top of page

IL GIOCATTOLO (1979)


"Ma ormai chi vuoi che si accorga di un colpo di pistola?", queste le ultime parole di Vittorio Barletta (Nino Manfredi) prima di morire ucciso dalla moglie gravemente malata la quale giace a letto nel loro appartamento.

La lotta di un uomo comune contro minacce e soprusi, lotta che gradualmente si allarga fino a diventare una lotta disperata contro un'intera società, cinica ed invivibile.

Film di Giuliano Montaldo (1930), uscito il 21 Febbraio 1979, quindi in un momento critico della storia italiana, un'epoca di terrorismo politico da un lato e di violenza metropolitana più in generale dall'altro.

Il protagonista conduce una vita grama a Milano come contabile in una grossa ditta di proprietà di un uomo cinico e spregiudicato (che si professa suo amico) ma che non esita a sfruttarlo, con una moglie affetta da continue emicranie (alla fine del film, come ho scritto si capirà che è gravemente malata).

L'evento che innesca la spirale di violenza e follia del protagonista è la rapina iniziale in un supermercato in cui resta accidentalmente ferito, dimesso dall'ospedale decide di prendere un porto d'armi.

Altre drammatiche vicissitudini (fra cui la morte dell'amico poliziotto ucciso da dei criminali) lo condurrano sull'orlo della follia e di un delirio da giustiziere. Finirà ucciso dalla moglie, che disperata non vuole farlo uscire di casa dal momento che Vittorio Barletta è intenzionato ad uccidere il suo "amico" e capo sfruttatore (dopo un serio litigio).

Ecco, ogni volta che riguardo "Il Giocattolo" penso sempre a quanto disperato, disperante questo film sia, a quanto sia grigia e livida questa Milano, alla cappa di sopraffazione e violenza che si respirava nell'Italia di quegli anni.

Giuliano Montaldo, regista di sinistra non è certamente interessato a glorificare le gesta di un uomo comune improvvisatosi giustiziere, quanto piuttosto quello di ROVESCIARE L'ASSUNTO DELLA MITOLOGIA DEL GIUSTIZIERE, anatomizzare quella fenomenologia, mostrarne il fondo di disperazione e di grigiore quotidiano.

Il protagonista, da un certo punto di vista suscita anche simpatia proprio perchè uomo solo alle prese con qualcosa di più grande di lui e la sua furia non è solo furia vendicatrice, ma anche una furia animata da un certo spirito di giustizia e di rivalsa.

SIAMO QUINDI ALLE PRESE CON UN PERSONAGGIO AMBIVALENTE, DI SICURO NON "SQUADRATO" E RAPPRESENTATO SEMPLICISTICAMENTE.

Film poco visto e poco conosciuto, forse proprio perchè così disturbante e disperante, ma un film allo stesso tempo che bene si inserisce in tutta una tendenza di certo cinema italiano di fine anni Settanta e ad i suoi uomini comuni in preda, progressivamente ad una sorta di delirio da giustiziere: pensiamo solo a "Un Borghese Piccolo Piccolo" di Mario Monicelli, del 1977 o al bello e misconosciuto "L'Arma" di Pasquale Squitieri, del 1978.

Il giocattolo nel film di Montaldo è ovviamente la pistola, la quale gradualmente si fa oggetto feticistico per il protagonista, e strumento di auto-affermazione e di visibilità.

I suoi spari potrebbero anche essere interpretati come munchiani urli di angoscia, disperazione e solitudine da parte del protagonista rispetto ad una società disumanizzata, cinica ed indifferente ("Sono tutti davanti alla televisione").

Nel film vi è un CONTINUO E COSTANTE RIMANDO ALLA SOCIETA' ED ALLE SUE STORTURE, "Il Giocattolo" è affollato di personaggi negativi e inaffidabili.

Importante nel film anche la commistione di generi, vi sono sicuramente rimandi alla tradizione della Commedia all'Italiana proprio dal punto di vista fisico, materiale (la stessa presenza e la stessa maschera attoriale di Nino Manfredi) e alcune tonalità grottesche, un ritmo in alcune scene che può, anche se alla lontana ricordare il Poliziesco all'Italiana degli anni Settanta (il cosiddetto Poliziottesco) il tutto mescolato con una strutturazione da Cinema Civile (tutto il discorso critico e polemico sotteso, descritto da me in questo articolo).

Un ottimo impiego della musica è presente in questo film (colonna sonora tesa ed incalzante di Ennio Morricone), un film che presenta anche alcune notevoli marcature formali e stilistiche e penso all'interessante uso del Ralenti impiegato per la scena della sparatoria nella pizzeria (dove viene ucciso l'amico poliziotto) e per la resa dei conti con i criminali.

Ampliamento della percezione spettatoriale, ma anche sottolineatura cinematografica di alcuni snodi psicologi, emotivi e drammaticamente "di azione" del protagonista, momenti nel quale il protagonista libera, per così dire le sue pulsioni vendicative ed al contempo si imprigiona sempre di più in una spirale di follia e di alienazione.

Proprio in questo risiede la fertile ambivalenza di questo film.

bottom of page