L'ULTIMO MIZOGUCHI (1952-1956): TRE ESEMPI
La fase finale del cinema di Kenji Mizoguchi (1898-1956), diciamo, grosso modo quella degli anni Cinquanta è la fase del suo cinema più radicale, quella dove il grande Maestro giapponese finisce di mettere a punto tutte le caratteristiche, le tendenze e le tensioni sottese al proprio cinema. Tendenze che si possono tranquillamente far risalire se non al periodo muto, a quello degli anni Venti (i film muti di Mizoguchi sono andati perlopiù perduti) sicuramente ai suoi film degli anni Trenta con opere quali "Elegia di Osaka" e "Le Sorelle di Gion" entrambi del 1936.
Ecco, come dicevo sopra la fase più tarda del cinema di Mizoguchi, quella degli anni Cinquanta, appunto, rilancia e sistematizza, ma radicalizza anche gli assunti base del suo cinema. Attenzione strenua ed empatica alla figura femminile, vittima della società giapponese, ma essere umano forte e dolce al contempo capace di immensi sacrifici, figura attenta alle ragioni del cuore, in contatto con la sfera delle emozioni e dei sentimenti.
L'ultimo periodo, poi, presenta una notevole radicalizzazione formale e stilistica all'insegna del PianoSequenza e della Profondità di Campo, oltre ad un'attenzione prestata al pittoricismo dell'Immagine Cinematografica ed alla composizione dell'inquadratura.
Proprio in tali caratteristiche risiede la grandezza del cinema di Mizoguchi, grandezza riconosciuta da molti suoi colleghi quali i connazionali Akira Kurosawa e Kaneto Shindo (quest'ultimo di Mizoguchi vero e proprio discepolo), e poi, Orson Welles, Jean Luc Godard (e furono proprio i giovani critici e futuri registi dei "Cahiers du Cinema" a cogliere l'immensa grandezza del cinema di Mizoguchi e a farlo conoscere in Occidente), Andrej Tarkovskij, Victor Erice, e il greco Theo Anghelopoulos (altro grande Maestro del PianoSequenza).
La carriera cinematografica di Mizoguchi si dipana nell'arco temporale di 33 anni, dal 1923 al 1956. I tre film di cui tratterò, in breve in questo articolo sono tre: "Vita di O Haru Donna Galante" uscito il 17 Aprile 1952. Ed è questo il film che apre davvero l'ultima stagione del cinema di Mizoguchi. Film dove un ruolo centrale lo riveste una donna, come molto spesso accade nel cinema di Mizoguchi, è un film molto marcato dal punto di vista stilistico e formale, con un uso insistito di Plongee, ossia di angolazioni dall'alto, e ampi movimenti della cinepresa. Inoltre, è sempre bene sottolinearlo è presente un uso notevole del PianoSequenza e della ripresa lunga , in questo modo vi è il cosidetto montaggio interno all'inquadratura, piuttosto che il montaggio classico, atto a spezzettare narrativamente le sequenze e le scene.In più, spesso è stato evidenziato di come il film sia costruito anche attraverso il pittoricismo, con richiami importanti alla grande pittura di Utamaro (1753-1806). Film quindi CHE METTE A PUNTO POETICA E STILISTICA DI MIZOGUCHI, RINNOVANDO IL MODO DI INQUADRARE LO SPAZIO. Ecco una foto tratta dal film, che bene rende l'idea:
"Gli Amanti Crocifissi" uscito il 23 Novembre 1954, è un film che prosegue quel discorso formale e stilistico di cui sopra, e che, al contempo raggiunge, a mio avviso, vette ineguagliabili di Pathos emotivo e figurativo. L'amore, di cui la figura femminile è sacerdotessa, sfida TUTTE LE CONVENZIONI SOCIALI, IL PRINCIPIO DI REALTA', LA REALTA' STESSA, COSI' COME LA VITA E PERFINO LA MORTE, in questo senso sto pensando sopratutto alla sublime scena finale. Un momento altissimo dell'Arte Cinematografica:
Lo stesso adulterio, in questo film è visto come sfida al senso comune, al peso ed alla violenza delle convenzioni, in definitiva come atto eversivo e liberatorio (certo il suo significato va inquadrato all'interno della vicenda, ovviamente).
Il terzo film cui accenno è l'ultimo film di Mizoguchi, vale a dire "La Strada della Vergogna" ambientato nel mondo delle geishe e girato nel quartiere a luci rosse di Tokyo, Yoshiwara.
Uscito il 18 Marzo 1956, segna appunto il capitolo finale del cinema di Mizoguchi, che morirà di lì a pochi mesi, il 24 Agosto, a 58 anni.
Film meno radicale di quelli di cui ho trattato sopra, così come meno radicale anche di altri due capolavori del Mizoguchi anni Cinquanta quali "I Racconti della Luna Pallida d'Agosto" del 1953 e "L'Intendente Sansho" del 1954, e di cui forse una volta andrò a trattare.
"La Strada della Vergogna" è un film più parco, dal carattere stilistico meno esibito e che si riallaccia all'esperienza cinematografica neorealista italiana (molto amata in Giappone, pensiamo anche solo al primo Kurosawa) e film che si riallaciia anche alla tradizione naturalistica tutta giapponese del Dramma dei Bassifondi.
Quello che mi colpisce del film è anche il tipo di musica che lo accompagna, una musica semi-avanguardistica, quasi come se Mizoguchi avesse voluto creare un contraltare cinematografico di avanguardia proprio riattingendo a tradizioni più vecchie, appunto.
Forse "La Strada della Vergogna" sarebbe stato un punto di svolta, uno snodo cruciale proprio in questo senso, ma purtroppo non lo sapremo, la morte lo attendeva, di lì a cinque mesi.