top of page

L'ULTIMO UOMO (1924)


"L'Ultimo Uomo" distribuito in Italia anche con il titolo di "L'Ultima Risata", uscito il 23 Dicembre 1924 è forse, insieme a "Nosferatu" il film più significativo del regista tedesco Friedrich Wilhelm Murnau (1888-1931).

Murnau, uno dei registi più grandi e importanti non solo del cinema tedesco, ma del cinema in generale, autore di grande cultura figurativa (egli compì seri studi di Storia dell'Arte) e che contribuì alla grandezza del Cinema.

"L'Ultimo Uomo" è un film altamente esemplificativo del cinema tedesco di metà anni Venti, un FILM-CROCEVIA, un FILM RICONGIUNGITORE DI STILEMI VISIVI E FORMALI.

La storia è abbastanza semplice: la degradazione di un portiere di albergo (prima rispettato e riverito) a semplice sorvegliante di gabinetti, al suo conseguente dramma personale di piccolo borghese attento alla posizione sociale, e al lieto fine (imposto dalla produzione) che suona beffardo e posticcio, e che contribuisce, nonostante tutto al fascino del film.

Murnau fu davvero una personalità cinematografica assai complessa e che, forse, non può essere fatto rientrare a pieno titolo in nessuna delle tendenze del cinema tedesco degli anni Venti, ne (puramente) nella tendenza espressionista (Robert Wiene, certo Fritz Lang), ne nel Kammerspelfilm (Lupu Pick, ad esempio), ne nel Cinema della Nuova Oggettività (Piel Jutzi, ma sopratutto Pabst).

Murnau svetta, appartato. Egli è piuttosto un centrifugatore delle tendenze principali del cinema tedesco degli anni Venti. La tendenza cinematografica con cui Murnau ha intrattenuto pochi rapporti è quella della Nuova Oggettività (la quale segna, in definitiva il cinema tedesco della fine degli anni Venti, sopratutto) mentre invece si potrebbe situare al CROCEVIA ESTETICO fra Cinema Espressionista e Kammespielfilm.

I tratti angoscianti e distorti del suo cinema fanno riferimento all'Espressionismo (e pensiamo sopratutto ad un film come "Nosferatu", del 1922) mentre invece l'uso del Primo Piano insieme all'uso di storie di "piccoli uomini", di conflitti, di piccoli e grandi drammi fa pensare sopratutto al Kammerspielfilm.

Ecco, "L'Ultimo Uomo" rappresenta proprio pienamente questa propensione di Murnau, film incatalogabile proprio perchè situato fra Cinema Espressionista e Kammerspielfilm.

Film dalla forte valenza sociale (risulta essere anche una disamina della situazione della Germania della Repubblica di Weimar e della condizione piccolo-borghese) è anche un film sull'INTERIORITA' DEL PROTAGONISTA, tant'è vero che è marcato l'uso della Soggettiva (la cinepresa mostra quello che il protagonista vede come se vedessimo con i suoi occhi).

Teniamo presente che sopratutto alla metà degli anni Venti questa era una scelta di avanguardia e "sperimentale". Molti ambienti del film sono distorti, come a voler enfatizzare la loro presenza angosciante e di incubo.

"L'Ultimo Uomo" fa incontrare due piani: il piano del Reale e il piano dell'Incubo, una realtà da incubo, un incubo con tutti i crismi della realtà; questa la sua forza dirompente.

Il film mantiene un profilo visivo altissimo, e questo aspetto lo prova sicuramente l'assenza di didascalie scritte (Murnau mirava effettivamente ad un cinema senza didascalie e senza "indicazioni" scritte), proprio per enfatizzare il carattere visivo dell'Arte Cinematografica.

Questo è un dato molto importante. Inoltre la cinepresa è mobile, in "L'Ultimo Uomo", la MOBILITA' DELLA CINEPRESA SIMBOLEGGIA TUTTA LA FORZA RITMICO-VISIVA DEL CINEMA, LA SUA FORZA DI COSTRUZIONE E DI RESA DELLA REALTA'.

Ed è proprio questo l'aspetto che più mi colpisce di questo film, l'uso marcato della cinepresa mobile, il fatto che la cinepresa sia "visibile", costantemente.

La cinepresa si muove continuamente attraverso panoramiche, carrelli, plongeè (vale a dire riprese dall'alto) creando come è stato scritto da Lotte Eisner nel suo seminale e imprenscindibile studio del cinema tedesco "Lo Schermo Demoniaco" un "turbine visivo".

Questo atteggiamento estetico di Murnau preannuncia il cinema dello sguardo, il cinema di poesia (pasolinianamente inteso), proprio nell'uso marcato della cinepresa.

Potrei dire che la cinepresa è la vera protagonista di "L'ultimo Uomo", la presenza registica è debordante, il Cinema si MOSTRA NEL SUO CREARSI.

Il fascino di "L'Ultimo Uomo" risiede anche in questo, io credo: nel mostrare LA SACRA NASCITA DEL CINEMA, IL SUO MISTERO FONDAMENTALE, LA SUA COSTRUZIONE DI REALTA', LA QUALE RIMANE SEMPRE AL DI LA', SEMPRE INSPIEGABILE.

Un mostrare il FARE CINEMATOGRAFICO E REGISTICO, un mostrare la potenza EIDETICA E CREATRICE (ANCOR PRIMA CHE CREATIVA) DELLA MACCHINA DA PRESA, VERO E PROPRIO STRUMENTO DI CREAZIONE.

Quindi "L'Ultimo Uomo" è anche un film che preannuncia i tempi (tutto il Nuovo Cinema degli anni Sessanta, ad esempio, e proprio per questo geniale).

Ma anche un film crocevia, come ho scritto sopra, un film simbolico delle tendenze di fondo del cinema tedesco muto, ma anche caposaldo assoluto della Storia del Cinema tout court.

bottom of page