IL PROCESSO (1962)
"Il Processo", uscito per la prima volta in Francia il 22 Dicembre 1962 è un film del regista americano Orson Welles (1915-1985) tratto dal romanzo omonimo di Franz Kafka.
Orson Welles è, senza dubbio, uno dei più grandi registi nella storia del cinema mondiale di tutti i tempi, e questo film del 1962 lo conferma. Welles è quello che preannuncia già nel 1941 con il suo immenso "Citizen Kane" (e da noi distribuito con il titolo "Quarto Potere" come molti sapranno) il Cinema Moderno, con il suo uso magistrale del PianoSequenza e della Profondità di Campo.
Ecco, "Il Processo" è un film che in qualche modo prosegue su quella linea, un film dall'uso MARCATO ED ESPRESSIVO DELLA TECNICA CINEMATOGRAFICA CHE IN TAL MODO SI FA STILE CINEMATOGRAFICO, STILE POETICO, POETICA STILISTICA.
Ad ogni modo, inutile dirlo, "Il Processo" è anche un film molto diverso da "Citizen Kane", un film, questo del 1962 che lo stesso Orson Welles considerava il suo capolavoro, il suo film migliore.
Personalmente continuo ad amare di più "Citizen Kane", ma "Il Processo" è indubbiamente un film bellissimo, articolato, complesso, profondo.
Il film viene girato tra Francia, Italia e la allora Jugoslavia e probabilmente la maggior parte delle scene proprio a Zagabria e con una troupe di attori internazionale, egli stesso nella parte dell'avvocato, Anthony Perkins nella parte di Josef K. (il protagonista), e poi ancora la francese Jeanne Moreau, l'austriaca Romy Schneider, etc.
Ora, un punto secondo me fondamentale nel trattare di questo film consiste proprio nel ribadire con forza il suo ASSOLUTO CARATTERE CINEMATOGRAFICO, qualche critico dell'epoca criticò Welles per aver girato un film molto diverso dal romanzo di Kafka, usato perlopiù come spunto. La grandezza di questo film consiste proprio nel suo farsi non solo OPERA AUTONOMA (in questo senso molti film tratti da opere letterarie lo sono) ma OPERA NUOVA, rispetto all'originale cui si ispira, Cinema come ripensamento e rielaborazione assolutamente creative delle fonti cui eventualmente si ispira. Senza togliere nulla alla grandezza dell'opera kafkiana, sia chiaro.
"Il Processo" è un film dall'altissimo profilo visivo, secondo alcuni critici da affiancare a "Citizen Kane". Film Espressionista, in senso lato, FILM CHE DEFORMA ESPRESSIVAMENTE IL REALE, FILM SULL'INCUBO, FILM-INCUBO.
Film sull'irrazionale, sull'assurdo (e in questo, invero, molto kafkiano) sull'impenetrabilità della realtà, sul suo carattere opaco ed "altro", e poi, film sull'ambiente burocratico, sul suo carattere indecifrabile e sottilmente "assurdo", illogico.
In questo senso un film che suscita una sorta di tensione indiretta, astratta, "esistenziale". Film sull'esistenza, ma anche film sul Cinema, sulle sue potenzialità stilistiche, tecniche, visive.
Centrale anche la resa claustrofobica degli ambienti e degli spazi. Ecco, come ho scritto prima è un film sull'incubo, un film sul deforme, fino a farsi esso stesso una solta di film deforme, oggetto filmico bizzarro, difforme, inquietante.
C'è una notevole compenetrazione fra stile e contenuto proprio in questo senso, quindi, lo stile marcato e fortemente espressivo si fa vettore di un contenuto sul deforme, sull'incubo, sul carattere sur-reale della realtà.
Posizione del tutto centrale nella costruzione del film la assume il Grandangolo, atto come non mai a deformare gli spazi (e di conseguenza anche le situazioni e le vicende che si dipanano nel film), angolazioni insolite di ripresa le quali ENFATIZZANO L'IMPONENZA SCENOGRAFICA A DISCAPITO DELLA FIGURA UMANA.
Proprio sotto questo aspetto così' importante de "Il Processo" questo film si può considerare un erede diretto del Cinema Espressionista degli anni Venti. In questo modo non solo la tensione che si respira nel film si fa astratta, come ho scritto sopra, ma l'intera vicenda, anche; guardando il film non assistiamo ad una storia, quanto piuttosto ad un EVENTO, AD UNA SITUAZIONE SIGNIFICATIVA, AD UNA SITUAZIONE DI SENSO, mossa ed amplificata proprio dalla resa stilistica e tecnica del film.
Proprio in questo risiede la grandezza, forse incommensurabile di questo film di Orson Welles, il suo carattere complesso, articolato e profondo. Film assolutamente non compromissorio, film che abbatte tutte le certezze consolidate, film problematizzante (ma in questo senso potrei scrivere che il Cinema è in sè un'arte problematizzante), film che, nel suo deformare la realtà, a ben vedere non rovescia la realtà, ma la rimette in piedi, mostrandone espressivamente e significativamente il riposto carattere misterioso e sottilmente "assurdo".