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L'ANGELO NERO


"L'Angelo Nero" uscito il 2 Agosto 1946 è un film Noir del regista Roy William Neill (1887-1946), prolifico regista irlandese naturalizzato statunitense il quale esordì ai tempi del Cinema Muto.

Certo, non uno dei registi "maggiori" per così dire, Neill il quale comunque con questo "L'Angelo Nero" ha contribuito allo sviluppo del Film Noir.

Intanto anche questo film come molti altri Noir è tratto da uno degli scrittori più importanti di questa tendenza, vale a dire Cornell Woolrich . Siamo alle prese con un film dalla trama relativamente scarna: uno scrittore di canzoni dedito all'alcool aiuta la moglie di un uomo ingiustamente condannato a morte a scoprire l'identità del vero colpevole.

Film dallo stile forte, pronunciato, marcato (ma del resto le marcature espressive, formali, stilistiche sono tipiche di un po' tutto il Film Noir) ma anche FILM DI ATMOSFERA, FILM SU UNA "QUEST" DECLINATA IN SENSO CUPO E NERO.

In questo film la realtà è fonte di angoscia, gli esseri umani si trovano in balia degli eventi ed i due personaggi principali tentano invece un approccio diverso, un approccio improntato ala ricerca, alla volontà di comprendere, di fare giustizia.

Nel film, poi, compaiono due volti noti del Film Noir e più in generale del Cinema Americano degli anni Quaranta: l'ottimo Dan Duryea (nella parte dello scrittore di canzoni alcolista, appunto) e Peter Lorre nella parte di un losco tenutario di night-club.

In questo film vi sono chiaroscuri e contrasti di luce anche se non quella prevalenza delle ombre che si può notare in altri film Noir.

Come è stato giustamente già messo in luce "L'Angelo Nero" presenta forti agganci con due film Noir precedenti, vale a dire "Lo Sconosciuto del Terzo Piano", di Boris Ingster, del 1940, il vero prototipo del Film Noir vuoi per la questione problematizzante e problematica su colpevolezza ed innocenza, vuoi per la stessa presenza iconica di Peter Lorre, e con l'altro Noir "La Donna Fantasma" di Robert Siodmak, del 1944, anche in questo caso film di "quest", di ricerca, forse venata ancor più di onirismo e visionarietà.

E' presente una scena molto importante in "L'Angelo Nero" la quale giustamente viene citata spesso, vale a dire quella dell'ubriachezza, con un notevole uso della Soggettiva, di inquadrature sghembe, di angolazioni di ripresa distorte, di soluzioni contrastate di tipo espressionista, proprio a voler sottolineare lo stato di alterazione del protagonista, ma non solo: penso che più profondamente questa scena sia la rappresentazione anche simbolica di un rapporto problematico con la realtà, di una realtà enigmatica ed indecifrabile. L'alterazione è sia soggettiva che oggettiva, ed è proprio questo il grande lascito del Cinema Espressionista al Film Noir, vale a dire la raffigurazione "alterata" della Realtà, la rappresentazione dell'enigma, del mistero.

Prorio in questo risiede la visione cupa della realtà che è presente in questo film.

Il film è SEGNATO DALL'AMBIGUITA', ATTRAVERSATO DALL'AMBIGUITA', la materializzazione di tale tensione all'ambiguità è rappresentata (in modo abbastanza ovvio) proprio dal personaggio interpretato da Peter Lorre.

I due personaggi principali, in questo film si configurano quasi come due eroi, proprio perchè tendono a rompere il velo dell'ambiguita', dell'enigma, tendono all'ANDARE OLTRE, A SUPERARE IL LIMITE, che tale realtà opaca nella sua ambguità e mistero tende a frapporre.

Problematica la questione di quanto "minore" sia questo film all'interno del panorama del Film Noir, proprio perchè non è certo una fra i Noir maggiori, ma sicuramente conosciuto bene dai cinefili, cultori di cinema, storici e critici di cinema, ed alla sua uscita ebbe anche un buon successo di pubblico.

Film forse nemmeno troppo innovativo dal punto di vista della vicenda narrata, ma che si fa notare, ha i suoi punti di forza, appunto, nell'amaro pessimismo di fondo e sopratutto nella scena "squilibrata" composta di inquadrature sghembe.

Quindi si potrebbe arrivare a dire che questo film risulta essere un po' il testamento cinematografico ed estetico di Roy William Neill (proprio perchè si tratta del suo ultimo film) regista che era un onesto artigiano della vecchia Hollywood (prima Cinema Muto) poi nei primi anni Quaranta anche regista della serie di film su Sherlock Holmes con Basil Rathbone , ma che in quanto artigiano onesto riuscì a comporre in questo film del 1946 una sentita rappresentazione di una realtà nera e distorta.

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