IL RITRATTO DI JENNIE (1948)
E' un oggetto filmico sfuggente "Il Ritratto di Jennie", film di William Dieterle (1893-1972), uscito il 25 Dicembre 1948; film sfuggente proprio nel suo carattere misterioso, evanescente, poichè il film sembra quasi volersi situare in uno spazio autonoma fra il Film Fantastico ed il Melodramma.
Film dotato di un innegabile fascino romantico, ma anche film sull'Amour Fou, e sul potere creativo dell'arte, sull'incontro fra un giovane pittore in crisi (interpretato dal sempre ottimo Joseph Cotten) ed un'adolescente, poi donna di cui il pittore si innamorerà ricambiato e che scoprirà essere morta molti anni prima. Un "fantasma d'amore", quindi. Egli ha intanto ritratto la giovane in un dipinto molto vivo ed intenso, dal fascino magnetico, magico.
Quando finalmente viene a sapere della morte della giovane nei pressi di un faro, nei dintorni di Boston, corre là, proprio nella notte dell'anniversario, reincontrando il fantasma di Jennie (questo il nome della ragazza) la quale poco dopo scompare in mare, il protagonista vuole raggiungerla, rischiando di affogare, ma viene salvato in extremis da alcuni pescatori. L'ultima, bellissima, scena del film è quella del quadro esposto al museo, della sua anima, della sua voce, il quadro sembra quasi parlare con la voce di Jennie.
Alla sua uscita il film fu poco capito dalla critica e solo nel corso degli anni è stato ampiamente rivalutato, ma ha sempre mantenuto un notevole prestigio culturale all'interno dei circoli surrealisti, e lo stesso Luis Bunuel lo riteneva uno dei suoi 10 film preferiti.
Quello che colpisce del film è proprio QUELL'INTRECCIO FRA AMORE ED ARTE, QUELL'ANNULLAMENTO DELLA LINEARITA' TEMPORALE, IL FILM SEMBRA SUGGERIRE L'IPOTESI DI UN ALTRO TEMPO, DI UN ALTRO SPAZIO.
"Il Ritratto di Jennie" ci parla davvero di un Oltre, rimescolando tutti i piani del Reale, facendo trionfare l?Immaginario, il quale si fa nuovo Reale.
Prorio in questo aspetto risiede il "surrealismo" del film, un surrealismo "sui generis", se vogliamo, ma comunque una forma di surrealismo proprio nell'esaltazione dell'Amour Fou e nella rilettura e ri-trasformazione radicale della realtà in base a determinati assunti.
Questo film scompagina anche le coordinate di Genere all'interno del panorama del Cinema Americano della fine degli anni Quaranta, proprio perchè incrocia in modo fertile e del tutto particolare Melodramma e Film Fantastico, tant'è vero come ho scritto in apertura di questo mio articolo siamo alle prese con un film sfuggente ed indefinibile.
Quindi, ribadisco il concetto da me espresso sopra: più che di una temporalità sospesa, io parlerei di una temporalità "alternativa" a quella comune e quotidiana, anche in questo risiede il carattere radicale del film, il suo "surrealismo" di base.
"Il Ritratto di Jennie" è un film non solo attraversato dalla pulsione amorosa, dalla passione romantica, ma anche dall'intreccio dinamico ed intenso di Amore ed Arte, I QUALI VIVONO INDISSOLUBILMENTE LEGATI.
L'Arte come espressione suprema dell'Amore, l'Amore come base del fare artistico, ma non solo: Amore e Arte come grimaldelli in grado di rimodulare l'esistenza quotidiana retta su alcuni parametri spazio-temporali consolidati.
Il film è bello anche in virtù della sua delicatezza, della sua disperata dolcezza di fondo, e non è un caso che lo stesso Luis Bunuel definì "Il Ritratto di Jennie" "una fragile storia di fantasmi".
"Il tempo si stava sciogliendo con la neve" dice ad un certo punto il protagonista, un tempo che si scioglie, certamente, e che si rinnova in forme immaginifiche ed inedite, inspiegabili e misteriose.
Eventi lontani si toccano e si incontrano, fondendosi insieme. Questo film annienta barriere, limiti, schemi.
Vero cuore di "Il Ritratto di Jennie" a mio avviso sono proprio le ultime scene (le scene del faro): l'inquadratura dall'alto della scala a chiocciola è un qualcosa che rimane indelebile, scolpita nella memoria. Forse Hitchcock si ispirò in parte a questa scena per il suo finale di "Vertigo", chissà.
Fatto sta che nel film di Dieterle la scala a chiocciola diventa manifestazione concreta della passione amorosa, della ricerca spasmodica, di uno spazio-tempo alternativi e non più lineari.
La stessa virata di colore, dal biancoe nero al verde è un qualcosa che non si dimentica, il verde richiama qualcosa di profondamente onirico, il PASSAGGIO CROMATICO DIVENTA CORRELATO OGGETTIVO DI UN PASSAGGIO DIMENSIONALE.
Eben Adams, il pittore ha travalicato qualsivoglia limite, approdando sui lidi frastagliati dell'Amour Fou, di un altro Spazio, di un altro Tempo.
E proprio in questo risiede il carattere dirompente e sottilmente eversivo di "Il Ritratto di Jennie"