CHE HO FATTO IO PER MERITARE QUESTO ? (1984)
"Che Ho Fatto Io Per Meritare Questo" uscito il 25 Ottobre 1984 è, probabilmente, il primo film davvero importante dello spagnolo Pedro Almodovar (1949).
Dietro la parvenza di una commedia (teniamo presente che Almodovar girava commedie prima di incominciare a girare melodrammi, e che comunque tali forme nel suo cinema spesso si combinano in modo fascinoso) si cela un film dai risvolti assai cupi.
Girato ed ambientato (anche se le scene nell'appartamento della famiglia protagonista sono state girate negli studi cinematografici) nel quartiere periferico e popolare di Madrid, La Concepciòn, in uno di quegli orrendi casermoni voluti dal potere franchista, il film rappresenta in modo icastico, grottesco, eccessivo la povertà materiale (e talora morale) di una famiglia povera, comunque in difficoltà economiche: il padre, taxista, uomo collerico, violento, maschilista, la moglie donna sottomessa (ma che alla fine si ribellerà al marito, arrivando a commettere un omicidio, ma per autodifesa), i due figli adolescenti, uno omosessuale, l'altro spacciatore, la nonna, svanita e che sogna di tornare al paese in Andalusia (riuscirà a tornarci con il nipote spacciatore). Gloria, la casalinga protagonista rimarrà sola ma raggiunta dal figlio omosessuale (intanto andato via di casa). Questa, in modo molto succinto la trama del film, che non conta in sè e per sè, quanto piuttosto nel modo in cui le vicende vengono narrate e raccontate.
Film seminale all'interno del corpus filmografico almodovariano, anche perchè il regista mette a punto alcuni dei suoi topi: quello dell'omosessualità, per esempio, oppure la rappresentazione di perversioni sessuali (rappresentate in modo ludico e gioioso), oppure l'attenzione rivolta alla figura femminile (Gloria, appunto, la madre, interpretata da Carmen Maura, attorno alla quale, sostanzialmente, ruotano le vicende del film), figure di donna solo in apparenza fragili, ma in realtà forti e coraggiose.
IL TONO GROTTESCO, dicevo sopra, LE SITUAZIONI SONO ENFATIZZATE , RESE ECCESSIVE, PONENDOLE IN UNO SPAZIO FRA IL COMICO ED IL TRAGICO, lo stesso omicidio (non voluto) ai danni del marito da parte di Gloria viene rappresentato in questo modo, Tra l'altro questa è una caratteristica comune a molti film di Almodovar, un GROTTESCO CHE CONFINA CON LA RISATA, MA CHE NON E' COMICITA'.
Potrei parlare anche di humor nero, in qualche misura (teniamo sempre che certo humor nero è tipico della cultura spagnola) con rimandi anche al cinema di Marco Ferreri, ma i rimandi che più mi colpiscono nel film sono quelli al NeoRealismo italiano, l'ATTENZIONE PRIMARIA E BASILARE AL DATO REALISTICO SOLO IN SECONDA BATTUTA TRASFIGURATO NEI MODI CHE HO CITATO SOPRA.
La rappresentazione della povertà risulta essere stringata, essenziale, ma proprio per questo efficace, la povertà viene tratteggiata in modo rapido e risolutivo acquisendo una sorta di STATUS ICONICO.
In questo modo Almodovar rappresenta LA POVERTA', una povertà non romanticizzata, ma colta in tutto il suo squallore morale (pensiamo alla figura del marito, autoritario, violento, tranquillamente fedifrago, etc.).
Per tutti questi motivi sono d'accordo con chi reputa "Che Ho Fatto Io Per Meritare Questo?" il miglior film di Almodovar degli anni Ottanta, proprio nella mescolanza di grottesco (dominante), comico, drammatico, nel suo carattere libero e trasgressivo, nella rappresentazione rispettosa di qualsiasi tipo di comportamento irregolare ed anti-convenzionale.
Quello che personalmente più mi colpisce di questo film, riguardo ai rimandi meta-cinematografici e cinefili, è come scritto sopra il richiamo all'esperienza NeoRealista italiana(e al cinema del primo Ferreri, a cui ho dedicato un articolo, nella fattispecie al film "El Cochecito" del 1960, qui il link: http://slisso.wixsite.com/cineprospettive/single-post/2017/01/02/EL-COCHECITO-1960, ma da più parti è stato evidenziato di come nel film ci siano richiami sia al melodramma sirkiano (la rappresentazione "caricata" del disagio emotivo di Gloria, gli stessi rapporti familiari) ed in questo senso, anche se in modi diversi allo stesso Fassbinder (il quale si ispirò moltissimo, sopratutto nella sua fase "mediana" al cinema di Sirk).
In questo senso, certo, "Che Ho Fatto Io Per Meritare Questo?" risulta essere anche un film melodrammatico, proprio in virtù della INTENSIFICAZIONE EMOTIVA che presenta.
Ecco, io credo che l'acme del film, in cui si rivela tutto il suo carattere profondo ed inquietante, in qualche modo, è proprio nell'ultima sequenza: il marito morto, uno dei figli partito per l'Andalusia con la nonna, Gloria, sola in casa, la cinepresa studia l'ambiente domestico con in sottofondo una musica angosciosa, la protagonista si affaccia al balcone come a volersi lanciare di sotto, ma vede giungere l'altro figlio che salutandola corre in casa, lei torna dentro, apparentemente sollevata e felice. Il film si chiude con questo APPARENTE LIETO FINE, il movimento di cinepresa all'indietro fino al totale del casermone popolare non suggerisce niente di davvero positivo, se non una vita alienata ed alienante, una vita "in gabbia".
Il film si chiude in questo modo, icastico e disperato, critico e disperante.