ADUA E LE COMPAGNE (1960)
"Adua e le Compagne", presentato in anteprima al Festival di Venezia il 3 Settembre 1960 è sicuramente uno degli esiti più alti della carriera filmografica del grande Antonio Pietrangeli (1919-1968), scomparso prematuramente a 49 anni.
Antonio Pietrangeli è stato uno dei più grandi registi cinematografici post-neorealisti, un cantore del disagio femminile almeno nei suoi esiti migliori i quali vanno a costituire una ideale TRILOGIA DELLA DONNA: questo "Adua e le Compagne", appunto, insieme a "La Visita" del 1963 e a "Io la Conoscevo Bene", del 1965.
In sintesi questo film di cui vado a trattare è un film sull'emarginazione di un gruppo di prostitute a seguito della chiusura delle case d'appuntamento e del loro tentativo di re-inserimento nella società.
Ma è una SOCIETA' DOMINATA DAGLI UOMINI QUELLA RAFFIGURATA DA PIETRANGELI NEL FILM, FILM SULL'INCOMUNICABILITA' FRA UOMO E DONNA.
Se da un lato Pietrangeli è figlio dell'esperienza cinematografica neo-realista (ma in definitiva quanti registi cinematografici italiani non lo erano?), con un attenzione rivolta al concreto dato sociale, allo scavo ed analisi della realtà, dall'altro sembra richiamarsi al cinema di Michelangelo Antonioni, proprio nell'enfasi posta sulle relazioni interpersonali, su quanto possano essere difficili e fallimentari.
In questo film, quindi, riveste notevole importanza sia l'analisi psicologica, quanto l'analisi delle relazioni umane, e sopratutto dell'incomprensione uomo-donna, o meglio: della strumentalizzazione, talora consapevole, talora inconsapevole che l'uomo rivolge alla donna.
Nel cinema di Pietrangeli (come del resto in quello di Antonioni) la donna risulta essere sempre la figura più ricettiva e sensibile (quella che maggiormente sconta un senso di solitudine o di emarginazione) e che più avverte la crisi e il malessere di un'intera società.
2Adua e le Compagne" è un film pessimista proprio in questo senso, nel rappresentare l'incomunicabilità da un lato, e dall'altro una società maschile (se così possiamo dire) dominata da ottusità e rigidità.
A fronte di un microcosmo femminile (quello di Adua e le compagne, appunto) dominato da spontaneità, anche gioia nei momenti difficili, capacità di ascolto, si contrappone un mondo maschile opportunista, mediocre, prosaico.
Film anche sull'impossibilità a cambiare vita quando la società ti marchia in un certo modo: alla fine il gruppo (le quattro giovani donne) dovranno tornare ai marciapiedi dopo il vano tentativo di aprire una trattoria e condurre un'esistenza "rispettabile".
Qui il concetto di "rispettabilità" non conta. Pietrangeli non è Pasolini, il perseguimento di una vita "rispettabile" conta piuttosto nel suo valore simbolico di FUORIUSCITA DA UNO STATO DI EMARGINAZIONE, non assistiamo a nessun perseguimento di un ansia di integrazione piccolo-borghese.
"Adua e le Compagne" presenta una struttura circolare, in un certo senso il film si chiude come si apre, non c'è via di scampo all'uscita dall'incomprensione, dalla solitudine, dall'emarginazione.
In molto cinema di Pietrangeli la donna sconta emarginazione e solitudine, talvolta più immediata e materiale, talvolta di tipo psicologico, più sottile: pensiamo solo al personaggio interpretato da Sandra Milo (presente anche in "Adua e le Compagne", tra l'altro) in "La Visita" o a quello interpretato da Stefania Sandrelli in "Io la Conoscevo Bene", per quanto mi riguarda il vero capolavoro di Antonio Pietrangeli.
Inoltre, un certo aspetto "sperimentale" della pellicola è indubbio, giustamente è stato evidenziato da qualche parte che Pietrangeli con questo film compie un regolamento di conti con la Commedia all'Italiana (al cui interno Piertangeli si muove, almeno con i primi film di fine anni Cinquanta), ma il rapporto di Antonio Pietrangeli con la Commedia all'Italiana è difficile e problematico un po' come con Pietro Germi (1914-1974); ad ogni modo in questo film del 1960 si compie un'operazione di rarefazione narrativa, di sgretolamento (in questo film ancora abbastanza contenuto) del tessuto narrativo (e questa operazione conoscerà i suoi esiti più estremi e radicali proprio in "Io la Conoscevo Bene") e di svuotamento dei meccanismi comici (i quali, almeno parzialmente tenevano in vita la struttura della Commedia all'Italiana).
In un certo senso Antonio Pietrangeli è IL SUPERATORE DELLA COMMEDIA ALL'ITALIANA, MA DALL'INTERNO.
La tenuta formale e stilistica del film è altissima, più o meno in linea con il Nuovo Cinema degli anni Sessanta e con la Nouvelle Vague francese: uso del PianoSequenza, uso della cinepresa a mano, fotografia in bianco e nero (curata da Armando Nannuzzi) ricca di contrasti.
Tutti questi aspetti fanno sì che "Adua e le Compagne" possa essere considerato un film molto importante all'interno della Storia del Cinema Italiano, e anche banco di prova per gli altri due film appartenenti a quella che potrei definire la "trilogia della solitudine femminile", di cui in futuro andrò a trattare.