L'INVASIONE DEGLI ULTRACORPI (1956)
"L'Invasione degli Ultracorpi", uscito il 5 Febbraio 1956, è un film di Fantascienza del regista Don Siegel (1912-1991), più famoso, poi, successivamente per i suoi polizieschi duri, scattanti e tesi degli anni Sessanta e Settanta, e tra l'altro autore del primo film della serie dell'Ispettore Callahan.
Ho già avuto modo di trattare del suo cinema, qui i link degli articoli: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2016/11/11/DIRTY-HARRY-1971; https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2017/11/13/CHARLEY-VARRICK-1973. Ma Don Siegel era anche un regista capace di passare da un genere cinematografico all'altro, e bene lo dimostra con questo ottimo esempio di Film di Fantascienza come "L'Invasione degli Ultracorpi", appunto.
Film tratto dall'omonimo romanzo di Jack Finney, di cui ne ricalca abbastanza fedelmente la trama è diventato nel corso degli anni un film di culto presso il pubblico cinefilo ed è anche considerato una pietra miliare del Cinema Fantascientifico degli anni Cinquanta e non solo.
La trama del film è semplice: in una cittadina della California, dove la vita scorre tranquilla ed uguale a se stessa ad un certo punto accade l'inatteso, il petrurbante: molte persone non riconoscono più i propri familiari e scappano via impauriti. Il medico del paese riesce a scoprire che gli abitanti sono stati duplicati da una razza aliena che ha invaso la Terra, una razza priva di emozioni.
Film sulla PARANOIA, dunque, SUL SOSPETTO, SULL'ANGOSCIA. Ciò che conferisce al film un'atmosfera piana e quotidiana è il la mancanza totale di effetti speciali dovuta proprio al fatto che si tratta di un film a bassissimo costo.
Alla mancanza di effetti speciali si ovvia con la RESA ATMOSFERICA SEMPRE PIU' TESA, SINISTRA, ANGOSCIANTE, ANTI-QUOTIDIANA.
Molto importante, secondo me, riguardo al film la nozione di quotidianità: nella prima parte rappresentata nel suo carattere apparentemente ineludibile, "eternamente normale", fisso, ma poi progressivamente tale nozione viene svuotata dall'interno e capovolta, rovesciata. Assistiamo ad una FENOMENOLOGIA DEL ROVESCIAMENTO DELLA NOZIONE DI QUOTIDIANITA'.
Questo, a mio avviso è un vero e proprio punto di forza de "L'Invasione degli Ultracorpi".
Il finale del film è ottimistico e speranzoso, ma fu imposto dalla produzione: Don Siegel avrebbe voluto girare un finale cupo e pessimistico dove la razza aliena duoplica tutti gli abitanti della cittadina. Ciò non toglie che, lungo il corso dell'intero film si respira un'atmosfera pessimistica e cupa. Volendo, si potrebbe interpretare il lieto fine come un po' falso e forzato, come succede per molti film di Frank Capra, ad esempio.
E forse proprio per questa sua atmosfera angosciante che il film non guadagnò un successo di pubblico alla sua uscita e che solo con il passare del tempo è assurto al rango di film di culto.
In ogni caso il film ha sempre suscitato interpretazioni di tipo politico, essendo uscito poco più di un anno dopo la fine del Maccartismo. Chi l'ha visto come un film filo-Maccartista, in un certo senso e gli alieni visti come possibili "invasori comunisti" chi all'opposto come un film anti-Maccartista, sulla paranoia, sulla paura del "diverso". Entrambe le interpretazioni sono plausibili e legittime, inoltre lo stesso Siegel afferma di sentirsi lontano da tali interpretazioni (ma come sappiamo l'autore di un film non detiene un monopolio interpretativo, l'interpretazione è sempre libere, fluida e la si elabora facendo incontrare l'opera d'arte, nel nostro caso, il film con la propria interiorità, le proprie idee, la propria cultura, etc. Ad ogni modo egli ha affermato che suo scopo come anche quello dello sceneggiatore (tra l'altro alla sceneggiatura del film partecipò anche un giovane Sam Peckinpah) era di realizzare un film contro la vita abulica. Quindi contro l'abulia, contro il grigiore della vita dell'uomo medio. Questo il proposito di Siegel. Io mi sono sempre accostato a questo film con l'idea (consolidata dopo la visione) di essere alle prese con un'opera che ci parla della paura del diverso, ma anche come ho scritto sopra di un film sulla quotidianità e sul suo progressivo rovesciamento, sull'irruzione del Perturbante.
Ma ripeto conta molto la resa atmosferica, se solo consideriamo, fra le altre cose che assume una notevole importanza il Fuori Campo, il non visto, addirittura il non vedibile. Le famose inquadrature oblique sono presenti anche in questo caso. Don Siegel è stato uno dei proptotipi dell'autore del Cinema Classico, ma egli spezza, talora la rappresentazione cinematografica classica proprio adottando tali forme stilistiche. Questo lo farà anche molti anni dopo, in "Charley Varrick", ad esempio. Ad ogni modo tale rappresentazione concorre nello spezzare una certa atmosfera e dirci che ne esiste un'altra, DIETRO, OLTRE.
Tutto questo fa sì che "L'Invasione degli Ultracorpi" sia un film bello, importante, ma anche fertilmente ambiguo.