CHE LA FESTA COMINCI (1975)
"Che la Festa Cominci" uscito il 26 Marzo 1975 è il secondo film del regista francese Bertrand Tavernier (1941). Siamo alle prese con un autore cinematografico già appartenente ad una generazione diversa da quella della Nouvelle Vague, alla generazione registica post- Nouvelle Vague, quella degli anni Settanta (Eustache, Garrel, Jessua), il caso di Maurice Pialat, di cui ho trattato in questo mio articolo, qui il link: https://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2018/11/02/NOUS-NE-VIEILLIRONS-PAS-ENSEMBLE-1972, è un caso, secondo me, del tutto appartato.
Ma a ben vedere anche Bertrand Tavernier è un caso isolato, rispetto ai registi citati sopra (eccettuato, appunto, Maurice Pialat, comunque) più che un regista post-Nouvelle Vague sembra essere un regista anti- Nouvelle Vague (quindi, anche se con modalità diverse sembra possa essere accomunato a Maurice Pialat).
Parlo di anti- Nouvelle Vague proprio perchè Tavernier compie prima di tutto un'operazione di recupero di quella tradizione cinematografica francese cui i giovani registi della Nouvelle Vague si opposero (stiamo parlando della fine degli anni Cinquanta): Autant-Lara, Clement, Cayatte, in parte Clouzot.
Un cinema lgirato spesso negli Studios, a grosso budget, dalla sceneggiatura "di ferro" e con un certo grado di ancillarità rispetto ad altre arti, il cosidetto "Cinema della Qualità", definito un po' sprezzantemente dai giovani della Nouvelle Vague "Cinema de Papa" come a volerlo definire un cinema dei Padri (in senso deteriore) proprio perchè visto (abbastanza ingiustamente, aggiungo io, ma non solo io)come sclerotzzato, rispetto ad un cinema del padre inteso come padre nobile (Jean Renoir).
Ecco, Bertand Tavernier proprio alla metà degli anni Settanta recupera quel tipo di cinema, che già da giovane cinefilo aveva avuto modo di apprezzare, amare, studiare.
Molto significativo, ad esempio il "recupero" di due sceneggiatori simbolo di quel cinema (collaboratori di Autant-Lara, ad esempio) come Aurenche e Bost.
Quello che Tavernier ha sempre apprezzato del cosidetto "Cinema de Ppaa" è l'uso dei grandi attori (lo stesso Tavernier ha collaborato spesso, anche in "Che la Festa Cominci" con Philippe Noiret, ad esempio) ed anche la creazione di dialoghi penetranti ed acuti (da qui l'importanza conferita ad Aurenche e Bost, appunto).
"Che la Festa Cominci" è un film storico ambientato nel 1719 alla corte del re Luigi XV (successore del Re Sole) ma essendo ancora un bambino non esercita nessun potere, il potere effettivo è nelle mani di un reggente (interpretato da Philippe Noiret, appunto)vale a dire Philippe d'Orleans, il quale si abbandona al libertinaggio ed al lusso più sfrenato.
Tale lascivia, viene da Tavernier CONTRAPPOSTA E DIALETTIZZATA RISPETTO ALLA MISERIA ED ALLA RABBIA SOCIALE DEL POPOLO.
Un potere sordo ed ottuso che provocherà la rivolta del 1718-1720 ben rappresentata nel film; inoltre il malcontento non è solo popolare ma anche di parte dei vertici, mostrandoci trame ed intrighi.
La rabbia popolare ci fa capire il finale del film è destinata a crescere. Un film storico, appunto, un genere a sè, un po' come la Pittura Storica, ma anche un film che vuole essere una RIFLESSIONE CRITICA SULLA STORIA E SULLA SUA RAPPRESENTAZIONE ARTISTICA.
In questo film non vi è nulla di pacificato, ma vi è piuttosto una inquietudine di fondo continua e persistente, il mondo nobiliare è rappresentato in tutto il suo cinismo e squallore (ma anche in tutte le sue contraddizioni).
Una riflessione sulla Storia, dunque, ed il cinema Francese non è nuovo a questo, alla metà degli anni Settanta lo fece (e non era nemmeno la prima volta) anche un regista (legato almeno parzialmente alla Nouvelle Vague) come Alain Resnais, a me molto caro, con "Stavisky" del 1974.
Filippo d'Orleans è davvero il simbolo di una monarchia morente, di un ORDINE SOCIALE IN PUTREFAZIONE, i sommovimenti raffigurati in questo film preannunciano alla lontana, l'esplosione rivoluzionaria del 1789.
Un potere cinico, materialista (penso alla figura dell'abate Dubois) ma anche un potere che in una certa misura preannuncia, senza volerlo, magari, un rinnovamento (le contraddizioni di cui parlavo sopra).
Quindi film che riflette su un periodo storico e sulla Storia, ma al contempo operazione meta-cinematografica e cinefila di un film che riflette sul Film Storico (ad esempio superando un rischio che molti film storici o in costume correvano, quello di una tendenza celebrativa, esornativa, idealizzante, scarsamente dialettica)
Tavernier con questo film sembra volere andare avanti e fare un Film Storico di tipo critico-riflessivo sulla Storia, sul Potere, sul Cinema Storico.
Assistiamo ad un recupero di quelle forme ed a un suo superamento proprio perchè vi è insita un'operazione di riflessione meta-cinematografica, ad un organizzazione, una sistematizzazione ed un rilancio del Film Storico.
In questo risiede, a mio avviso, l'importanza di questo film.