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ARANCIA MECCANICA (1971)

1 Gennaio 2021



"Arancia Meccanica" uscito il 19 Dicembre 1971 del regista Stanley Kubrick (1928-1999) è sicuramente uno dei film più famosi di tutta la Storia del Cinema. Un film che fece scandalo, e che fece molto discutere (proprio come il coevo "Cane di Paglia" di Sam Peckinpah) per la rappresentazione della violenza, e non solo, anche per lo sguardo cinico, disincantato e pessimista che si dava sull'uomo e ancor più sulla società. Stanley Kubrick è famoso come autore cinematografico che non amava l'umanità (e molto spesso nemmeno i suoi personaggi), regista che ha riattinto a piene mani dalla tradizione cinica, disincantata e "nichilistica" di certo Settecento inglese (mi viene alla mente sopratutto il nome di Jonathan Swift).

Non dimentichiamo che Kubrick era un americano, un ebreo newyorkese che ad un certo punto della sua carriera, nei primi anni Sessanta decide di trasferirsi a lavorare in Inghilterra.

A mio avviso non sbaglia chi afferma che, sopratutto da quel momento in avanti trovò molta fonte di ispirazione in modelli letterari (e cinematografici) inglesi.

Lo stesso "Arancia Meccanica" è strutturato come un romanzo picaresco del Settecento inglese, dal momento che siamo di fronte ad un film che narra le vicende turbinose, le peripezie, ed anche le disavventure (con un sottofondo patetico, triste e "sentimentale", in una buona parte della seconda metà del film, però) di un giovane teppista dedito, insieme ai suoi tre sodali (i Drughi) alla pratica dell'"ultraviolenza"., in più un notevole rimando a certa tradizione letteraria settecentesca inglese è costituita dalla voce narrante (dello stesso Alex, il protagonista, interpretato da un notevolissimo Malcolm McDowell) ammiccante nei confronti del pubblico, il quale impiegando una retorica tutta settecentesca, appunto, ricerca il benvolere dello spettatore ("il vostro affezionatissimo", etc.).

Siamo alle prese con un artificio, appunto, un topos, una forma, che ha lunghe radici in quella tradizione lette

raria. Questo aspetto del film, mi pare, non è mai stato messo in luce (almeno solitamente), ed invece, secondo me ne costituisce un aspetto molto affascinante e convincente.

Il film, non dimentichiamolo è tratto dall'omonimo romanzo di Anthony Burgess, ed è ambientato in un futuro prossimo (prossimo per il 1971), presumibilmente a Londra, di sicuro in Inghilterra, dove il giovane protagonista, si dedica appunto, come ho accennato sopra alla pratica dell'ultraviolenza: risse con una banda rivale, pestaggi, fino ad arrivare all'omicidio, tradito dai suoi Alex finisce in prigione, dove dopo qualche tempo decide di sottoporsi alla cura sperimentale Ludovico (la quale impiega l'uso della musica dell'amato Beethoven associata ad immagini violente) tale cura ha lo scopo di indurre una reazione pavloviana di violenza-nausea. Ma non si tratta di una vera cura, quanto piuttosto di una sottile repressione psichica, di un lavaggio del cervello. Ad ogni modo, Alex diventa "buono" (per tornare non dimentichiamolo, proprio alla fine del film "cattivo") e viene strumentalizzato dal governo e da un cinico ministro come simbolo della loro riuscita lotta al crimine. In tutto questo risiede il pessimismo del film, in un FALSO PERCORSO DI REDENZIONE, NELLA RAPPRESENTAZIONE DI UNA SOCIETA' IPOCRITA E REPRESSIVA (basti pensare alla figura dello scrittore, la cui moglie è stata violentata dalla banda di giovani criminali).

Nel film non vi è morale (forse l'unica figura morale è costituita dal prete nella prigione) ma solo violenza (associata ad una forma di vitalità e di gioia sessuale, da parte di Alex) ipocrisia, cinismo, tradimento (gli altri Drughi si ricicleranno come poliziotti). Una società composta da mascheramenti.

Questo secondo me costituisce l'autentico nerbo (problematico ed inquietante) del film, molto più che la rappresentazione della violenza fisica (molto spesso anche "coreografizzata", per così dire). Alex si muove in una realtà repressiva, opponendo la sua vitalità violenta, la sua mancanza di remore, di leggi interiori. E tutto questo sembra continuare ad erompere, contro la repressione (la quale non dimentichiamolo, non è sostanziata da nessuna autentica spinta morale).Quello che mi ha sempre colpito del film è anche la sua sottile vena grottesca (proprio a partire dall'abbigliamento dei Drughi, ma anche l'equiparazione della violenza, assistiamo ad una sorta di relazione-specchio, di relazione speculare fra la violenza privata e la violenza pubblica. Anzi la violenza pubblica è peggiore, perchè istituzionalizzata e ammantata di ideali (altro mascheramento, altra finzione).

Un'ultima annotazione riguardo all'aspetto formale, stilistico, visivo del film, composto da lente carrellate (come a voler fare acquisire solennità alla vicenda), da zoom (come a volere intensificare dettagli, primi o primissimi piani), ralenti contrapposti ad accelerazioni (creando un andamento dissociato) per arrivare a certi primi piani deformati )creando quella sensazione di grottesco) e con un uso in alcune scene della cinepresa a mano (donando più "verità" ed autenticità ad alcune scene).

Per tutto questo è facile annoverare "Arancia Meccanica" fra i film più iconici ed importanti dell'intera Storia del Cinema.

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