MANHUNTER (1986)
In questo articolo andrò a trattare del film "Manhunter", uscito il 15 Agosto 1986, del regista Michael Mann (1943), e di un altro film di questo autore ho già avuto modo di trattare su questo mio Blog, vale a dire "Heat", del 1981, suo vero e proprio (grande) esordio cinematografico, qui il link: http://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2018/01/01/THIEF-1981. Ma questo "Manhunter" è ancora più risolto proprio perchè più maturo e dove Michael Mann mette a punto tutte le sue coordinate formali e contenutistiche.
A livello di trama il film è semplice e abbastanza "scontato": abbiamo a che fare con la prima apparizione cinematografica del personaggio di Hannibal Lecter( in questo film Lecktor), qui interpretato da Brian Cox, in "Il Silenzio degli Innocenti" (1991) di Jonathan Demme (1944-2017) verrà interpretato da Anthony Hopkins.Qui un ex agente dell'FBI tornato in servizio che deve dare la caccia ad un serial killer facendosi aiutare da Hannibal Lecter, in prigione a causa dei suoi omicidi, questa l'ossatura narrativa del film.
Ma come ho già spiegato nel mio articolo su "Heat", Michael Mann è uno stilista (molto attento alla forma del film), forse il regista americano vivente che più presenta tale caratteristica.
Film molto personale, e che ricevette pareri discordanti da parte della critica alla sua uscita, e non ottenne successo di pubblico, il film, come molte volte accade è stato rivalutato e preso attentamente in considerazione nel corso degli anni.
Film per nulla scontato prima di tutto per la CARATTERIZZAZIONE PROBLEMATICA E SPECULARE DELL'AGENTE FBI E DEL SERIAL KILLER A CUI DA LA CACCIA, LA STESSA ILLUMINOTECNICA CREA TALE ATMOSFERA AMBIGUA, AMBIVALENTE, LA QUALE LASCIA SPAZIO A PROSPETTIVE PROBLEMATICHE DI PERSONALITA'.
Memorabile l'uso che il regista fa di alcuni brani musicali, fra tutti la psichedelica "In A Gadda Da Vida" degli Iron Butterfly, gruppo musicale della fine degli anni Sessanta.
Tipicamente manniano, a mio avviso, sono certi interni, queste abitazioni dalle grandi, immense vetrate che affacciano sul'immensità dell'oceano, e queste GEOMETRIE VISIVE ACCOSTATE AD UN MAGNIFICO USO DEL COLORE.
Tale geometria visiva accomuna il cinema di Michael Mann a quello di Stanley Kubrick (con le sue geometrie visive talora raggelate e raggelanti).In questo film di Mann, se non altro (ma in molto del suo cinema) queste geometrie visive sono calde e creano un senso di bellezza molto diverso dalla bellezza delle geometrie visive kubrickiane.
Vi sono nel film scene marcatamente colorate, dai colori saturi proprio a comunicare stati di animo differenti allo spettatore, per quanto mi riguarda quest'impiego del colore ricollega "Manhunter" a tutta la grande tradizione del Cinema Muto, il quale era sì in bianco e nero, ovviamente, ma spesso la pellicola veniva colorata (ovviamente da un punto di vista tecnico il caso di "Manhunter" è diverso) tramite varie tecniche quali imbibizione e viraggio, un uso del colore atto a suscitare le reazioni emotive più diverse fra gli spettatori.
Ecco, io credo che in qualche modo "Manhunter" si riallacci a quella tradizione.
Vi sono stati molti studi interessanti riguardo a questo film, secondo lo studioso Tony Williams il serial killer Dollarhyde abbatte una qualsivoglia visione convenzionale del "mostro", interpretandolo piuttosto come vittima della società, figura che distrugge gli steccati troppo rigidi fra uomo e mostro.
Quindi: marcature stilistiche e visive unite ad una notevole caratterizzazione psicologica.
In questo modo Michael Mann riformula il genere (ma d'altronde questa è la precipua caratteristica di tutto il suo cinema, rileggere il genere, smontarlo e rimontarlo in modo altamente personale e critico) ed in questo potrei considerare Michael Mann il vero erede della New Hollywood (teniamo presente che egli è nato nel 1943, ma il suo esordio cinematografico avviene nel 1981, a New Hollywood terminata).
Egli rende tutto più ambiguo e problematico. Il film bene rappresenta, bene visualizza l'irruzione dell'Inconscio, delle pulsioni animalesche dell'Es (in senso freudiano), contrapponendole alla civilità. E forse anche in questo si potrebbe ravvedere un' assonanza con il pessimismo kubrickiano.
Il film presenta anche notevoli tratti di freddezza analitica e critica, tutto quello che ho scritto sopra raffigura un film che ha la sua forza proprio nello scavo e nell'approfondimento di due anime tormentate, c'è da dire in aggiunta che il film è anche anti-spettacolare nel suo non raffigurare mai i delitti, i quali rimangono sempre Fuori Campo, OVVIAMENTE NON è QUELLO CHE INTERESSA AL REGISTA.
In base a quello che ho scritto, quindi, mi viene da dire che 'importanza di un film come "Manhunter" giace proprio in questo suo carattere inquietante, problematico e problematizzante.