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NAZARIN (1959)


La storia di Padre Nazario, detto Nazarin, il novello Nazareno che si muove, puro ed incontaminato (come un novello Cristo, appunto) nei villaggi del Messico di Porfirio Diaz. Questo film, del regista spagnolo Luis Bunuel (1900-1983) uscito l'11 Maggio 1959 risulta essere insieme a "Los Olvidados" (1950) il maggior risultato messicano del regista.

Luis Bunuel: un grande nome della Storia del Cinema, un autore che ha segnato la storia della cinematografia di ben tre nazioni; da giovane quella della nativa Spagna che lo vede affiancato dal pittore (e suo amico personale) Salvador Dalì nella realizzazione di due film surrealisti quali "Un Chien Andalou" (1929) e "L'Age d'Or" (1930), e poi nel 1933 senza più Salvador Dalì gira "Las Hurdes" film documentario su una delle regioni più povere della Spagna.

Dopo un periodo negli Stati Uniti muove in Messico dove realizza il suo primo film nel 1946 "Gran Casino". In Messico, come ho già scritto gira film indimenticabili quali "Los Olvidados" (1950), "Ensayo de un Crimen" (1955), "Nazarin" (1959), appunto, "L'Angelo Sterminatore" (1962), intanto realizza alcuni film (nonostante il suo fermo antifascismo, egli ateo surrealista anti-clericale) nella Spagna Franchista quali "Viridiana" (1961) e "Tristana" (1970).

Il periodo francese, l'ultimo, lo si situa fra il 1967 e il 1977 con film come "Bella di Giorno" (1967), "Il Fascino Discreto della Borghesia" (1972) o "Quell'Oscuro Oggetto del Desiderio" (1977), sua ultima opera.

"Nazarin" è un rovesciamento critico e provocatorio del messaggio evangelico, il protagonista del film, il prete spagnolo in terra messicana padre Nazario (interpretato dall'attore Francisco Rabal) mette in pratica in modo rigoroso i dettami evangelici ma senza sortire effetto alcuno, la società basata sullo sfruttamento capitalistico, sulla disuguaglianza e sull'ingiustizia rimane quella che è, inerte nella sua opacità.

Bunuel tende metaforicamente la mano al suo personaggio (personaggio non solo suo, comunque, il film è tratto da un romanzo dello scrittore Benito Perez Galdos), ad ogni modo, tende metaforicamente la mano al suo personaggio filmico, alla sua creatura, Nazarin merita rispetto per il suo rigore morale, la sua purezza.

Il film rappresenta un nuovo calvario di un nuovo Cristo sterile ed impotente. Non solo nuovo Cristo, ma anche, come è stato scritto da più parti un nuovo Don Chisciotte, un eroe che lotta contro i mulini a vento della violenza economica e sociale.

Lo stesso messaggio evangelico risulta inattuabile in una realtà del genere.

Il film presenta una sua forza formale e stilistica (nonostante Bunuel non sia mai stato un grande "stilista" del cinema); il direttore della fotografia è Gabriel Figueroa, nome importante del cinema messicano dell'età d'oro (gli anni Quaranta sopratutto) e fedele collaboratore di uno dei più importanti registi messicani come Emilio Fernandez.

Il bianco e nero di Figueroa in questo film è limpido, arioso (sopratutto negli esterni), NATURALE ED IMMEDIATO, e in effetti "Nazarin" è un film molto CARNALE E FISICO proprio nella sua IMMEDIATEZZA VISIVA.

La fotografia di Figueroa valorizza gli stupendi paesaggi naturali messicani, in "Nazarin", inoltre, è presente la Profondità di Campo, FIGURA CINEMATOGRAFICA che stava tornando alla ribalta proprio sul finire degli anni Cinquanta, sopratutto in Francia per opera di registi come Godard, Truffaut.

Certo era tratto distintivo del cinema di Orson Welles e del suo film di esordio "Citizen Kane" (1941) ma erano in pochi a praticarla (Jean Renoir, qualcosa John Ford oppure William Wyler), invece, ripeto, sul finire degli anni Cinquanta la Profondità di Campo diventa un topos del Nuovo Cinema di molti paesi (forse uno dei casi più eclatanti è quello dell'ungherese Miklos Jancso e della sua trilogia rivoluzionaria del 1966-1968).

La Profondità di Campo, in "Nazarin" enfatizza la DISSONANTE IMMISSIONE NEL MONDO DEL PROTAGONISTA, la disarmonia fra questa figura cristologica e donchisciottesca e il mondo degli uomini, umani, ahimè, troppo umani.

Per Bunuel la realtà può essere solo trasformata con la lotta, il messaggio evangelico risulta sostanzialmente sterile ed impotente.

FILM DI RAPPORTI, DI RELAZIONI, di inganno, di sopraffazione in cui progressivamente padre Nazario si fa testimone sempre più sconvolto.

Le immagini scarne nella loro magnificenza (pensiamo agli esterni) comunicano un senso fisico, materico, immediato della realtà e degli uomini alle prese con la sopravvivenza ben lontani dai sogni immateriali del protagonista.

Io credo, comunque che questo film non parli solo di società basate sullo sfruttamento, sull'ingiustizia e sulla disuguaglianza ma anche, nella fattispecie, del Messico di Porfirio Diaz a cavallo fra Ottocento e Novecento.

Il film, infatti, proprio nel suo incipit prende avvio da un dipinto dell'epoca, il film si fa DIPINTO ANIMATO, DESCRIZIONE DI AMBIENTE, ANCHE SOCIALE.

Intendo dire che il cinema di Bunuel è un cinema SOCIALMENTE CIRCOSTANZIATO, mai astratto o generico: il regista non rappresenta mai un astratto uomo generico, quanto piuttosto un uomo abbrutito da un certo sistema economico e sociale (ed è il caso di "Nazarin") o l'uomo borghese (ed è il caso di molti suoi film dell'ultimo periodo, quello francese).

"Nazarin" come uno dei risultati maggiori del regista spagnolo proprio in virtù della sua IMMEDIATEZZA VISIVA E CONCRETEZZA FIGURATIVA E DI RIMANDO SOCIALE.

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