CRONACA DI UN AMORE (1950)
"Cronaca di un Amore" uscito nell'Autunno 1950 è il primo lungometraggio di finzione del regista Michelangelo Antonioni (1912-2007). Prima di allora il regista ferrarese aveva realizzato documentari.
In verità in Antonioni non vi è stacco fra la fase documentaria e la fase successiva, anzi si può ben dire che i suoi film non fanno altro che sistematizzare ed inserire nella propria struttura (quella del film di finzione appunto, non documentario) tensioni ed idee tipiche già della fase documentaria.
Temi ricorrenti nel cinema di Antonioni sono l'incomunicabilità, l'alienazione, il falso e l'inautentico del mondo borghese, la maggiore attenzione rivolta alla figura femminile.
Ma un determinato tipo di NeoRealismo è denominatore comune di tutto il cinema di Antonioni. Il regista è figlio diretto del NeoRealismo, figlio diretto di quella temperie, da cui parte e muove i primi passi. Solo che Antonioni trasforma radicalmente declinazioni e prerogative di quel cinema, lo trasporta in altri spazi di atmosfera e di visione, lo analizza, lo disseziona; tant'è vero che nel suo caso (un po' come nel caso di Fellini, e per questo potrei rimandare al mio primo articolo di CineProspettive del 22 Gennaio 2016, dove tratto appunto del rapporto fra il cinema di Fellini e quel movimento, nel caso di Antonioni, dunque, non si può parlare di Neo Realismo in senso stretto).
In "Cronaca di un Amore" non conta tanto la storia (la storia di una giovane donna, interpretata da Lucia Bosè, sposata ad un facoltoso industriale milanese il quale geloso assolda un investigatore privato per indagare sul passato della moglie, venendo a conoscenza di una sua relazione con un giovane, interpretato da Massimo Girotti anni prima e della strana misteriosa morte della fidanzata di lui; i due ex amanti si reincontrano a Milano e riprendono la loro storia clandestina progettando di uccidere il marito industriale, pur senza riuscirci).
Coppia eternamente clandestina, dunque, coppia maledetta, coppia assassina. I richiami al bellissimo, importante, seminale esordio di Luchino Visconti, "Ossessione" (1943) non sono affatto casuali, film, quello di Visconti dove è presente nella parte di protagonista lo stesso Massimo Girotti.
"Cronaca di un Amore" è un film di atmosfera, un film sottile, complesso, sfuggente, misterioso, un film sul FALSO, SULL'INAUTENTICO, SULL'APPARENZA, sul vuoto del mondo borghese.
FILM ARCHITETTONICO (come del resto tutti i film di Antonioni, il quale aveva studiato Architettura) con attenzione particolare agli edifici, ma film ARCHITETTONICO E ASTRATTO nell'attenzione che presta alle forme, agli spazi, alle strutture quasi nel loro valore eccedente, ulteriore, astratto, un FILM DI PURE FORME, ma non solo, anche film CONCRETO nella sua sfuggevolezza, un'opera che disamina malessere e tensioni umane.
In tutti questi valori il film si distacca radicalmente dall'esperienza Neo Realista, pur germinando nel suo alvo, non a caso qualche critico coniò, per il cinema di Antonioni la definizione di "NeoRealismo interiore".
Il cinema di Antonioni è molto più attento all'interiorità dei personaggi, alle ROVINE INTERIORI DEI PERSONAGGI, al loro rapporto con l'ambiente, questo lo si nota bene in "Cronaca di un Amore" il quale risulta essere, in questo senso, un FILM RELAZIONALE: relazioni dei personaggi con l'ambiente, relazioni dei personaggi fra loro.
Pensiamo all'importanza che assume Milano, la sua atmosfera, la sua struttura in questo film.
Tutto questo non viene evidenziato e RESO VISIBILE tramite dialoghi, i quali, invero sono abbastanza scarni (come del resto sempre, in tutto il cinema di Antonioni) ma tramite forme e mezzi autenticamente cinematografici. Assumono, quindi importanza particolare proprio le riprese lunghe, la continuità di ripresa, il pianosequenza come mezzi di RIPRESA DEL REALE, DEL SUO RITMO, DEI SUOI EQUILIBRI NASCOSTI.
Continuità di ripresa come mezzo di scandagliamento della realtà, come studio, come analisi e resa artistica. Del resto già Andrè Bazin aveva ravvisato nel pianosequenza lo strumento cardine della resa ontologica del reale.
Essenziale, inoltre, come ho già scritto sopra il rapporto cinematografico e visivo figura-sfondo raggiunto tramite la profondità di campo la quale raffigura, anche SIMBOLICAMENTE la relazione uomo-ambiente. Rapporto visivo figura-sfondo come rapporto esistenziale, umano, filosofico uomo-ambiente reso tramite profondità di campo.
La composizione dell'inquadratura è fondamentale in questo film come in tutto il cinema di Antonioni, ma non solo, anche la stessa disposizione delle figure attoriali all'interno dell'inquadratura assume una forte rilevanza simbolica oltre che figurativa.
NeoRealismo interiore, certo, come è stato da più parti sottolineato, ma non solo: CINEMA DI REALTA', in questo film la realtà viene, da un lato INTERIORIZZATA, ma dall'altro, a mio avviso, la realtà subisce un PROCESSO DI DINAMIZZAZIONE, UN PROCESSO RELAZIONALE, come ho tentato di spiegare poc'anzi.
Una realtà, tra le altre cose che rimane, sempre, almeno in parte misteriosa e sfuggente nella sua opacità, e la quale può celare altre realtà dietro la sua apparenza fenomenica come ci ha spiegato Antonioni in un'intervista rilasciata, credo, nel 1964.
Continuità di ripresa, pianosequenza, profondità di campo, mezzi, forme, stilemi di cui Antonioni si avvale per gettare uno sguardo ULTERIORE (prprio nel senso dell'Oltre), DINAMICO E RELAZIONALE sul mistero chiamato realtà e sul mistero della relazione dell'uomo con l'ambiente e con l'Altro.