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BEETLEJUICE (1988)

  • Francesco De Maria
  • 15 ott
  • Tempo di lettura: 3 min

15 Ottobre 2025


Francesco De Maria


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Il cinema di Tim Burton (1958) è assai singolare, unico, azzarderei a dire nel panorama cinematografico mondiale, un cinema di confine, in tutti i sensi: molti dei suoi film, fra i quali questo "Beetlejuice", uscito il 26 Marzo 1988, si situano fra la Dark Comedy, l'Horror ed il racconto fiabesco vero e proprio.

Film su una coppia di giovani sposi (lui è Alec Baldwin, lei Geena Davis) i quali muoiono in un incidente stradale e come fantasmi non vogliono abbandonare la loro casa ai nuovi inquilini, cercando in tutti modi di spaventarli (rivolgendosi appunto a Beetlejuice, il "bio-esorcista") e farli fuggire. Il film vede il semi-esordio di una giovanissima Winona Ryder, nelle parti della nuova inquilina, adolescente Dark e Goth.

Quello che colpisce di "Beetlejuice" è intanto la notevole maturità poetica e stilistica: nel senso cioè che il giovane Tim Burton mostra di possedere già le idee chiare sul proprio cinema, realizzando un film già significativo e "tipico" di tutto il suo stile a venire.

Forse il termine che meglio descrive questo film è "bizzarro": proprio in virtù del fatto che la logica nell'universo Burtoniano scompare, cedendo il passo al Fantastico, al Fiabesco.

C'è da dire, poi, che in "Beetlejuice" la casa si fa non solo essa stessa spazio psichico ed universo parallelo, ma al contempo con la sua stessa presenza isolata ed incombente si fa accostamento surreale rispetto alla dimensione reale.

La casa dei Maitland (poi fantasmi) e abitata in seguito dalla famiglia Deetz ha un aspetto che rimanda a significati e sensazioni del tutto obliqui e paralleli al quotidiano, richiamando pienamente in vita la categoria del Fiabesco.

E questo non accade solo in "Beetlejuice", è un tratto tipico di molto cinema di Tim Burton.

Tale categoria di "bizzarro" si compenetra, in una maniera molto riuscita non solo con il Fiabesco, ma con la Dark Comedy e con l'Horror.

Un Horror si badi bene, già di per sè abbastanza lieve e scanzonato, che non si prende troppo sul serio. Infatti "Beetlejuice" è attraversato da una ironia corrosiva e anche da riusciti intenti satirici.

Il personaggio di Lydia Deetz, l'adolescente Dark e Goth è forse il più interessante del film (e Winona Ryder sa restituire benissimo quell'immagine), che proprio in virtù della propria fascinazione per la Morte, per la dimensione nascosta, etc. riesce a mettersi in conttato, in una maniera giusta ed aperta con i fantasmi dei coniugi Maitland.

Lo stesso cattivo rapporto fra Lydia e la matrigna Delia (interpretata da Catherine O'Hara) ci fa tornare alla mente prepotentemente l'archetipo Fiabesco.

In molto cinema di Tim Burton le figure più positive sono le figure "irregolari": come l'adolescente Lydia, appunto: la quale sa vedere "oltre".

E non solo: riesce anche a comunicare "medianicamente", per così dire, con le anime dei morti, quindi essa stessa è un tramite fra dimensioni diverse e in questo caso parallele.

Volendo si potrebbe dire che il film oltre a presentare caratteristiche fiabesche presenta anche caratteristiche legate all'arte dei Cartoon: Tim Burton (e già in questa sua opera giovanile lo mostra ampiamente) è un sapiente miscelatore di forme e di generi, e proprio in questo risiede la sua peculiare forza espressiva.

Nel film poi la dimensione cromatica assume una rilevanza particolare ed i colori (spesso così accesi) sono usati in funzione fortemente espressiva: il termine "espressivo" può richiamare il termine Espressionista, e non è un caso: perchè le stesse scenografie, come è stato notato da più parti, richiamano la grande tradizione del Cinema Espressionista.

Quindi io credo che, davvero ci troviamo di fronte ad un'opera giovanile (teniamo presente che all'epoca della sua realizzazione Tim Burton aveva 29 anni) già compiuta e risolta, ma non solo: anche coraggiosa.

Perchè la poetica Burtoniana è del tutto "sui generis" allineata in una certa misura ed in qualche modo al Post-Moderno, se vogliamo, ma in una maniera personalissima, bizzarra, eccentrica.

E forse davvero questo è il termine che meglio può riassumere un film come "Beetlejuice", vale a dire "eccentrico": proprio perchè è un film "fuori dal centro, irregolare, un mirabile scarto rispetto ad un'ipotetica regola.

 
 
 

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