CHARLEY VARRICK (1973)
"Charley Varrick", uscito il 19 Settembre 1973 fu vero e proprio atto di forza cinematografico da parte del veterano Don Siegel (1912-1991), del quale ho avuto già modo di trattare in un mio precedente articolo su CineProspettive a proposito del magnificente "Dirty Harry" (1971), primo film incentrato sull'ispettore Callahan.
Film molto siegeliano nella sua essenza, "Charley Varrick", ma anche film in linea con tutta una tendenza del cinema americano dei primi anni Settanta, vale a dire la rilettura e la riproposizione del Film Gangster (o anche del Film Poliziesco), a cominciare proprio da "Dirty Harry" dello stesso Don Siegel, "The French Connection" (1971) di William Friedkin (di cui anche ho trattato in questo mio blog) per arrivare a "The Laughing Policeman" (1973) di Stuart Rosenberg e che vede protagonista lo stesso Walter Matthau (protagonista appunto di "Charley Varrick) e per arrivare ad un film come "Gli Amici di Eddie Coyle" (1973) di Peter Yates.
Comunque, Siegel non era nuovo al genere Poliziesco e Gangster (anzi la critica cinematografica più accorta, in primis quella francese, tanto per cambiare aveva ravvisato in Don Siegel un autore cinematografico proprio per i suoi film gangster e polizieschi, ma anche carcerari degli anni Cinquanta-Sessanta).
Film sull'ultimo colpo di un vecchio rapinatore, Charley Varrick, appunto (ed ex pilota di elicotteri) e della battaglia ingaggiata con la malavita organizzata che si vede sottratti i propri soldi tramite quella rapina.
Charley Varrick, "l'ultimo degli indipendenti" come è stato detto. Inconsapevole, all'inizio, considerando che non è conscio di aver rapinato una banca che custodisce soldi sporchi.
Tramite l'astuzia Charley Varrick la spunterà su tutto e tutti. Ecco, questo elemento pone il film in collisione con quelle che erano certe coordinate del cinema della New Hollywood, a cui pure "Charley Varrick" appartiene o anche, più in generale ai molti finali amari se non tragici di molti film del genere Poliziesco o Gangster, pensiamo anche solo al finale amaro di "Dirty Harry".
"Charley Varrick", a ben vedere, risulta essere un controcanto venato di ottimismo (nonostante la violenza ed i morti ammazzati) alla libertà individuale del fuorilegge della Frontiera, tema invero caro ad un regista come Don Siegel, "anarchico di destra", un po' come Samuel Fuller o Sam Peckinpah (il quale di Siegel fu discepolo, non dimentichiamolo).
Ed ecco che l'ambientazione del film, gli scenari acquisiscono una NOTEVOLE VALENZA SIMBOLICA, UNA DIMENSIONE MATERIALE CHE SI FA PSICHICA, EMOTIVA, CULTURALE, ANTROPOLOGICA.
Gli scenari del Nevada Settentrionale, i dintorni di Reno, funzionano da contraltare VISIVO-SIMBOLICO della battaglia ingaggiata (suo malgrado) dall'ultimo degli indipendenti.
Quegli scenari ricorrono spesso nei film di Don Siegel, ma forse mai come in "Charley Varrick" assumono una tale forza simbolico-,materiale.
Il senso di solitudine, di abbandono che pervade alcune scene del film colpisce a fondo, una su tutte: la casa isolata dell'afro-americano picchiato dal killer sulle tracce di Charley Varrick.
Il film è pervaso da una SOTTILE E QUASI INAFFERABILE POESIA DI SCENARIO, DI AMBIENTE, DI SCORCI. L'icasticità è indiscutibile, pensiamo soltanto agli interni in legno che spesso si vedono durante il film.
In "Charley Varrick" gli AMBIENTI, GLI SCENARI, I PAESAGGI, INSOMMA TUTTA LA REALTA'' MATERIALE SPESSO SUGGERISCE SENSAZIONI.
Caratteristica questa raccolta pienamente, a mio avviso da Sam Peckinpah, ma anche dal primo Eastwood (e penso sopratutto al suo film di esordio del 1971 "Play Misty for Me" che vede in una parte minore recitare lo stesso Don Siegel).
Charley Varrick alla fine risulta essere una sorta di personaggio prometeico, dai vaghi contorni leggendari proprio nell'astuzia che gli permette di SOPRAVVIVERE AI NEMICI.
Non a caso riguardo a questo personaggio è stato scritto che siamo alle prese con un "manipolatore intelligente", manipolatore, sì, ma "a fin di bene", personaggio positivo il quale sprigiona un insopprimibile ISTINTO ALLA VITA.
Proprio questa FUGA VITALE pone il protagonista in linea con tutta una serie di personaggi che popolano molto cinema New Hollywood. E comunque vale la pena insistere proprio sul ribaltamento del finale, vero e proprio ATTO AUTORIALE da parte di Don Siegel il quale riconfigura, in questo senso le coordinate di un genere ed alcuni topoi del genere.
Niente finale tragico, ma lieto fine, appunto. Altre MARCATURE STILISTICHE rendono "Charley Varrick" un film degno di nota. Vi sono, sopratutto nelle scene iniziali alcune inquadrature oblique, sghembe, "scentrate" potrei dire.
Probabilmente un rimando (consapevole o inconsapevole poco importa) al Film Noir da parte di Don Siegel, una riproposizione di un universo figurativo, e non solo: un orizzonte di senso, una realtà declinata in un certo modo, secondo certe caratteristiche: una REALTA' DISORIENTATA E DISORIENTANTE, ostile o magari da incubo, da cui Charley Varrick riesce a FUORIUSCIRE (ed anche in questo risiede il senso autoriale del lieto fine di quest'opera), riesce ad evadere e fuggire, proprio come l'ultimo degli indipendenti.