top of page

DUEL (1971)


"Duel", uscito il 10 Novembre 1971 risulta essere, atutti gli effetti, l'ottimo esordio di un giovanissimo Steven Spielberg (1946). Film teso, inquietante, enigmatico, film che, a mio avviso, sfrutta proprio i v asti spazi aperti della California Meridionale per creare vere e proprie situazioni AGORAFOBICHE.

Opera dalla trama molto semplice, scarna, un commesso viaggiatore compie un viaggio fuori città per lavoro e si accorge di essere seguito da una grossa autocisterna la quale attenta più di una volta alla sua vita, per questo motivo si ingaggia un duello fra il protagonista ed il tir, una lotta per la sopravvivenza.

"Duel" tra l'altro è tratto da un racconto dello scrittore Richard Matheson, non nuovo alla creazione di situazioni ed universi angoscianti. Il film tocca diverse FONTI DI PAURA E TENSIONE, non solo quella agorafobica, come ho scritto sopra, ma anche la paura dell'ignoto; il conducente dell'autocisterna NON SI VEDE MAI, SEMBRA DAVVERO INVISIBILE.

Questo elemento, indubitabilmente, dona a "Duel" una caratteristica estremamente enigmatica ed inquietante. E poi, gli spazi aperti: in questo film c'è un grande uso dello SPAZIO, VERA E PROPRIA FORMA A PRIORI DELLA SENSIBILITA' DEL CINEMA (INSIEME AL TEMPO), proprio come le forme a priori della sensibilità nella filosofia di Kant (Spazio e Tempo, appunto).

Sono presenti molteplici dislocazioni di ripresa, varie angolazioni, tali da immettere in un modo molteplice e quindi inafferabile il protagonista ALL'INTERNO DEGLI SPAZI APERTI. i quali si tramutano in veri e propri spazi perturbanti.

Credo che una caratteristica fondamentale di "Duel" risieda proprio in questo uso dello spazio ed in questo uso degli spazi. Ma tali spazi sono anche quelli del West selvaggio, del Sud-Ovest degli Stati Uniti, della sua natura incontaminata e delle vecchie memorie dei pionieri. L'immissione del protagonista non avviene solo nello Spazio (come categoria genericamente astrattamente e teoricamente cinematografica) o negli spazi (visti come ambiente naturale, in questo caso) ma in spazi ancora più circostanziati da un punto di vista storico, quelli del "selvaggi" Sud-Ovest, appunto; un RITORNO DA INCUBO AD UNA DELLE FONTI PRIMIGENIE DELLA CIVILTA' AMERICANA, al mito dell'uomo intraprendente e coraggioso, al mito dell'onore, al MITO DEL DUELLO.

Mi potrei allargare a dire che in questo senso "Duel" riattinge a tutta una tradizione di molto Cinema Western. Un pacifico e remissivo (pensiamo a quello che trapela dalle conversazioni telefoniche con la moglie) commesso viaggiatore è costretto a trasformarsi , ad assumere connotati e comportamenti belluini.

Altro elemento che colpisce in "Duel" è il SENSO DI SOLITUDINE CHE SPRIGIONA DALL'INTERA VICENDA VISSUTA DAL PROTAGONISTA: e pensiamo all'accenno che una voce alla radio (che ascolta il protagonista durante il viaggio) fa riguardo alla maggioranza silenziosa (categoria sociologica molto in voga nell'America di fine anni Sessanta-primi anni Settanta, squassata dalla contestazione), ecco si potrebbe collegare quel discorso all'intera vicenda, alla solitudine dell'uomo-massa della maggioranza silenziosa nell'America di Nixon ed al senso di sottile quanto inconsapevole disagio e senso di paura, che poi in "Duel" deflagra.

In questo film Spielberg rappresenta anche un certo tipo di rapporto, un rapporto apparentemente inedito in una società industrializzata e meccanizzata, di una società all'insegna del progresso, un rapporto all'insegna di una violenza selvaggia e primitiva, assistiamo dunque ad una vera e propria trasformazione dei rapporti umani. Talvolta è stato sottolineato di come la vicenda del film sia del tutto irrealistica, ecco, a tale riguardo io credo che non si dovrebbe parlare di irrealismo, il Cinema, l'Arte in generale non rappresentano mai situazioni o vicende irrealistiche, quanto piuttosto di un ESTREMIZZATA RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTA', SUR-REALE PIUTTOSTO CHE IRREALISTICA.Vicenda impossibile (o quasi) ma che rimanda a qualcosa di spaventosamente reale (tutti gli elementi a cui ho accennato sopra), questo è il punto dirimente rispetto al film.

Film che per tutti gli aspetti (ma anche per ovvi motivi anagrafici di Steven Spielberg, e non solo anagrafici) citati sopra rientra perfettamente all'interno di quella TENDENZA CINEMATOGRAFIC denominata New Hollywood.

Ecco, io credo che sotto un certo profilo altezze così drammatiche ed inquietanti (certo, nel 1975 ci sarà "Lo Squalo", ma quello è un caso diverso)Spielberg non le abbia più raggiunte, regista interessante di sicuro ma anche sempre più propenso nel corso degli anni ad una certa dose di "buonismo".

bottom of page