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REC (2007)


"REC" presentato in anteprima al Festival di Venezia il 29 Agosto 2007 è un film diretto in copia dai registi spagnoli Jaume Balaguerò (1968) e Paco Plaza (1973).

Un film che ripropone la tematica degli zombi (qui causata da un'infezione) i quali infestano un vecchio caseggiato in un quartiere residenziale di Barcellona.

Il nostro punto di vista di spettatori coincide con quello di una giovane reporter (anche se in senso stretto a quello del cameraman) la quale deve condurre un servizio sui vigili del fuoco della città e a causa di una chiamata di emergenza li segue fino al condominio che si rivelerà in seguito infestato da morti viventi (vale a dire, progressivamente, gli stessi inquilini contagiati).Il film avrà anche tre seguiti, sempre firmati dagli stessi registi.

"REC" rappresenta un ottimo esempio della rinascita della tradizione horror del cinema spagnolo, una rinascita che ha segnato gli anni Zero, sopratutto, ma non solo, mi viene a mente anche il bellissimo "La Spina del Diavolo" (2001) di Guillermo del Toro, per tacere di altri, alcuni anche dello stesso Balaguerò (il quale è un po' il simbolo di tale rinascita).

Dunque, la cosa che colpisce di questo film è l'USO VIRATO IN SENSO FANTASTICO ED ORRORIFICO DELLA VIDEOCAMERA IN DIGITALE E DELLA NARRAZIONE IN TEMPO REALE.

L'epicentro fortemente inquietante del film risiede precipuamente in tale caratteristica, quindi ancor prima che nella ricreazione della realtà in senso orrorifico proprio nell'INNESTO NEL PIANO REALE DI UNA DIMENSIONE DA INCUBO, SENZA MEDIAZIONI. Un innesto piuttosto che una ricreazione come avviene spesso nel cinema Horror e non solo Horror.

E questo è un dato molto importante, poi, certamente possiamo dire che "REC" non è il primo film che presenta queste caratteristiche se solo pensiamo che già molti anni prima, nel 1999, in America era uscito "The Blair Witch Project", dall'assunto di base molto simile.

Quindi in questo modo non solo si fa risaltare meglio il senso di terrore e di orrore che provano i personaggi del film (e appunto, noi con loro) ma i registi con "REC" PROPONGONO UN NUOVO MODELLO TEORICO-PRATICO DI CINEMA, un Cinema Digitale dalle forti connotazioni realistiche (per quanto la nozione di Realismo nel Cinema come in tutte le altre arti è un qualcosa da prendere con le molle)ma completamente trasformato di segno pur conservando le sue caratteristiche di base.

Questo è quello che ho pensato già alla prima visione di questo film, ancor prima della sua caratteristica di vicenda narrata dai forti caratteri "coinvolgenti". Anche se a suo modo, "REC" si pone in linea con tutta la rivoluzione del Cinema Digitale.

Il carattere fortemente disturbante del film risiede proprio nel suo orrore esibito/suggerito, in questa fertile ambiguità, e nell'assoluta materialità dell'orrore e dell'incubo, al contempo così evidente.

Il film si snoda attraverso queste polarità, vi sono improvvise esplosioni di terrore inframmezzati da rumori sospetti, ricerche (dei vigili del fuoco seguiti dalla reporter) all'interno del caseggiato intrise di tensione e paura, etc.

In questo senso, precisamente in questo senso ""REC" è un film dal ritmo magistrale, ritmo proprio nel senso di andamento narrativo attraversato da equilibri e squilibri, compensi e scompensi.

Certo, poi questo orrore rimanda anche a un qualcosa di metafisico, di legato alla dimensione dell'Oltre (basti pensare a tutta la parte finale del film ed alla scena del nastro registrato, ad esempio), proprio perchè "REC" vive anche di questa polarità terrena/metafisica.

Nell'immanente, nel materiale, nella dimensione quotidiana appare improvvisamente l'Oltre Orrorifico, quasi come un incontro fra due dimensioni, come una Realtà dietro la Realtà.

Il film mette in questione, quindi, anche una nozione troppo pacificata di realtà, vista piuttosto come campo di apertura di dimensioni possibili ed "ulteriori" (ulteriori proprio nel senso di oltre).

Ecco, vorrei quindi sottolineare di come "REC"sia un film di notevole spessore dal punto di vista estetico, cinematografico (come ho scritto sopra proprio riguardo all'uso del Digitale e del "documentarismo) ma anche dal punto di vista esistenziale e metafisico, non siamo alla prese con un esercizio fine a se stesso, quanto piuttosto con un film che interroga sia la dimensione del vedere, del riprendere, sia il rapporto con la realtà, e di quest'ultima con una dimensione "altra", dell'immanenza con l'Oltre.

E proprio in questo risiede il fascino e la bellezza di questo film.

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