IL PRINCIPE DELLA CITTA' (1981)
"Il Principe della Città", ovvero dell'idealismo venato di ambiguità Questo è forse il film più ambizioso del regista Sidney Lumet (1924-2011).
Uscito il 19 Agosto 1981, è la storia (realmente accaduta) di un investigatore della narcotici, interpretato da Treat Williams (di cui vediamo una foto sopra), e della sua lotta contro la corruzione all'interno della polizia di New York.
Film lungo, fluviale, dalla notevole forza visiva. Film PROBLEMATIZZANTE, molto più del precedente "Serpico" (1973) sempre di Lumet, opera in cui il protagonista era dotato in modo incontrovertibile e trasparente di notevole forza morale ed onestà.
Il quadro rappresentato nel film dell'81 invece è peggiorato ulteriormente. La critica sociale di Lumet si fa più radicale e disperata. Niente sembra salvarsi (almeno salvarsi interamente) in "Il Principe della Città".
Forse è proprio questo il legame che tiene unito il cinema di Lumet alla New Hollywood (che non dimentichiamolo, almeno convenzionalmente è finita l'anno prima dell'uscita di questo film, nel 1980): la critica sociale problematizzante, insieme, comunque a SCELTE FORMALI E STILISTICHE BEN DEFINITE COME LE RIPRESE IN ESTERNI, L'USO SCENOGRAFICO DELLE VIE DI NEW YORK, LO STUDIO DELL'AMBIENTE METROPOLITANO.
L'idea che mi sono fatto è che Sidney Lumet rientri a pieno titolo in quello che si potrebbe definire Cinema NewYorkese, insieme a Martin Scorsese, John Cassavetes, Abel Ferrara, e Spike Lee (anche quello di Woody Allen è a buon diritto Cinema NewYorkese, ma è un caso sui generis rispetto ai registi nominati).
Cinema "crudo", di presa diretta sulla realtà (sempre, in qualche modo trasfigurata, comunque), fotografia talora granulosa e sporca (in questo caso pensiamo sopratutto al primo Scorsese o al primo Ferrara) New York come protagonista assoluta e sopratutto ritratta come una sorta di inferno urbano, come dimensione speculare e "reale" della dimensione interiore del protagonista (in questo senso il film che per primo mi viene a mente è "Taxi Driver" di Scorsese, del 1976, film New Hollywood e film NewYorkese, le cose non sono in contraddizione).
Ecco, io credo che il cinema di Lumet (con derivazione dal teledramma degli anni Cinquanta) si muova proprio in quell'ambito, ne sia parte integrante.
E credo anche che "Il Principe della Città" sia uno dei film più emblematici dell'opera cinematografica di Lumet e della sua poetica, insieme a "Serpico", per esempio, proprio nella ribellione di una figura isolata (sola, e penso davvero che il TEMA DELLA SOLITUDINE, in filigrana sia un tema importante del cinema di Lumet, ma che costituisca non solo una tematica ma un'atmosfera la quale permea il suo cinema).
Il cinema di Lumet è sempre permeato dalla ricerca della giustizia sociale, e "Il Principe della Città" lo testimonia (proprio in virtù del suo protagonista ambiguo) perchè in questo modo la critica sociale si fa più affilata e tagliente.
"Il Principe della Città" è un film sul DETERIORAMENTO DELL'IDEALISMO; il protagonista del film è, a ben vedere un idealista solo ed isolato, ma non privo di ambiguità.
L'OPACITA', L'INERZIA DEL REALE CORRODONO LO SLANCIO IDEALISTICO, Lumet getta una luce inquietante sulla realtà, sulla società americana (e non solo americana).
Quella di Daniel Ciello (questo il nome protagonista del film) è una lotta non solo ESTRO-VERSA, quindi indirizzata verso L'ESTERNO SOCIALE, ma anche una lotta INTRO-VERSA, quindi indirizzata verso LA PROPRIA DIMENSIONE INTERIORE, IL PROPRIO SISTEMA DI VALORI, IL PROPRIO PASSATO.
Continui rimandi, dunque, fra dimensione interiore e dimensione sociale ed "esterna", come a volersi rafforzare a vicenda ma anche in contrasto reciproco.
Ed ecco quindi che il percorso del protagonista, la sua TRAIETTORIA ESISTENZIALE è all'insegna della solitudine, dell'isolamento proprio nella RICERCA SPASMODICA DEL SE', DELL'ESSERE NEL MONDO, E DI TROVARE LA PROPRIA POSIZIONE NEL MONDO.
Quindi non solo atto di accusa sociale, ma vero e proprio FILM ESISTENZIALE ED INTROSPETTIVO, FILM SULLA SOLITUDINE, SULLA DIVERSITA' MA COME CONSEGUENZA DI UN PROCESSO INTROSPETTIVO DI "DIVERSIFICAZIONE".
Proprio in questi aspetti risiede tutta la forza di "Il Principe della Città" il suo carattere problematico e problematizzante, la fertile ambiguità nella resa dei personaggi e di una realtà tutta.
E proprio in questo senso questo film risulta essere il più ambizioso di Lumet, proprio nel suo spessore esistenziale, nell'incursione che compie nell'interiorità del protagonista e nel rapporto problematico di quest'ultimo con l'ambiente che lo circonda ma anche nel rapporto problematico con se stesso (data sua certa ambiguità).
Nella forza visiva, nella grinta scattosa "Il Principe della Città" ricorda, come è stato da più parti sottolineato, il cinema di Martin Scorsese.
Quindi potrei chiudere questo mio articolo così come l'ho iniziato: "Il Principe della Città" ovvero dell'idealismo ambiguo, dell'ambiguità, della lotta con se stesso e della ricerca di sè.