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ASCENSORE PER IL PATIBOLO

20 Febbraio 2023


Francesco De Maria



Il regista francese Louis Malle (1932-1995) autore di questo fulgido esordio, "Ascensore per il Patibolo", uscito il 29 Gennaio 1958 viene, a mio avviso, ascritto troppo affrettatamente in quel movimento denominato Nouvelle Vague (incarnato da registi come Godard, Truffaut, Chabrol, etc.).

Ho sempre guardato a Louis Malle piuttosto come ad un fiancheggiatore di quel movimento; proprio per motivi sia soggettivi (Malle dichiarerà a più riprese di voler fare un cinema distinto da quello Nouvelle Vague, magari convergente sotto alcuni punti di vista, ma comunque diverso) sia oggettivi (egli non elaborò mai teoricamente le proprie posizioni su riviste come i "Cahiers du Cinema", come fecero invece i giovani della Nouvelle Vague, appunto, e non si definì mai discepolo di Andrè Bazin, vero teorico del gruppo).

Il suo esordio è folgorante: una sorta di Noir, su una coppia clandestina, un omicidio, uno scambio di identità. Lui è Maurice Ronet, lei è Jeanne Moreau.

Il film si situa parallelamente, come ho scritto, alla nascita della Nouvelle Vague, e fa da apripista alla nascita del Cinema Modernista degli anni Sessanta.

"Ascensore per il Patibolo" getta le basi per un Cinema libero, sfuggente, MUSICALE: importanza fondamentale la assume, in questo senso, la colonna sonora del jazzista Miles Davis (il quale fu presente durante le riprese del film), il film SI MUOVE, SI COORDINA, SI ORGANIZZA SUI MODELLI DI UN JAZZ LIBERO ED IMPROVVISATO.

Il Jazz in questo film non funge da accompagnamento: immagine e suono si fanno tutt'uno, LE IMMAGINI RISPONDONO DEL SUONO, IL SUONO RISPONDE DELLE IMMAGINI.

Si potrebbe parlare di una sorta di Film Jazzistico, proprio nel suo strutturarsi, nel suo organizzarsi ritmicamente, nei suoi slanci liberi.

La stessa linearità narrativa viene più volte spezzata, inserendo "blocchi narrativi" uno dentro l'altro, cercando di rappresentare la realtà in un modo più frammentato, nervoso, libero e guizzante, restituendone tutta la complessità ed ambiguità.

E la stessa libertà musicale, se così si può dire, che sostanzia il film è ancipite: il film, le immagini si strutturano sulla libertà improvvisata del Jazz di Miles Davis, ma la stessa musica improvvisata dal jazzista fu ispirata dalle immagini del film.

Altra caratteristica per me fondamentale del film risiede proprio nella rappresentazione "nera" e pessimista dei rapporti umani e sociali, la grande città è vista quasi come una sorta di jungla, organizzata gerarchicamente e dove la sopraffazione è una sorta di regola non scritta.

Gli stessi rapporti umani, così contorti, opachi, gli stessi propositi criminali vanno, inesorabilmente a sfociare in una sorta di SCACCO ESISTENZIALE.

Ed il dato esistenziale, o meglio ancora sarebbe definirlo esistenzialista è molto importante, svolge un ruolo fondamentale nel film, opera la quale sembra davvero manifestare tutte le tensioni culturali della Francia dell'epoca.

La stessa dimensione interiore dei personaggi viene scandagliata, il cosiddetto "intrigo" nel film assume un'importanza minore rispetto a quella che è la dimensione interiore dei personaggi, e la loro CONDIZIONE ESISTENZIALE.

Lo stesso Jazz di Miles Davis si fa manifestazione sonora, libera ed evanescente non solo delle vicende narrate nel film (già così spezzate, interrotte e riprese, libere) ma della stessa dimensione interiore dei personaggi.

Lo stesso vagare disperato di Jeanne Moreau per le strade di Parigi è rappresentazione icastica ed altamente simbolica di tutte queste tensioni e questi orientamenti espressivi, formali, stilistici, del film.

Inoltre è stata, a più riprese, sottolineata una caratteristica di questo film: una sorta di contrapposizione fra luoghi chiusi, o addirittura claustrofobici (lo stesso ascensore in cui si trova imprigionato Maurice Ronet dopo avere ucciso il marito dell'amante) ed i luoghi aperti come i grandi boulevard parigini.

Assistiamo, dunque, ad una sorta di GIUSTAPPOSIZIONE RITMICA E DI CONTRASTO FRA AMBIENTI, come a voler rimarcare il carattere "dissonante" del film, frammentato, nervoso, eppure misteriosamente armonico, organizzato, strutturato.

Come gli stessi brani di Miles Davis, a pensarci bene. Siamo alle prese, dunque, con un film molto articolato, complesso, e fortemente innovativo all'interno del panorama cinematografico Francese della fine degli anni Cinquanta (e non solo).

Un film libero, il quale si smarca volutamente anche dalla teorizzazione (e di lì a pochissimo anche prassi) di libertà intrapresa dai giovani della Nouvelle Vague., un film bello ed importante.

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