PIERROT LE FOU (1965)
"Pierrot le Fou" uscito il 29 Agosto 1965 è uno dei film più emblematici di Jean Luc Godard (1930) e anche l'opera che, forse, meglio preannuncia, sotto alcuni punti di vista, la fase militante e "sessantottina" del regista francese.
Un Jean Paul Belmondo in stato di grazia che bene incarna la "follia" anarchica del personaggio protagonista. Film sulla mediocrità della vita borghese, sulla rivolta contro di essa, sulla FUGA IN AVANTI (topos, a mio avviso anche del cinema di Marco Bellocchio, che molto deve a Godard, soprtatutto nella sua prima fase), sull'AMOUR FOU (quello fra Jean Paul Belmondo ed Anna Karina), sulla ribellione alle stesse leggi della società (la coppia di amanti intraprende una carriera criminale, che da Parigi li porterà sulle coste della Provenza, nel sud della Francia), sulla vita libera naturale e selvaggia, sul suicidio (il personaggio interpretato da Belmondo, Ferdinand/Pierrot si suicida, alla fine del film) come ESTREMO ATTO RIBELLISTICO E LIBERATORIO.
Film difficile, "Pierrot le Fou" come difficile è, del resto, tutto il cinema di Godard. Film che non concede niente alle aspettative spettatoriali, che non permette di creare un vero e proprio "feeling" con i personaggi del film.
Ciò che costituisce un aspetto fondamentale di "Pierrot le Fou" è la dissoluzione della forma narrativa, LA DEFLAGRAZIONE DELLA FORMA NARRATIVA, si potrebbe dire, per come tale dissoluzione assume connotati radicali ed inediti.
Nemmeno Michelangelo Antonioni (che pure come regista della modernità, o modernista ha contribuito e non poco a dissolvere la forma narrativa) si è spinto tanto oltre.
Si tratta anche del primo film a colori di Godard, in qianto i precedenti erano stati girati tutti in bianco e nero. Si potrebbe sottolineare all'infinito la CENTRALITA' DEL COLORE NEL FILM, il fatto che lo stesso colore si faccia anima del film.
Se uniamo la dissoluzione della forma narrativa, e quindi, volendo, in un certo senso la SOSPENSIONE NARRATIVA alla CENTRALITA' DEL COLORE SCONFINIAMO QUASI NEL TERRITORIO DELLA PITTURA.
Non bisogna dimenticare, ad ogni modo, l'interesse e l'amore di Godard per la pittura. Comunque, si potrebbe definire "Pierrot le Fou" un FILM PITTORICO, UN FILM SULLA PITTURA, UN FILM FIGLIO DELLA PITTURA.
Il paesaggio mediterraneo francese (di cui nella foto sopra vediamo uno scorcio) è ritratto magnificamente, si fa co-protagonista del film. I colori sono densi, saturi, SOLARI; aspetto essenziale di "Pierrot le Fou" è proprio la SOLARITA'.
Comunque, come è stato da più parti messo in luce la pittoricità del film non risiede solo in quegli aspetti che ho evidenziato sopra ma anche nella citazione diretta di molti dipinti del passato: Diego Velazquez, Auguste Renoir, Pablo Picasso.
Il film è intriso di spirito surrealista (non è un caso che il poeta Louis Aragon apprezzò il film e il cinema di Godard più in generale) proprio in quanto FILM FOLLE, SLEGATO DA OGNI LOGICA NARRATIVA, CONSEQUENZIALE, DI CAUSA-EFFETTO.
Questo il cuore di "Pierrot le Fou", la sua anima più riposta (ma anche più manifesta). Ma film al contempo profondamente razionale, proprio in ragione dell'opera di DISSEZIONAMENTO DEL FARE CINEMA, DEL GIRARE UN FILM.
In questo senso Godard crea una forte dose di straniamento (non strettamente a la Brecht, nonostante il drammaturgo tedesco sia stato, sopratutto nel Godard di fine anni Sessanta un punto di riferimento imprenscindibile) proprio in quanto i meccanismi cinematografici vengono svelati e messi a nudo.
Riflessione meta-cinematografica, dunque, film sul cinema, ma non in un senso narrativo (come potrebbe essere il caso del pur bellissimo "La Nuit Americaine" da noi distribuito come "Effetto Notte" (1973), dell'amico-nemico di Godard, Francois Truffaut) ma in senso del tutto teorico e filosofico.
Godard vuole evidenziare sempre allo spettatore le caratteristiche di costruzione dell'opera filmica, in tal senso è molto significativo l'uso insistito dello sguardo in macchina (Belmondo giunge addirittura a parlare allo spettatore), cosa taboo nel cinema classico della trasparenza narrativa, e che Godard concorre a dissolvere.
Aspetto per me interessantissimo che è stato più volte sottolineato è l'alternanza di pellicola e video in "Pierrot le Fou". Premonizione geniale del cinema digitale, direi, ma non solo: opera cinematografica che dialoga con la VideoArtee l'Arte Contemporanea.
Dico questo perchè se pensiamo a molte scene del film mi viene da pensare alla forma dell'Happening (topos di molta Arte Contemporanea) e l'esplosione finale del protagonista mi ricorda in modo simbolico molte performance "folli" del videoartista Vito Acconci.
In questo senso, quindi, "Pierrot le Fou" è probabilmente la prima opera cinematografica a dialogare con la VideoArte come in seguito faranno certo tardo ed estremo David Lynch (pensiamo al suo "Inland Empire" del 2006), Tsai Ming Liang, per tacere di altri.
La dissoluzione del tessuto narrativo e il META-CINEMA, FILM COME PRASSI TEORICA SUL FILM, si esplicita in molti altri modi (e non solo con lo sguardo in macchina, quindi): ellissi (quindi salti temporali improvvisi e non spiegati) che donano al film certo fascino misterioso ed "illogico", appunto, in linea con lo spirito che lo informa, scene ripetute due volte (proprio a voler evidenziare la creazione filmica) etc.
"Pierrot le Fou" quindi, come film dotato di LUCIDA E GEOMETRICA FOLLIA SULLA RIBELLIONE FOLLE ED ANARCHICA, potrei compendiarlo così.
Film, comunque altamente teorico e riflessivo sul fare cinema.