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DON CESARE DI BAZAN (1942)

23 Dicembre 2022


Francesco De Maria



"Don Cesare di Bazan", uscito il 4 Ottobre 1942 è il film di esordio di Riccardo Freda (1909-1999). Le vicissitudini critiche del regista sono state piuttosto ingiuste, se solo pensiamo che da un lato fu solo parzialmente apprezzato dalla critica (così paludata in Italia, caso diverso quella francese)e comunque sostanzialmente sottovalutato, non comprendendo appieno la portata culturale ed estetica del suo cinema, dall'altro è stato poco considerato anche da una giovane, più disinvolta e spregiudicata critica italiana, la quale ha sempre preferito la rivalutazione (pur meritevole) di altri registi del cosiddetto cinema di genere italiano.

Il film è ascrivibile sostanzialmente al genere "Cappa e Spada" il quale vede protagonista Gino Cervi nella parte di un coraggioso ed intrepido spadaccino il quale verrà coinvolto in una serie di intrighi, anche amorosi.

Già in questo suo film di esordio Freda mostra il suo rigore di autore cinematografico, il suo PROGETTO REGISTICO FORTE; non solo sotto il profilo della messa in scena, ma anche sotto il profilo della ricerca culturale ed estetica: "Don Cesare di Bazan" è già un film maturo, risolto e che, cosa importante, mostra tutte le sue radici, sia ad un Cinema avventuroso ed immaginifico che alla Letteratura d'Appendice ottocentesca.

Diciamo che Freda si muove in contro-tendenza rispetto a quelli che sono gli orientamenti che di lì a poco, fra inizio e metà anni Quaranta prenderanno piede nel cinema Italiano, vale a dire il Neo-Realismo ma anche il Cinema Calligrafista (con il quale il cinema di Freda intrattiene comunque più rapporti).

Da un lato la ricerca spasmodica di una resa della Realtà, dall'altro un cinema attento di notevole eleganza figurativa, attento ai pittoricismi e ad una ricerca scenografica non indifferente.

Ecco, rispetto a queste due polarità un film come "Don Cesare di Bazan" risulta essere anomalo, perchè, pur sfoggiando grande eleganza ed una certa ricercatezza visiva è un film, che, come ho scritto sopra si muove in modo del tutto autonomo rispetto a qualunque orientamento o parametro.

Siamo alle prese con un FILM D'APPENDICE, nel senso migliore e pieno del termine. Un film non solo dall'eleganza figurativa, come ho scritto, ma anche dotato di ELEGANZA DI RITMO, DI COLPI DI SCENA, DI MOMENTI IMMAGINIFICI, DI RIPROPOSIZIONE DI ARCHETIPI IN FUNZIONE DI ATTANTI.

Freda lungo tutta la sua carriera registica ha perseguito l'idea di un cinema che dialogasse direttamente con la tradizione letteraria ottocentesca, con gli archetipi narrativi, con il Mito, con le leggende.

"Don Cesare di Bazan" è già una realizzazione compiuta ed ampiamente risolta di quel proposito, e proprio in questo senso si configura già come "film d'autore" anche se prodotto di un'autorialità eccentrica, almeno rispetto ai parametri del cinema Italiano. E proprio in questo senso, in apertura di articolo, parlavo di progetto registico forte da parte di Freda.

Io credo che il termine "immaginifico" denoti bene questo film e moltissimo cinema di Freda, il quale dichiarò di rifiutare un cinema che egli definì "borghese" (quindi accademico, lontano dalle radici popolari, freddo) riattingendo alla lezione dei grandi Americani come Griffith e Ford, ed alla tradizione para-espressionistica Tedesca, VISIONARIA, di Murnau e Lang.

Da un lato, dunque, grandi narratori popolari, dal forte afflato visivo, promotori di un cinema alto e colto (Griffith in primis, ma lo stesso Ford, in tutta la sua complessità) dall'altro registi realizzatori di un Cinema visionario, immaginifico appunto, memore della cultura popolare (pensiamo soprattutto al primo Lang, quello Muto ed a come dialoga con la letteratura popolare) ma anche al "Nosferatu" di Murnau.

Riccardo Freda in "Don Cesare di Bazan" personalizza tutte queste lezioni. Il carattere immaginifico, quasi visionario di alcune scene, si accompagna ad un RITMO VISIVO E NARRATIVO DI NOTEVOLE FORZA, MA NON SOLO. ANCHE AD UN SENSO DELLO SPETTACOLO.

Spettacolo visto come articolazione di un discorso culturale attento alla dimensione ed alle radici popolari (connotate in senso culturale e programmatico).

Proprio per tutto questo, "Don Cesare di Bazan" è gia un film compiuto, ed autoriale nella sua programmaticità, ma non solo, siamo alle prese con un film notevole anche per il suo taglio visivo, ritmico e spettacolare.




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