, ma è (anche) molto di più. Un cinema che approda sulle sponde di lidi esistenzialisti e spiritualisti per trasformarsi poi, negli ultimi anni, in cinema televisivo didattico, ma dal grande respiro, di grande portata estetica e culturale.

Ecco, "Germania Anno Zero"presentato in anteprima al festival di Locarno il 9 Luglio 1948 a mio avviso fa un po' da tratto di unione fra la fase propria mente Neorealista (quindi quella di "Roma Città Aperta" e "Paisà") e quella esistenziale, spiritualmente tormentata, della cosiddetta "trilogia della solitudine" della prima metà degli anni Cinquanta, con film come "Stromboli", "Europa 51", "Viaggio in Italia".

"Germania Anno Zero" rimane un film pienamente Neorealista, intendiamoci, ma con lo sguardo già rivolto in avanti.

Il film è ambientato nella Berlino distrutta, subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, e vede protagonista la stessa povertà. di una città distrutta, di un'intera nazione distrutta.

Al centro vi è Edmund, un bambino, e della sua lotta per la sopravvivenza, l'incontro, nel prosieguo del film con l'ex maestro (nazista epedofilo) farà compiere ad Edmund un gesto tremendo (pur se paradossalmente eseguito innocentemente): quello di sopprimere il padre malato di cuore. Il film si chiude con il suicidio del bambino, posto, ipocritamente di fronte alla propria colpa proprio dallo stesso maestro.

Il film è indubitabilmente Neorealista per l'utlizzo quasi totale di attori non professionisti.

Ma non solo: con questo film Rossellini prosegue il suo discorso cinematografico "veritativo", di ricerca della verità, di RESA DEL VERO: egli ebbe a dichiarare una volta: "il realismo non è altro che la forma artistica della verità" come ho asserito spesso la nozione di realismo, in tutte le arti, e a maggior ragione nel Cinema (proprio per il suo carattere apparentemente intrinsecamente "realistico") è assai problematica esfuggente, ma non importa, ai fini di una comprensione del Neorealismo e degli intenti programmatici di Rossellini.

Tale resa del vero la si nota benissimo anche nella mancanza di una sceneggiatura, di dialoghi preparati: molti dei dialoghi sono infatti davvero improvvisati, questo approccio realistico si amplia a tutta la realtà rappresentata: di una nazione distrutta nella quale si può ancora ascoltare (come accade in una sequenza del film) attraverso un registartore la voce di Adolf Hitler. PRESENZA FANTASMATICA LA QUALE SEMBRA AGGIRARSI FRA LE ROVINE DELLA CITTA'.

Il film è innegabilmente Neorealista per tutti questi aspetti. altri aspetti rendono tale definizione più problematica, se solo pensiamo che il film è davvero girato a Berlino, ma in molte scene sono usati dei fondali, così come lo stesso carattere "melodrammatico" (ma il virgolettato è assai significativo) fa parzialmente deviare il film dal perimeytro più propriamente Neorealista.

Tant'è vero che alcuni critici tacciarono il film addirittura di "irrealismo". Tutto questo è a dir poco esagerato, ma significativo: nel loro errore interpretativo colsero comunque un'eccentricità di "Germania Anno Zero": una sua maggiore indefinibilità, un carattere più inquieto, problematico ed inafferabile.

Rispetto agli altri due film della cosiddetta "trilogia della guerra" ha un carattere ancora più composito, perchè il film dialoga costantemente con quella tendenza cinematografica tutta Tedesca (e spesso Tedesca orientale, di quella che si chiamava allora DDR, basti pensare al primo film del ciclo, lo stupendo "Gli Assassini Sono tra Noi" di Wolfgang Staudte, del 1946) denominata "Trummerfilm"vale a dire "Film di rovine" film appunto di impianto realistico i quali descrivevano in maniera forte ed incisiva (talora con vaghe trasfigurazioni semi-espressionistiche) le condizioni di vita della popolazione nelle città tedesche bombardate ed in rovina subito dopo la fine della guerra.

Ecco, in alcuni casi lo stesso "Germania Anno Zero" viene inserito all'interno del ciclo.

Ma non solo: "Germania Anno Zero" è un film che guarda avanti, è già Cinema di Poesia, libero: svincolato dalla rappresentazione causa-effetto: pensiamo solo alle bellissime sequenze del pregrinare di Edmund fra le macerie: la linearità narrativa si spezza, così come il legame causa-effetto, diventano sequenze pregnanti, auto-conclusive, libere, svincolate: o alla sequenza del gioco di Edmund, stesso discorso: questa sequenza è bellissima anche perchè ci mostra un disperaro ritorno dell'innocenza infantile prima del suicidio.

Io non esito a definire "Germania Anno Zero" un capolavoro: un capolavoro, talora, soprattutto alla sua uscita, poco compreso.


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