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CANICOLA (2001)

22 Dicembre 2023


Francesco De Maria




Il cinema Austriaco ci ha abituato ad opere spiazzanti, ostiche, spesso disperate e disperanti, e non mi riferisco solo al caso internazionale Michael Haneke con i suoi film impietosi, agghiaccianti nella loro rappresentazione clinica e fredda del Male o della devianza, ma anche ad un regista che si pone in posizione più appartata ma non per questo meno emblematica di tutta quella tendenza del cinema Austriaco e mi sto riferendo al caso di Ulrich Seidl (1952) ed al suo "Canicola" presentato in anteprima al festival di Venezia il 3 Settembre 2001.

Ciò che rende disturbante un film come "Canicola" è quello sguardo apparentemente freddo, atto a scrutare gli abissi dell'animo umano, le devianze, l'incomunicabilità, la solitudine, la sensazione di vuoto, gli abusi (all'interno della coppia e non solo).

Ed è sicuramente vero, come è stato molte volte scritto, che Seidl ci propone un cinema di tipo semi-documentaristico, proprio perchè ci vuole restituire un immagine documentaristica della realtà: la realtà viene dissezionata clinicamente (ed in questo, insisto, ricorda il cinema di Haneke) e restituita nella sua FREDDEZZA, FREDDEZZA CHE SOSTANZIA LE RELAZIONI UMANE.

Seidl inizia la sua carriera cinematografica proprio come regista di documentari, viene da pensare che il suo Cinema "narrativo" sia una prosecuzione diretta e logica, un'articolazione del documentario.

In "Canicola", a mio avviso, la stessa periferia di Vienna è co-protagonista del film, fa nucleo alle storie che si dipanano di solitudine, abusi, violenza, incomunicabilità.

E credo fermamente che sia proprio la solitudine, in tutta la sua pregnanza esistenziale, filosofica, psicologica ad essere il comune denominatore (magari talvolta riposto, nascosto fra le pieghe del racconto) delle vicende rappresentate.

E siamo alle prese con un film freddamente clinico sulla freddezza, come ho accennato sopra: perchè la freddezza sempre regolare le relazioni inter-personali nel film: l'altro non viene sentito, percepito, ma molto spesso strumentalizzato o abusato: ci troviamo di fronte a persone che sono monadi chiuse in sè.

E proprio in questo risiede il carattere disturbante del film, nella rappresentazione fredda della freddezza, ma a ben vedere tale carattere disturbante è la forza stessa di "Canicola", che in questo modo ci dona tutta la sua forza critica, polemica.

Perchè in virtù di quel tipo di rappresentazione Seidl ci fornisce il ritratto straniante (mi verrebbe da dire Brechtiano) di una umanità alla deriva: morale, emotiva, psichica, sociale, ma rendendoci non partecipi, bensì distaccati, spettatori in un modo razionale, distaccato, critico, riflessivo.

Gli stessi attori utilizzati (a parte rari casi) sono attori non professionisti, proprio come a voler rendere più visibile il quoziente "realistico" del film.

Seidl non fa sconti a nessuno, la sua visione della società austriaca, ma non solo, la sua visione del mondo e del Cinema è del tutto aliena da compromessi o da facili concessioni a certe aspettative spettatoriali.

Prima ho parlato di un'umanità alla deriva, ma non solo: la cifra esistenziale all'interno del film è centrale ed è segnata dalla disperazione, anche nel suo senso più letterale: i personaggi che popolano il film sono "privi di speranza", monadi cieche, che si muovono per puri impulsi (spesso il bisogno spasmodico egositico e disfunzionale di un'altra persona, da abusare, strumentalizzare), i personaggi fra di loro non comunicano, non "si vedono" davvero.

Tutto è stagnante, fermo, bloccato, ripetitivo nella sua ciclicità. Tutto si ripete. Oltre alla freddezza clinica il film si fa notare anche per alcune sequenze che sembrano davvero improvvisate (a detta di qualcuno vi è vera e propria improvvisazione) riuscendo in tal modo a creare una illusione di realtà ancora più forte, aumentando così la sensazione di disagio nello spettatore.

La vita (disperata e disperante) di questi personaggi sembra davvero SCORRERE SOTTO I NOSTRI OCCHI. Ma tale immediatezza viene mediata dallo sguardo analitico e straniante di Seidl e proprio in questa congiunzione dei due piani risiede secondo me la maggiore forza ed il maggior valore del film.

Lo stile di Seidl vuoi anche per il suo approccio semi-documentaristico è essenziale, rigoroso, geometrico, se vogliamo, molte inquadrature sono fisse ed in questo mi ricordano un po' il cinema di Kubrick (anche per lo stesso uso delle simmetrie).

Io credo che si possa parlare di "Canicola" come di un film bello, importante proprio per il suo carattere critico e disturbante, come ho tentato di mostrare in questo mio articolo.







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