DONNE SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI (1988)
- Francesco De Maria
- 1 ott
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1 Ottobre 2025
Francesco De Maria

Pur non trattando molto spesso del cinema di Pedro Almodovar (1949) lo considero senz'altro uno dei cineasti Spagnoli più importanti non solo di questi ultimi decenni, ma del Cinema Spagnolo "tout court".
Ho trattato anni fa, ad esempio di un suo bel film del 1984 "Ma Che Ho Fatto Io Per Meritare Questo?", secondo me uno dei suoi risultati di punta della sua prima fase registica, anzi forse il capolavoro dela sua prima fase, adesso passo a "Donne sull'Orlo di una Crisi di Nervi", uscito il 14 Marzo 1988, forse il film che apre la sua seconda fase, quella che inizia registicamente a maturare ed a mettere a punto, in maniera più coordinata, tutta la sua poetica "eccessiva" programmaticamente "kitsch", che pian piano si contamina sempre di più con la forma Melodrammatica (ed in questo senso penso prima di tutto all'ovvio esempio costituito da "Tutto su mia Madre", del 1999).
Film sulle donne (ma quasi sempre il Cinema Almodovariano è un Cinema sul Femminile): su donne in crisi, combattive, fra loro solidali, ma anche rivali, talvolta (pensiamo al personaggio folle di Lucia), le quali gestiscono tutti gli aspetti problematici della vita con grande istintiva sapienza, a cominciare appunto dalle relazioni sentimentali.
Perchè questo è anche un film sulla relazione sentimentale (attenzione al singolare), alla sua problematicità, con la donna quasi sempre più brava dell'uomo nel saperla gestire, nel viverla autenticamente.
La protagonista è la doppiatrice cinematografica Pepa (interpretata da una sempre efficace Carmen Maura, vero e proprio volto di tutta la prima fase Almodovariana) abbandonata dal suo compagno Ivan. Descritto in breve così, il film può apparire un Dramma, siamo invece alle prese con una Commedia (Almodovar ha sempre e solo girato Commedie o Melodrammi), ed io credo fermamnte che "Donne sull'Orlo di Una Crisi di Nervi" sia un'opera fondamentale proprio in quanto fertile terreno di incontro, di mescolanza fra la Forma della Commedia e la Forma del Melodramma: sì, è vero che questo accadeva in qualche modo già nei suoi film precedenti, ma solo in questo film del 1988 a mio avviso tale mescolanza è del tutto compiuta e risolta, preannunciando la fase più propriamente Melodrammatica (e con tocchi da Commedia) degli anni Novanta.
Il film trasuda una sorta di gioia esistenziale: la quale si muove contro tutte le difficoltà, le asperità; gioia che si rafforza proprio attraverso quella solidarietà femminile di cui parlavo sopra, ma non solo: accanto a questa gioia (nonostante il dolore, e che anzi prende forza anche a causa del dolore, della tristezza), vi è anche il gusto per l'eccesso e per il bizzarro: Almodovar è sempre un regsita sopra le righe e in questo film lo è ancora di più.
La gioia che trae linfa vitale dal dolore, dicevo: questo è un tratto tipicamente Almodovariano, un qualcosa che nasce dal suo contrario, il contrario che instancabilmente si rovescia, si ribalta, nel proprio opposto.
In questo film Almodovar (ma questa è sempre stata la sua forza) fa apparire verosimile e plausibile circostanze ai limiti dell' Assurdo: ed ecco perchè credo fermmante che in molto suo Cinema, scorra, magari in maniera sotterranea un certo spirito surreale, per non dire Surrealista.
Lo stesso umorismo, nel film, è di tonalità Dark, se vogliamo, ma d'altronde tutta una tradizione culturale Spagnola (letteraria, pittorica, ed infine cinematografica) ci ha abituati a questo, si parla infatti di "Humor Negro".
Almodovar riattinge ampiamente a tutta quella tradizione.
Certo, le tonalità da Commedia non sono solo "nere", al contempo sono anche "assurde" e il film stesso, in alcuni momenti assume anche tonalità da farsa, da commedia degli equivoci.
Inoltre con questo film Almodovar mostra forse per la prima volta in maniera risolta e assoluta tutta la sua sapienza Cinefila, se solo pensiamo che in apertura di film Pepa sta doppiando un Western anomalo, eccessivo e melodrammatico come "Johnny Guitar", di Nicholas Ray.
Un film che potremmo definire "femminista" ( pensiamo solo a uno dei personaggi principali, la tenutaria del saloon, Vienna, interpretata da Joan Crawford) donna forte, combattiva, di grande passionalità e coraggio.
Ecco: attraverso quella citazione (perchè di questo si tratta) Almodovar incorpora lo spirito del film, personalizzandolo e rifiltrandolo.
Pura operazione cinefila, in un film bello, importante e notevole come questo.


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