MOUCHETTE (1967)
Robert Bresson (1901-1999) è senza alcun dubbio uno dei maggiori registi cinematografici francesi (e non solo francesi) di tutti i tempi. Il suo cinema austero, spoglio, rarefatto si biforca (almeno sotto il profilo interpretativo) in due direzioni diverse: la direzione religiosa e spirituale e quella materialistica.
Un cinema, quello bressoniano, "difficile" dai ritmi lenti, contemplativo e che non fa sconti allo spettatore.
Ecco, "Mouchette", uscito il 14 Marzo 1967 è sicuramente uno dei film più rappresentativi (anche se non il più rappresentativo) del regista francese) un film, a mio avviso che insieme al precedente "Au Hasard Balthazar" del 1966, dello stesso Bresson potrebbe andare a comporre una sorta di dittico della sofferenza e di una simbolica e metaforica "crocifissione".
La storia è molto semplice (fra le altre cose tratta da un racconto di Georges Bernanos, autore letterario imprenscindibile per il cinema di Bresson) un'adolescente che vive in un villaggio francese viene ridicolizzata dai coetanei e dai compagni, vive in una famiglia fortemente disfunzionale (padre alcoolizzato e madre malata) ) fino, data la sua sofferenza emotiva e psicologica a lasciarsi morire, rotolando dentro un corso d'acqua.
Film su "crudeltà e miseria" come ha affermato lo stesso Bresson, su una VIA CRUCIS CHE PORTA FINO ALL'AUTO-ANNIENTAMENTO, ALL'AUTO-DISSOLUZIONE.
Lo stile in "Mouchette" come del resto sempre nel cinema di Bresson è minimalista, attento al dettaglio, FILM CHE INGRANDISCE I CASI UMANI, I DRAMMI INDIVIDUALI, LA SOFFERENZA NASCOSTA.
E proprio in questo risiede, secondo me il forte afflato umanistico del cinema bressoniano. anche in questa attenzione (certamente di tipo esistenziale e spirituale, e anche religiosa) posta nei confronti dei sofferenti, degli emarginati e dei reietti.
Altro dato fondamentale del film è l'attenzione che il regista pone alla quotidianità, la stessa dimensione quotidiana pur nella sua opacità, nel suo grigiore, nella sua meschinità si connota in modo "alto" ed "ultimo" proprio perchè in questo film Bresson interroga continuamente il senso ultimo delle cose fino a rappresentare il RAPPORTO VITA/MORTE, e prorio sotto questo aspetto che risiede, secondo me, il retaggio esistenzialista del cinema bressoniano di cui forse poco si parla (o di cui non si parla abbastanza).
In "Mouchette " è presente l'idea della VITA COME CALVARIO E DELLA MORTE COME LIBERAZIONE, COME AFFERMAZIONE DI SE'.
Perchè questo? Proprio perchè sopratutto nella fase centrale ed ultima del suo cinema (1943-1983) Bresson radicalizza e problematizza ulteriormente la rappresentazione del Male nella vita umana.
E sono pienamente d'accordo con chi ha scritto che Mouchette (il nome della povera adolescente, appunto) è una "piccola eroina della quotidianità". In questo film vi sono polarità, dicotomizzazioni, le quali non sono mai schematiche, mai rigide, ma che fungono piuttosto da rapprsentazione icastica ed eidetica di un conflitto umano di tipo animico e spirituale.
La stessa Mouchette è dunque anche un simbolo, un simbolo di Sofferenza e di Liberazione; la stessa nozione di Libertà potrei dire ha subito una torsione di tipo concettuale assumendo caratteristiche meno "costruttive" e più "ultime" (arrivando a coincidere con la stessa Morte); mentre invece pensiamo soltanto ad un film altamente emblematico di Bresson (bellissimo fra l'altro) quale "Un Condannato a Morte è Fuggito" del 1956 in cui la ricerca spasmodica della Libertà si muove in contrapposizione rispetto alla condanna a morte, in cui la fuga stessa incarna il concetto di libertà.
Indubitabilmente con il passare degli anni il cinema di Bresson si è fatto sempre più cupo, per giungere, infine a quel film davvero sottilmente disperato ( e disperante" che è il suo testamento cinematografico, vale a dire "L'Argent", del 1983.
Proprio nel gesto del suicidio della giovane protagonista passa dunque il conseguimento della sua libertà, libertà "da", certamente, dalla sofferenza e dagli affani, ma nche libertà "verso", dal momento che Bresson era uomo e artista spirituale e religioso.
Importante anche L'ICONICIZZAZIONE DEL SUICIDIO, I MOVIMENTI CORPOREI CHE CONDUCONO ALLA MORTE, quel rotolare fino ad affondare nell'acqua.
E poi, continua in "Mouchette" la rarefazione del racconto, anche questo aspetto si radicalizza in questo film, quasi a voler raggiungere e riuscire a rappresentare le FORZE SPIRITUALI ED ANIMICHE DIETRO GLI EVENTI, ANCHE I PIU' APPARENTEMENTE BANALI.
Quindi, per concludere, "Mouchette" un film pessimista come è stato spesso scritto? Da un certo punto di vista sì sicuramente, ma non fino in fondo: voglio dire quel drammatico gesto finale rimane fertilmente ambiguo, proprio perchè nell'auto-annullamento si approda a qualcos'altro.
Ed io considero "Mouchette" uno dei film più belli e rappresentativi di quel grande autore cinematografico che era Robert Bresson.