TAXI DRIVER (1976)
"Taxi Driver" uscito l'8 Febbraio 1976 è senza alcun dubbio uno dei conseguimenti cinematografici ed estetici più alti dell'intera carriera registica di Martin Scorsese (1942) e anche della carriera come sceneggiatore di Paul Schrader, di lì a qualche anno diventato regista cinematografico; sul cinema di Paul Schrader ho avuto modo di trattare su questo mio Blog, qui il link: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2019/09/11/IL-PRIMO-CINEMA-DI-PAUL-SCHRADER-BLUE-COLLAR1978-E-AMERICAN-GIGOLO-1980.
Film sul tessuto sociale disgregato dell'America di metà anni Settanta, quella del post-Vietnam, ma anche film sulla solitudine metropolitana, e poi; film su una decadente e livida New York rappresentata come un incubo al neon, film su una discesa nella follia, film sull'incomunicabilità, su una furia giustizialista segnata da un idealismo malato e "rovesciato".
Tutto questo è "Taxi Driver", film complesso ed articolato come pochi. film, tra l'altro che da un lato è diventato opera simbolica della New Hollywood (della quale costituisce indubbiamente uno dei risultati di punta) dall'altro va a far parte di quella temperie specifica di Cinema New Yorkese che in modo più o meno esplicito si ispira al Cinema libero e fluviale di John Cassavetes (e penso in questo senso non solo a Scorsese, ma ad Abel Ferrara o allo stesso Spike Lee).
La discesa nella follia di un reduce del Viet Nam il quale trova impiego come taxista, il suo impatto con la New York notturna è devastante (lui stesso viene dalla provincia) a contatto con un'umanità marginale, derelitta, con il vizio e la violenza i suoi istinti da giustiziere e da vendicatore si manifestano con sempre maggior forza fino ad esplodere nella scena della sparatoria con i malavitosi nella squallida casa di appuntamenti dove uccide anche l'affittacamere prima di uccidere il "protettore" della giovane prostituta che egli ha deciso di salvare (sia dal punto di vista morale che materiale).
Ma questo è solo un aspetto (per quanto importante del film) le tracce narrative sono anche altre: l'istinto da giustiziere, la sua rabbia monomaniacale che inizialmente è rivolta contro quella che definisce la spazzatura della città (senzatetto, protettori, teppisti, etc.) e poi contro il senatore candidato alle elezioni presidenziali (da Travis Bickle, questo il nome del taxista, il quale ricordiamolo è interpretato da Robert De Niro, la prostituta-bambina da una giovanissima Jodie Foster) visto come la radice di tutti i mali fino a progettarne l'omicidio.
Intrecciato a questa traccia narrativa l'innamoramento del protagonista per una ragazza che lavora per la campagna presidenziale da lui idealizzata ed "angelicata" dove trapela tutta la solitudine di Travis Bickle proprio attraverso la gestione goffa del suo rapporto con lei, fino a farla allontanare da lui impaurita.
Il film si chiude con il suo ritorno al lavoro come taxista glorificato dalla stampa come giustiziere del vizio come difensore di un'adolescente e quindi indirettamente come difensore della famiglia dal momento che la govane prostitua torna a casa dai genitori.
Chi è Travis? INCARNAZIONE DELLA SOLITUDINE METROPOLITANA ED ESISTENZIALE, DELL'IRREGOLARE, DEL "FOLLE" IL QUALE VIVE UNA FRATTURA PERENNE CON GLI ALTRI, CON LA REALTA'.
Ma anche film sul malessere della società americana e sulla sua pericolosa deriva verso i lidi del giustizialismo vendicativo (la glorificazione di Travis alla fine del film la dice lunga su questo aspetto).
"Taxi Driver" è costantemente attraversato da un'apparente dicotomia da un aspetto diciamo anche "sentimentale" e "romantico" (l'affezionarsi del protagonista alla giovanissima prostituta, il suo innamoramento per la ragazza, Betsy) ed al contempo un SOTTOFONDO PAUROSO DI TENSIONE, ANGOSCIA, VIOLENZA SEMPRE MENO TRATTENUTA SEMPRE PIU' VICINA AL MOMENTO DI ESPLODERE.
La bellissima scena della sparatoria nel bordello nella sua geometrica stilizzazione, nel suo carattere grottesco ed inquietante dice molto di questo sottofondo.
E quell'inquadratura dall'alto, plongèe dona alla scena tutta la sua forza, la sua violenta icasticità (così come il carrello all'indietro che discende la scala dove parte della sparatoria è avvenuta).
NELLA SCENA DELLA SPARATORIA AVVIENE LA DEFLAGRAZIONE ICONICA, SIMBOLICA, DI SENSO E DI ATMOSFERA DELL'INTERO FILM.
Lo stesso colore rosso di questa scena è un rosso desaturato e come è stato spiegato da alcuni critici e studiosi si consegue un effetto da Arte Iperrealista (un po' alla Rauschenberg).
E, ripeto, in "Taxi Driver" è presente un atto d'accusa forte contro la società americana (e non solo americana) che trasforma la furia omicida (perchè alla fine di questo si tratta) in furia vendicatrice, in "ira del giusto".
Travis Bickle si trova alle prese con una realtà per lui indecifrabile e di conseguenza alienante, egli è alienato, uno dei personaggi più alienati, "scollegati" della Storia del Cinema, ed in questo uno dei simboli supremi dei personaggi rappresntati dal Cinema della New Hollywood.
Sottilmente tesa ed inquietante la scena finale del film, il ritorno di Travis al suo lavoro come taxista e l'incontro con Betsy (la ragazza di cui era invaghito) sembra quasi che per lui si possa profilare una nuova possibilità con lei, (il loro colloquio avviene nel taxi) e improvvisamente Travis getta uno sguardo teso, nervoso allo specchietto retrovisore... un soprassalto di violenza, di tensione la quale è suscettibile di esplodere nuovamente? "Taxi Driver" si chiude con questa nota ambigua ed inquietante, forse "circolare" proprio nell'incubo che rappresenta.